Indagare la tragedia di Shakespeare con il filtro della psicanalisi. È questo l’obiettivo di Macbeth, le cose nascoste, lo spettacolo ideato e diretto da Carmelo Rifici, che debutterà in prima assoluta al LAC giovedì 9 gennaio 2020, con replica venerdì 10 alla stessa ora. Un lavoro importante e delicato, frutto di una minuziosa ricerca drammaturgica e scenica, realizzato in collaborazione con Angela Demattè, fedele compagna di lavoro e scrittura di Rifici, e Simona Gonella, qui in veste di dramaturg.
Durante la conferenza stampa di presentazione svoltasi questa mattina al LAC, nell’ambito dell’indagine sulla riscrittura dei classici effettuata da Rifici, è stato giustamente ricordato un suo passato progetto – Ifigenia, liberata – che continua a riscuotere un grande successo. Tuttavia, appunta Carmelo Rifici, se la filosofia è stata lo strumento che ha accompagnato il lavoro di analisi e lettura di Ifigena, la psicanalisi è quello che ha guidato la genesi e il farsi del Macbeth. Il direttore artistico del LAC ha infatti precisato che lo spettacolo si è sviluppato anche attraverso a delle vere e proprie sedute di analisi, guidate dallo psicanalista junghiano Giuseppe Lombardi e la psicoterapeuta Luciana Vigato. Su questo aspetto si è soffermata Angela Demattè, facendo notare che lo spettacolo è una sintesi, la punta dell’iceberg di un lungo processo: ciascun attore è stato invitato a riflettere sui temi suggeriti dalla tragedia shakespeariana in relazione al loro vissuto. Il materiale offerto dagli attori e raccolto dai video, girati nello studio del Dott. Lombardi, è diventato materia viva della scrittura drammaturgica, e parte dello stesso spettacolo. Questi video – rivisti, montati e ricreati dalla sensibilità della video artista finlandese Piritta Martikainen – verranno proiettati col fine di offrire al pubblico la possibilità di esplorare il legame tra natura e subconscio, e uno strumento emotivo ed intellettuale per una originale lettura della tragedia shakespeariana. Il diario di lavoro, curato dalla stessa Demattè, sarà inoltre pubblicato per le Edizioni Casagrande.
La dramaturg Simona Gonella è poi intervenuta sottolineando una cifra stilistica che condivide con Rifici, ossia l’assunto che il teatro non debba offrire comode soluzioni, ma generare domande. In quanto dramaturg, si definisce un “aumentatore di complessità”, mirando a costruire processi e ambienti entro cui gli artisti possano muoversi liberamente, facendo emergere relazioni sottese. L’obiettivo, sottolinea, non è confezionare uno spettacolo più “complicato”, quanto quello di mettere in tensione un testo classico con la contemporaneità, indagando gli archetipi dell’inconscio di tutti noi. In questo caso si è sentita la necessità di mettere in relazione il pubblico con le proprie pulsioni, paure e desideri nascosti, che sono alla base del Macbeth. Per creare uno spettacolo che si proponga di sfuggire alla superficialità, commenta Gonella, c’è bisogno di tempo (il progetto è nato nel 2017) e di fondi, aggiunge Luigi Maria di Corato. Il Direttore della Divisione attività culturali, ha così sottolineato l’importante contributo economico della Clinica Luganese Moncucco, sponsor di produzione e coproduzione, annunciando anche che dal primo gennaio LuganoInScena sarà a tutti gli effetti parte del LAC. Aspetto, questo, su cui ha posto l’accento l’On. Roberto Badaracco – Capo Dicastero Cultura, Sport ed Eventi – facendo notare che il LAC produrrà in proprio le sue produzioni teatrali, dando una visibilità importante a Lugano e allo stesso centro culturale, che negli anni ha intessuto una rilevante rete di contatti con i teatri più importanti. Macbeth, le cose nascoste è infatti prodotto dal LAC, e coprodotto da Teatro Metastasio di Prato, TPE – Teatro Piemonte Europa, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, in collaborazione con Centro Teatrale Santacristina.
Zeno Gabaglio ha infine spiegato il progetto musicale dello spettacolo, teso, anche in questo caso, a mettere in rapporto il passato con il presente, il Rinascimento e il cyberpunk sintetico, l’arte bardica e le voci manipolate elettroniche. Il compositore – già autore delle musiche di Gabbiano, Purgatorio e Ifigenia, liberata – concorre a svelare e rivelare sonorità senza tempo, confrontandosi su tre livelli: la messa in scena, il testo teatrale e la stessa realizzazione. Sul simbolismo del numero 3, ha concluso il regista Carmelo Rifici, si è sviluppato l’intero spettacolo, numero perfetto che racchiude l’equilibro, ma anche il caos, motore della tragedia di Shakespeare. Al centro dell’opera c’è il tema dell’invidia che, da una parte, rende l’uomo un animale pericoloso e aggressivo, ma, dall’altra, è anche uno stimolo per imitare e realizzare ciò che si stima positivo. Lo stesso Macbeth si fa letteralmente in tre grazie a Tindaro Granata, Christian La Rosa e Angelo Di Genio, tutti Premi Ubu, le cui mogli sono incarnate da Elena Rivoltini, Leda Kreider e Maria Pilar Pérez Aspa, mentre il giovane Alessandro Bandini, recente vincitore del Premio Scenario, impersona gli sfortunati figli della tragedia scozzese. Anche lo spazio scenico, disegnato da Paolo Di Benedetto ed illuminato da Gianni Staropoli, riprende questo numero simbolico. Il palco accoglie un grande schermo tripartito sul quale appariranno lo psicanalista, gli attori ed elementi trasfigurati. Se il primo atto, come preannunciato, prevede la visione dei video-testimonianza realizzati nello studio del Dott. Lombardi, il secondo si muove decisamente verso il testo originale, lasciando tuttavia la parola solo ai tre protagonisti dell’azione – Macbeth, Lady Macbeth e Banquo – con incursioni di Ecate e le streghe. Il terzo atto, la cui dimensione performativa è curata da Alessio Maria Romano, rompe ogni pretesa del reale e si sposta su un piano quasi rituale, nel quale l’elemento dionisiaco prende il sopravvento e l’intero impianto – di corpi e di scena – entra nel regno dell’oscurità, del sogno e del mistero.
Lucrezia Greppi