La politica rimane fuori dalla porta, le polemiche anche: si parla solo di musica. Perché la sfida è di quelle che non ammettono distrazioni. E perché Francesco De Gregori, che l’11 giugno ha debuttato alle Terme di Caracalla a Roma con il De Gregori & Orchestra – Greatest Hits Live, di essere tirato per la giacchetta non ha nessuna voglia. Inutile pungolarlo sull’assenza in scaletta di una delle bandiere della sua produzione, quella W L’Italia, considerata il suo atto di amore e speranza nei confronti del Bel Paese.
“E’ un brano molto assertivo, pugnace, con il dito puntato: non me la sento di farla in questo momento”, taglia corto e a chi gli fa notare di tirarsi indietro lui ribatte: “non voglio esporre banalmente delle cose”. E allora, a quasi tre mesi dall’esperienza al Teatro Garbatella, tutta l’attenzione torna alla musica, alle canzoni: ventidue quelle in scaletta (che rimarrà pressoché fissa per tutto il tour), “le più adatte a compenetrarsi con l’orchestra” (sacrificati dunque i pezzi più ritmici), con l’apertura tutta strumentale affidata a Oh Venezia. Torna anche Pablo, “che trova la giusta dimensione con l’orchestra, ma non è un pezzo ideologico e io non sono diventato un rivoluzionario, era ispirato ai Malavoglia e agli ultimi nel mondo”.
Una nuova veste cucita addosso ai brani più di successo della sua lunga carriera. “Le canzoni sono qualcosa di vivo, non si può pensare che rimangano inalterate nel tempo. La musica è liquida, cambia. Sta all’onestà dell’interprete riconoscere i cambiamenti avvenuti e non imporre al pubblico il restauro di un tabernacolo: io non ci sono più, non ci sono più quegli impianti, quei musicisti. Panta rei”, spiega De Gregori “tranquillo” e “soddisfatto” poco prima di salire sul palco, accompagnato da Gaga Symphony Orchestra, Gnu Quartet e dalla sua storica band. “Non ho mai fatto una cosa del genere, ma a un certo punto un artista deve farsi tentare dal suono orchestrale – aggiunge il Principe -. E’ inevitabile: l’orchestra cambia tutto, produce timbriche e dinamiche già nascoste nelle canzoni, aumentandone le potenzialità e facendomi scoprire sorprese. Il mutamento è un privilegio delle canzoni rispetto ad altre forme espressive, come un quadro o un film. Chi scrive se lo può permettere e io me lo permetto”, afferma senza timore di essere smentito. Rifiuta però di essere considerato “storia”. “Mi sento un uomo di spettacolo, ho scritto canzoni che sono piaciute, alcune rimarranno più di altre, ma non voglio monumentalizzarle”. Chi vorrà sentire De Gregori con l’Orchestra dovrà inevitabilmente farlo in una delle tappe del tour, molte aperte da Tricarico. “Mi piacerebbe fare un disco dal vivo, ma non lo farò mai, perché sono stufo di fare dischi che non vendono e canzoni che non passano alla radio”, dice seccamente: “al massimo sarà per uso personale”.
Queste le prossime date del tour: 14 giugno Taormina (Messina), 28 giugno Lugano, 30 giugno Lucca, 5 luglio Rimini, 8 luglio Genova, 9 luglio Torino, 10 luglio Marostica (Vicenza), 16 luglio Firenze, 21 luglio Fasano (Brindisi), 23 luglio Soverato (Catanzaro), 25 luglio Palermo, 20 settembre Arena di Verona, poi dal 23 settembre tre date al Teatro degli Arcimboldi a Milano.