Anniversari

200 anni di Dostoevskij

L’11 novembre 1821 nasceva a Mosca Fëdor Dostoevskij, uno dei più importanti scrittori russi della storia e autore di romanzi considerati classici della letteratura di ogni tempo come Delitto e castigo, L’idiota e I fratelli Karamazov o di brevi e indimenticabili racconti come Le notti bianche.

A 200 anni esatti dalla nascita del filosofo e scrittore russo la Rai propone un racconto originale e inedito per riscoprirlo: Dostoevskij sottopelle, il documentario di Francesco D’Arma e Monica Ghezzi, prodotto da Rai Cultura, andrà in onda in prima visione questa sera, giovedì 11 novembre alle 21.15 su Rai5. La narrazione si dipana attorno a tre tematiche principali che strutturano gli atti e i passaggi cruciali di un racconto televisivo teso, cadenzato, attento ai risvolti umani e sociali della letteratura dostoevskijana. Oltre al grande scrittore, alle sue storie e ai suoi personaggi, protagonisti del documentario sono i grandi interpreti delle riduzioni televisive delle opere di Dostoevskij realizzate dalla Rai dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, e le parole degli intervistati, personaggi della cultura e dello spettacolo che hanno incontrato Dostoevskij nel loro percorso culturale e professionale. Tra questi lo scrittore e magistrato Giancarlo De Cataldo; la studiosa di slavistica Giulia Gigante, traduttrice e autrice del saggio Dostoevskij e l’eroe solitario; Paolo Nori, scrittore finalista al Premio Campiello 2021 col romanzo Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij; Antonio Semerari, psichiatra, autore del volume Il delirio di Ivan. Psicopatologia dei fratelli Karamazov; l’attrice Camilla Diana, interprete a teatro delle Notti bianche di Dostoevskij.

In occasione del bicentenario dalla nascita di Dostoevskij, inoltre, l’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze ha deciso di realizzare quello che era un sogno del letterato russo, donando un’immagine della Porta del Paradiso al Dostoevskij Memorial Museum. Dostoevskij visitò Firenze due volte – nel 1862, per pochi giorni, e nell’inverno del 1868-69, quando si fermò per alcuni mesi e portò a termine L’idiota – e in entrambe le occasioni volle vedere la Porta del Paradiso del Battistero di Firenze e chiese, in anni in cui la fotografia era ancora agli inizi, se fosse stato possibile farne una copia fotografica a grandezza naturale da esporre nel proprio studio. Per le celebrazioni per i 200 anni dalla nascita di Dostoevskij, l’Opera di Santa Maria del Fiore ha risposto con entusiasmo alla richiesta del Dostoevskij Memorial Museum di San Pietroburgo, donando un’immagine della Porta del Paradiso del Battistero di Firenze che sarà riprodotta a grandezza naturale ed esposta nello studio ricostruito nell’ambito di un’importante mostra che il Museo dedicherà al grande scrittore e filosofo. «Nulla lo attraeva di più in tutta Firenze della Porta del Paradiso», – spiega Sergio Givone, filosofo e vice presidente dell’Opera di Santa Maria del Fiore.  «A chi gli chiedeva il perché di questa sua predilezione, rispondeva: “perché quelle sono le vere porte del Paradiso”. Sapeva Dostoevskij che Michelangelo aveva detto più o meno la stessa cosa?  Secondo Vasari era stato Michelangelo il primo a dare una definizione tanto impegnativa del capolavoro di Ghiberti. Il giudizio di Michelangelo riguardava anzitutto la qualità estetica dell’opera. Dostoevskij invece suggeriva ben altro e cioè che attraverso le porte del Battistero fosse possibile penetrare il mistero più grande, il mistero della vita eterna dopo la morte».

Tra le novità editoriali si segnala infine che in occasione dei 200 anni della nascita del maestro russo Castelvecchi ripubblica Il villaggio di Stefančikovo e i suoi abitanti, che racconta un Dostoevskij segnato da una condanna a morte, da una finta fucilazione, dai lavori forzati che gli impediscono di scrivere e di leggere per un decennio null’altro che il Vangelo.

«Quest’opera – scrive la traduttrice Miriam Capaldo nella sua nota al volume – a cui lavorò tra il 1857 e il 1858, viene tradizionalmente considerata a torto un romanzo “minore” rispetto alla grande produzione del periodo seguente, essendo caratterizzata da una vena umoristico-satirica che si è ritenuta essere in contrasto con la visione antropologica e artistica del Dostoevskij maggiore».

È un testo inizialmente concepito come una commedia, che di questo genere mantiene ancora le tracce nell’impostazione delle scene e dei dialoghi. Ma, come scrive Erri De Luca nell’introduzione, «è una pianta di teatro anche se Dostoevskij lo ha voluto narrare con le magnifiche digressioni e discrezioni permesse alla narrativa ed escluse alla scrittura teatrale. La forma è di romanzo ma con funzione di splendide note di regia, mentre la storia è affidata ai dialoghi dei protagonisti».

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