Ultimo appuntamento con le letture manzoniane Quel ramo del lago di Como… promosse dall’ISI (Istituto di studi italiani) mercoledì 11 dicembre all’Auditorium dell’USI (Università della Svizzera italiana). Il giurista e accademico italiano Gustavo Zagrebelsky terrà una conferenza dal titolo Manzoni e la giustizia.
L’Istituto di studi italiani dell’Università della Svizzera italiana, dopo aver organizzato per cinque anni dei cicli di Lecturae Dantis dedicate alla Commedia, ha dedicato a I promessi sposi, l’altro classico della letteratura italiana ritenuto da sempre fondamentale per la formazione superiore, un altro ciclo triennale, che si chiude quest’anno. Pochi testi come I promessi sposi attribuiscono alla scrittura letteraria una responsabilità tanto alta: costituirsi come universale strumento di conoscenza, in grado sia di sondare i più profondi misteri del cuore umano, sia di contemplare con lucido rigore le ingiustizie della società.
Il tema della Giustizia è parso di così profonda centralità, non solo nel grande libro manzoniano, ma nell’attuale contingenza politico-culturale, da proporsi come punto di riflessione conclusiva. A suggellare gli incontri delle Letture manzoniane è stato dunque invitato uno dei più autorevoli giuristi, Presidente emerito della Corte Costituzionale della Repubblica italiana, Gustavo Zagrebelsky, a cui si è proposto di parlare di Manzoni e la giustizia. Gustavo Zagrebelsky ripercorrerà il romanzo di Alessandro Manzoni seguendo le tracce della giustizia e dell’ingiustizia umane nell’affresco impietoso di una società italiana corrotta e priva del senso di comunità, tipica del Seicento ma dolorosamente riconoscibile anche nella situazione odierna, in cui si cela un potente messaggio implicito di educazione impolitica. In questa Lettura emergerà come la vittoria debba essere conquistata da una giustizia umana, la quale, tuttavia, viene continuamente repressa e derisa nei suoi tentativi di rivolta. In questa prospettiva verranno alla luce anche le ragioni per cui I promessi sposi sono diventati, in ampi settori della critica e del pubblico, l’emblema del romanzo moderato e clericale dell’Italia fra Otto e Novecento.