Mentre oltre 400 milioni di cittadini dell’Unione europea hanno in questi giorni la possibilità di eleggere i propri rappresentanti al Parlamento europeo, in Svizzera sono avvenuti due fatti che hanno messo in evidenza altrettante false illusioni legate ai rapporti fra la Confederazione e l’UE.
Il primo fatto è l’accettazione in votazione popolare, con una chiara maggioranza del 63.7% dei votanti e di 25 Cantoni (unico contrario il Ticino), del decreto di trasposizione, nel diritto svizzero, di una modifica della direttiva UE 2017/853 sulle armi (Sviluppo dell’acquis di Schengen). Questo risultato è significativo, perché dimostra come persino in un ambito, quello del rapporto con le armi personali, che tocca la sensibilità di molti cittadini, soprattutto nella Svizzera tedesca, sia necessario fare importanti concessioni all’UE. Una mancata accettazione della modifica legislativa avrebbe infatti implicato l’esclusione della Svizzera dal trattato di Schengen/Dublino, con pesanti conseguenze per l’azione delle forze di polizia elvetiche. Consiglio federale e Parlamento sono riusciti a far passare la parziale revisione della legge sulle armi come un atto legislativo autonomo. In realtà, senza la modifica della direttiva UE non ci sarebbe stata alcuna pressione politica, né tantomeno una maggioranza parlamentare, per una tale revisione in tempi così stretti. È solo l’ultimo capitolo di una lunga storia di adattamenti “automatici” della legislazione svizzera a quella comunitaria. Adattamenti che, purtroppo, mantengono viva l’illusione della sovranità legislativa.
Il secondo fatto concerne il pacchetto di misure fiancheggiatrici per contrastare gli effetti negativi della libera circolazione delle persone che il Consiglio federale – soprattutto grazie all’intervento della neo Consigliera Karin Keller-Sutter – è riuscito a negoziare con i sindacati e che è stato presentato la scorsa settimana. Per salvare l’accordo istituzionale con Bruxelles, il Consiglio federale è disposto ad investire fino a 300 milioni di franchi all’anno nella protezione dei lavoratori più anziani. Per quanto lodevole, questa decisione mette in evidenza un’altra falsa illusione: quella che la via bilaterale comporti costi economici, sociali e politici sostenibili per la Svizzera sul lungo periodo. Al più tardi con l’adozione del principio delle decisioni a maggioranza a livello comunitario gli spazi di manovra negoziale per la Confederazione si restringeranno in modo significativo, tanto da rendere l’opzione dell’adesione all’UE realistica.
Esiste infine una terza – e più pericolosa – illusione: quella che alla Svizzera convenga sempre e comunque “stare a guardare quello che fa l’Unione europea”. Mancanza di visioni a lungo termine e malcontento generale caratterizzano l’UE del 2019. Tuttavia, proprio queste difficoltà risvegliano in molti cittadini europei una sensibilità politica sopita. Da cittadino svizzero che vive da anni in Germania osservo come movimenti come Pulse of Europe o le ben frequentate dimostrazioni di piazza a favore dell’Europa dello scorso fine settimana in molte città tedesche siano il risultato concreto di un nuovo impegno civile, che nello spirito si rifà al principio kennediano del non chiederti cosa l’Europa può fare per te, bensì cosa tu puoi fare per l’Europa.
Un giorno toccherà anche ai cittadini svizzeri porsi seriamente questa domanda.
Cleto Pescia
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