Quando si parte ci sono un sacco di cose a cui si deve pensare, soprattutto se si parte per un viaggio così complicato, lungo e lontano. Il visto richiesto per tempo, il passaporto già messo in una tasca della valigia (quante storielle tragicomiche sulle dimenticanze basilari…!). I soldi… Valuta di ogni tipo, franchi, euro, rubli, dollari, yen… Dove conviene cambiare? Molti se lo chiedono. I rubli è meglio cambiarli sul posto e se si possiede denaro in euro è più vantaggioso usare questo per la permuta, si ottengono più rubli… Insomma, l’itinerario può essere anche esistenziale, spirituale, ma non si sfugge da queste banalità fondamentali dell’universo pratico.
Ma adesso, come ultimo atto della preparazione, sono alle prese effettivamente con il bagaglio. Dico bagaglio perché mi ostino a viaggiare senza stivare nulla, solo bagaglio a mano (ne ho già parlato proprio in uno dei primi testi di questa rubrica). Il problema è che a Mosca in maggio avevo visto 30 gradi e domani quando atterrerò mi aspettano pioggia e non più di 20 gradi e quindi è un bel problema. Dovrò portare anche qualcosa di più pesante. Ma ormai sono una esperta nel trovare soluzioni di questo tipo e se proprio mi mancherà qualcosa la comprerò sul posto. Domenica salgo sul treno e ci starò sei giorni, quindi non è che mi devo preoccupare troppo dei vestiti. Comodi e sportivi. Non prevedo abiti di gala come sull’Orient Express. Anche se starò via fino alla fine di luglio, non mi cambierò tutti i giorni e si può anche lavare no?
Ombrellino tascabile reclamizzato per la sua leggerezza… Quindi poche cose, essenziali e per gli oggetti da bagno… Tutto mini, il meno possibile… mettere, togliere, mettere… E passare alla bilancia… Volerò con Aeroflot e ne ho già sentite di tutti i colori su questa compagnia, con pareri assolutamente discordanti, a conferma che ogni esperienza vale per sé. Oltre tutto pare che di questi tempi ci sia un caos di bagagli all’aeroporto di Sheremet’evo, dove arriverò, ragione di più per avere il controllo della valigia. 10 chili massimo. E indossare strati, alla partenza. Non sarò elegante ma c’è persino chi ha usato questo metodo, di infilare una cosa sopra l’altra, per non portare bagaglio, per nulla.
E poi i libri: guide, opuscoli, documentazione per non perdere tempo a procurarseli dopo. Ma sempre con parsimonia, questi sì che pesano… se eccedono, rinunciare… Naturalmente un romanzo almeno, ne ho scelto uno non troppo voluminoso, 118 pagine, che si svolge su un treno (seppure metafisico, come simbolo di vita e di morte e anche come specchio sociale della Russia post-sovietica). Si tratta de La freccia gialla di Viktor Pelevin, spero di non avere problemi a importarlo in Russia, lui ha dovuto andarsene per le intimidazioni e minacce di gruppi giovanili legati a Putin… Se non avrete più mie notizie… Un racconto corrosivo e surreale che ha ascendenti kafkiani, una parabola del mondo e del vuoto che è al centro dell’universo creativo di questo autore. Ve lo consiglio. E io lo rileggerò per la prima volta in treno… Moltiplicandone penso l’effetto. Intanto eccone una perla: “La questione sta nel fatto che iniziamo continuamente un viaggio che è terminato un attimo prima della nostra partenza”. Un paradosso che va benissimo per me. Io narro e quindi rifaccio il viaggio, quando parte di esso (quello che racconto appunto), è appena terminato…
Torno al bagaglio…
2. Continua…