26 luglio – Il mio viaggio sta per finire. L’ultima tappa è Osaka, partirò domani dall’aeroporto Kansai, progettato da Renzo Piano.
Intanto questa mattina ho preso un trenino regionale per spostarmi da Kyoto, arrivando nella stazione ferroviaria della metropoli vicina, la più antica della regione, completamente rinnovata. Sulla guida avevo letto che anche per un giapponese sarebbe difficile orientarvisi, ma invece con un po’ di applicazione si riesce a muoversi senza troppi problemi. Le indicazioni sono chiare. Dopo la sistemazione in albergo, visito l’attrazione culturale di maggior rilievo (forse l’unica qui) che è anche il luogo più affollato che abbia visto in questo itinerario tra Russia e Giappone, quindi molto popolare: il castello, dominante dalla sua posizione strategica, protagonista di una storia turbolenta. Lo si raggiunge attraverso un parco e una salita (le mete, in questa stagione, bisogna letteralmente sudarsele ma le piogge forse sono finite), la sua sagoma costituita da un sovrapporsi di tetti a pagoda, è inequivocabile. Otto piani, dall’ultimo si gode la vista su Osaka, città freneticamente proiettata verso il commercio e l’industria del divertimento, grattacieli, negozi delle rinomate marche internazionali… Una tappa di transito per il turista…
Anche l’interno del castello è stato completamente ricostruito in chiave moderna e multimediale, con schermi e animazioni che interessano in particolare i bambini. Grafici, cronologie, pannelli ne raccontano la storia. Solo nelle vetrine dei primi piani sono esposti oggetti e documenti d’epoca. Il resto è ricostruzione, come parte della città, un terzo del centro è stato distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Passo poi la giornata perdendomi nella frenesia dei quartieri sud, dove si trovano anche vicoletti ricchi di proposte gastronomiche a buon mercato. Una particolarità dei ristoranti: non si fa in tempo a sedersi che si viene serviti con bicchieri di acqua o tè ghiacciati. Invece paradossalmente, soprattutto nei locali economici, chiedere del tè caldo sembra una stravaganza… Non ce l’hanno… Per questo ci sono le case del tè, ma anche queste non sono poi così diffuse come pensavo. Comunque tra i piatti più consumati ci sono queste zuppe con vermicelli, carne, verdure, porzioni giganti per gente dall’appetito robusto.
Un altro argomento su cui volevo attirare la vostra attenzione sono le monete giapponesi ci sono i 50 yen e i 5 yen con un foro al centro. Intanto non si può dire “non valere un soldo bucato” e poi quelle da 5 sono particolarmente ricercate, le si tengono care perché si pensa portino fortuna (parola che in giapponese vale per la moneta da 5 e per fortuna, appunto, go-en) e poi lanciata nella scatola delle offerte fa più rumore delle altre, attirando l’attenzione degli dei… Facile riempirsi il borsello di monetine, ci sono anche quelle da uno yen, potrò sbizzarrirmi…
Beh, qui è sera e sono in un albergo zen, tranquillità e silenzio per prepararsi alla partenza e pensare al Giappone tante volte sognato e immaginato… E poi quello che ho trovato, spesso occidentalizzato. Ma mi è piaciuto notare che non si è persa l’usanza dell’inchino, lo si scambia come abituale saluto anche tra amici e conoscenti. Un gesto gentile, d’altri tempi, all’ombra dei grattacieli…
Domani sarò in volo, un lungo viaggio con scalo a Hong Kong e atterraggio alla Malpensa da dove sono partita il 6 luglio. Tre settimane eppure, per la percezione temporale del viaggiatore, sembrano passati mesi, è il tempo della “novità” che rende più lungo e intenso il trascorrere dei giorni, la routine porta invece allo scorrere veloce della ripetizione. E su questa amena riflessione vi lascio. A presto.
Giappone 7. Fine.