Qualche giorno fa a Lugano all’Hotel Pestalozzi sono stata ad uno degli incontri più interessanti degli ultimi tempi. Almeno per me che quotidianamente mi confronto con i temi, le novità, l’impatto che le nuove tecnologie e il mondo digitale hanno sulle nostre vite e le nostre abitudini. L’incontro dal titolo “La lunga storia dell’IBM. 107 anni di continue trasformazioni” poteva trarre in inganno lasciando pensare che si sarebbe trattato di un monologo autoreferenziale e autocelebrativo. In realtà l’intervento di Alessandro Curioni, direttore di IBM di Zurigo, il prestigioso e più antico centro di ricerca europeo, è stato, come si dice in inglese, very inspiring.
Ha esordito con un messaggio che è stato il leitmotiv del suo intervento moderato da Alessio Petralli, direttore della Fondazione Möbius e membro del Comitato direttivo di Coscienza Svizzera, un messaggio che in realtà dovrebbe rappresentare anche la chiave di volta con la quale interpretare il nostro presente e affrontare il futuro «ci si dimentica del lavoro fatto da tante compagnie nel passato per arrivare fin qui». Lo diceva sempre anche Thomas John Watson, presidente e amministratore delegato IBM nella prima metà del Novecento «To visualize the future of IBM you must know something about the past».
Senza ripercorrere qui e ora tutta l’evoluzione e le scoperte migliari della compagnia IBM che fino agli anni 80 è stata un colosso del settore IT sono quattro i messaggi che mi sono portata a casa ascoltandolo: l’importanza di fare ricerca, l’importanza di sviluppare tecnologie che possano portare un valore aggiunto alla nostra società, l’importanza di puntare sulla diversità in azienda e di creare valori etici all’interno della compagnia. Nel toccare le tappe che hanno reso grande IBM Alessandro Curioni ha sottolineato più volte quanto la ricerca sia sempre stata uno dei punti forza e uno dei centri di maggiore investimento dell’azienda. In un primo momento i centri di ricerca IBM si trovavano naturalmente negli Stati Uniti ma fu presto chiaro che per attrarre e trovare i talenti sparsi in tutto il mondo bisognava uscire dai confini e aprire dei centri di ricerca altrove. Con la fine della Seconda guerra mondiale fu mandata una persona in Europa a sondare il terreno. Il suo obiettivo era fare una scelta tra Cambridge, Amsterdam e Zurigo. E alla fine scelse Zurigo perché la Svizzera fu l’unica a non porre condizioni particolari se non il rispetto per le persone, le leggi e il modo di lavorare del proprio Paese. E perché qui trovò qualità di vita e contesto proficui per un centro di ricerca. «Condizioni ideali che sono in essere ancora oggi» sottolinea Alessandro Curioni ricordando che quattro persone hanno vinto il premio Nobel. Poi ha ricordato che IBM da sempre promuove la diversitá culturale in azienda e che nel 1943 Ruth Leach Amonette è stata la prima donna con un incarico da executive e vicepresidente a soli 27 anni. E in ultimo l’importanza di costruire un rapporto di fiducia e responsabilità con le persone in azienda e con i clienti, IBM si è sempre dedicata al successo del cliente.
IBM ha fatto storia nel campo dell’IT, è famosa per i suoi mainframe, per i supercalcolatori che hanno permesso di tracciare le traiettorie delle prime imprese spaziali, chi non ricorda i floppy disk che hanno permesso lo sviluppo della portabilità del software, anche il codice a barre è un’idea IBM da sempre foriera nel campo della ricerca e dell’innovazione. Un’azienda che dopo la crisi che la colpì negli anni 80 ha saputo riprendersi diversificando e dunque non puntando più soltanto sull’hardware ma anche su software, servizi e sicurezza. Uno dei motti in tempi di crisi era quello di Thomas Watson Junior “Think”, medita prima di agire e mettere in atto qualsiasi strategia, «pensare è importante e noi non pensiamo abbastanza».
Alessandro Curioni alla fine ci ha lasciato con una visione, quella dell’intelligenza artificiale e delle macchine che sono in grado di interagire con l’essere umano. Ricordate la partita a scacchi di Garry Kasparov contro IBM Deep Blue nel 1996? Fu la prima partita vinta da un computer. In sala ha fatto vedere invece come un computer interagisce dialetticamente con dei professionisti su una questione ben precisa: il pubblico deve pagare per le missioni spaziali?. La macchina si è difesa egregiamente.
Intelligenza artificiale, data, cloud, sono dunque nel futuro di IBM e anche nel nostro «pensiamo che usando le nuove tecnologie saremo in grado di affrontare tutte le sfide del prossimo futuro, saremo in grado di comprendere e risolvere problemi cruciali come quello della sovrappopolazione, della sovrapproduzione e dello spreco e grazie alla raccolta e rielaborazione dati di decidere e reagire in tempo reale».
No worries dunque, tenete a mente il passato perché il futuro sta arrivando e non solo per IBM.
Natascha Fioretti