Si celebra domani, domenica 18 agosto, l’evento “La città di Fellini” al parco Marecchia a Rimini, con la proiezione di Amarcord nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna. È proprio in questa occasione che avverrà la presentazione del progetto “Fellini e il sacro” in programma per marzo 2020: un convegno dedicato al centenario della nascita del regista Federico Fellini e che si svolgerà tra Rimini e Roma.
Chi non ricorda la suora nana di Amarcord? E la sfilata di moda di abiti per vescovi e cardinali in Roma? Nei film di Federico Fellini la religione è molto presente e viene raccontata con tratti ironici, spregiudicati, stravaganti. Alla maniera di Fellini, insomma.
Il progetto “Ho bisogno di credere. Fellini e il sacro” prevede un convegno, una mostra, una pubblicazione, un docufilm. Il titolo prende spunto da una conversazione del regista con l’amico scrittore Sergio Zavoli.
«Ho bisogno di credere – disse Fellini –. È un bisogno né vivo né maturo, per la verità. È un bisogno infantile di sentirmi protetto, di essere giudicato benevolmente, capito, e possibilmente perdonato».
Chi era Federico Fellini?
Un celebre regista cinematografico italiano, nato a Rimini nel 1920 e morto a Roma nel 1993. Sicuramente da considerarsi uno dei “grandi” della storia del cinema non solo per l’Italia ma per il mondo intero. È stato capace di rappresentare tematiche diverse con freschezza e novità attraverso la cinepresa… un ingegno che pochi hanno e ancora meno lo sanno fare. Si è distinto per il suo sovrapporre immagini oniriche a situazioni ordinarie, aprendo così le porte ad un inedito modo di “fare cinema”.
La sua carriera però inizia come giornalista e fumettista, poi sceneggiatore e regista. È il 1944 quando Fellini conosce il collega Roberto Rossellini e diventa, insieme a lui, parte integrante della squadra di scrittori per il film Roma città aperta (1945), riconosciuta come un’opera pionieristica del Neorealismo. Questa sceneggiatura gli conferirà la sua prima nomination agli Oscar.
Fellini diventa rapidamente uno degli sceneggiatori di maggior successo in Italia ma il suo debutto alla regia arriva con Luci del varietà (1950), co-diretto con Alberto Lattuada. Per tutto il corso della sua carriera Fellini non ha mai smesso di portare avanti uno stile personale che sfiorava spesso un alienante purismo neorealista, il suo punto di forza? La incessante capacità di rinnovarsi senza restare prigioniero del suo stesso ingegno creativo. Un ambiente ripreso ripetutamente in diversi suoi film è il lato sfarzoso del mondo dello spettacolo, Fellini ne era affascinato ed è sempre riuscito a portarlo sullo schermo con immagini originali e sfumature neorealistiche.
Sono tantissimi i capolavori di Fellini, tra questi La dolce vita (1960), vincitore della Palma d’oro al 13esimo Festival di Cannes e dell’Oscar per i costumi. Questa pellicola segna la prima di una serie di collaborazioni con l’attore di Marcello Mastroianni; e racconta una Roma dominata da star del cinema straniero, giornalisti corrotti e aristocratici decadenti. Se da un lato venne condannato in alcuni ambienti della Chiesa cattolica, dall’altro fu ampiamente apprezzato dal pubblico e contribuì a introdurre la parola “paparazzo” nel vocabolario inglese e l’aggettivo “Felliniesque” al lessico della critica cinematografica.
Durante la sua carriera il regista è stato premiato con cinque premi Oscar: nel 1957 per La strada (1954), nel 1958 per Le notti di Cabiria (1957), nel 1964 per 8 ¹/² (1963), nel 1976 per Amarcord (1973) e nel 1993 con un Oscar alla carriera.
L’obiettivo del progetto “Ho bisogno di credere. Fellini e il sacro” è quello di analizzare la dimensione religiosa dell’opera di Fellini così come al suo vissuto religioso durante il corso della sua vita. A promuovere questa iniziativa sono l’Università Pontificia Salesiana (Fsc Facoltà di scienze e comunicazione sociale), Istituto di scienze religiose “Alberto Marvelli” e il Centro Culturale Paolo VI di Rimini.