Hazal Koyuncuer, portavoce della comunità curda milanese, i giornalisti del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore Lorenzo Cremonesi e Ugo Tramballi, nonché Adriano Sofri, hanno partecipato a Milano come relatori alla serata sulla Siria e il dramma del popolo curdo. Una vicenda drammatica che USA, Russia, Turchia, Iraq e Siria cercano di celare perché il Turkistan, il vasto altipiano del Medio Oriente, non è riconosciuto a livello internazionale, trovandosi appunto a cavallo tra Turchia, Iraq, Iran e Siria. I curdi sono un popolo che, a fasi alterne, è stato adottato e poi lasciato dalle potenze della regione, cosa che si ripete anche oggi mentre la Turchia, che ha il secondo esercito più agguerrito della Nato, ha invaso una striscia di 125 chilometri in Siria, evidenziando ancora una volta l’incapacità pratica dell’Europa di prender posizione. I curdi hanno sempre proposto in Siria una confederazione autonoma che il regime di Bashar non ha mai voluto riconoscere. Inoltre, la popolazione si caratterizza per l’opposizione del patriarcato, con le donne che hanno uguale dignità e una connotazione politica ecologista. «Gli invasori turchi, a loro volta», commenta Lorenzo Cremonesi, «si servono di siriani loro seguaci e di vittime della repressione di Bashar, spesso legate all’estremismo islamico e già usate varie volte dalla Turchia in modo efficiente. I turchi fanno il lavoro sporco coi bombardamenti, mentre a queste milizie è lasciata la guerriglia casa per casa e cresce l’allarme per i molti prigionieri pericolosi dell’Isis che si integrano in questa accozzaglia». Trovatisi con l’acqua alla gola dopo l’abbandono americano, i curdi sono stati forzati a cercare l’appoggio di Bashar, mentre Trump lasciava carta bianca alla Turchia che vuole rifare l’impero ottomano. «Sono circa 40 mila gli jihaidisti pronti ad entrare in azione», afferma Hazal Koyuncuer. «Confederazione democratica, parità di genere ed ecologia sono i pilastri della nostra gente che non possiede oggi nemmeno la carte d’identità perché non siamo riconosciuti come cittadini. L’Europa deve prendere posizione», ha invocato, senza prestare attenzione al ricatto della Turchia che minaccia di rimandare i migranti dall’Africa e Medio Oriente per ospitare i quali ha già ricevuto 8 miliardi di euro che non si sa dove siano andati a finire. Secondo Tramballi, «l’Europa è quello che vogliamo che sia. Vogliamo che sia questo nano perché non vorremo mai che un francese guidasse l’esercito italiano né i francesi che fosse un italiano a farlo a Parigi. Erdogan è più pericoloso perché nello scacchiere medio orientale le grandi potenze non contano più come un tempo. Contano i rais locali che sono peggiori, più arroganti e brutali. L’America, ora che ha il petrolio dagli scisti bituminosi, ha petrolio e gas in abbondanza e lascia fare». Certo i russi parlano con tutti, ma anche loro finiranno con l’impantanarsi nelle sabbie mediorientali. Sofri ha citato Tacito: «hanno fatto un deserto e la chiamano pace». Abbiamo sempre ignorato i siriani, noi che ci permettiamo di comperare le truppe mercenarie per la lotta contro l’Isis, colpevole di bruciare le persone con la benzina e di mandare i bambini a sparare e uccidere gli ostaggi rimanendo inebetiti e imbambolati di fronte ai filmati dei terroristi. E ora magari ci gloriamo dell’uccisione di Al Baghdadi definito un codardo da Trump e morto come un cane perché qualcuno gli ha suggerito che per gli arabi il cane è un animale impuro.
Corrado Bianchi Porro