Questa settimana non racconto un mio viaggio, ma ospito nella rubrica il viaggio di un nostro lettore, anche lui frequentatore di luoghi fuori dalle solite affollatissime rotte turistiche.
ulivi secolari, acque cristalline, selve selvagge, vestigia medievali
Pisciotta, gioiello cilentano
Con l’avvento dell’alta velocità è facile, economico e rilassante raggiungere Salerno. Per giunta è una città di grande piacevolezza, un antipasto per apprezzare poi Napoli. Ovviamente non può competere per ricchezze culturali e artistiche, ma vi è molto di quanto può offrire la città partenopea senza gli stress del traffico, del rumore e della ressa. E certamente da Salerno poi vi sposterete sulla splendida costiera amalfitana. I collegamenti sono eccellenti: scendete dal treno, aspettate il giusto, ed ecco le corriere che vi portano, lungo un percorso da sogno, alla meta. Probabilmente sceglierete come prima tappa Amalfi e sarete entusiasti, soprattutto se la raggiungerete al di fuori della calura estiva. Poi magari vi capita, come è successo a chi scrive, di scoprire in una qualsiasi cartolibreria una guida a colori di una regione di cui non conoscete nulla, ma le foto sono così affascinanti che mollate il vostro venti euro e vi ripromettete di esaminarla con cura a casa. Poi naturalmente la guida resta dormiente nella vostra libreria domestica finché un giorno riappare e pensate: perché non provare qui? E qui è il Cilento. Ecco, a chi scrive è capitato proprio questo qualche anno fa. E adesso ha il mal di Cilento.
Quest’area meravigliosa comincia un centinaio di chilometri sotto Salerno, la si raggiunge prendendo il treno regionale per Sapri ma attenzione, una volta scesi alla stazione vi accorgerete di quanto sia complicato spostarsi. Non importa: ciò che si ottiene senza sforzo non ha fascino! Nel Cilento troverete mare cristallino, uliveti a perdita d’occhio, ma pure selve in cui fare incetta di porcini, località remote con le loro piccole botteghe da noi scomparse, località glamour come Palinuro in cui era nato uno dei primi club mediterranée in Italia, ma anche la certosa di Padula, tesoro prezioso, una delle più grandi d’Europa, senza dimenticare il fascino dell’antichità con le rovine di Paestum. La dieta mediterranea, che è stata teorizzata proprio qui, attira viaggiatori incuriositi ed attenti a scoprire una sana alimentazione che favorisca la longevità. Non vi è alcuna località che fa ombra alle altre e la cui fama si estenda al di fuori dei confini della Campania. Però c’è Pisciotta, il borgo cui chi scrive si è affezionato, il classico posto del cuore. Contiene un po’ l’essenza del Cilento: ulivi, mare, persone, vita sociale, isolamento, sole, pescatori e produttori d’olio, piccole strutture ricettive, parlata locale e presenze cosmopolite. Insomma, un mix irresistibile. Si accumula molto a Pisciotta, per cui quando si torna è quasi doveroso ridistribuire la ricchezza accumulata. È con questo spirito che è nata questa miniguida cilentana.
L’apecar alla stazione
Ripartiamo dalla stazione Pisciotta-Palinuro. Ebbene, di ritorno da Marina di Camerota il regionale per Salerno l’abbiamo preso proprio qui. E questo nome ha subito incuriosito. È stato pertanto inevitabile, cercare poi delle informazioni. E quello che è apparso nelle immagini è stato un invito a tornare il più velocemente possibile. Finita l’estate, tiepido mese d’ottobre con temperature ideali, eccomi di nuovo alla stazione Pisciotta-Palinuro. Con una difficoltà supplementare: una volta sceso dal treno, non vi è alcun mezzo pubblico per salire in paese che si trova su un promontorio ad alcuni chilometri di distanza e soprattutto in posizione rialzata. Pertanto l’albergatore ha provveduto a farmi trovare un’apecar per raggiungere il borgo. Ha funzionato tutto alla perfezione, ma non nascondo una certa apprensione provata nel timore che l’incontro non avvenisse puntualmente, anche perché attorno alla fermata del treno non vi è assolutamente nulla. Detto questo, sistemato lo zaino sull’Ape, è stato uno spettacolo gustarsi la strada praticamente deserta, tra il verde degli ulivi e le tonalità di blu del mare. Un percorso diviso in due tratti distinti ma ugualmente affascinanti. La prima parte a seguire la costa stando leggermente elevati così da permettere ottimi scorci, poi ad un bivio si piega a destra e si sale decisi tra gli ulivi. Qualche tornante a guadagnar la quota e poi ad una svolta, ecco Pisciotta sul cocuzzolo della collina in tutto il suo splendore. Prenderete il cellulare e scatterete all’impazzata per fermare il momento, ma le foto mai riusciranno a tradurre lo splendore che vi si para davanti. Capirete subito che non potevate finire in un posto più seducente.
Roberto Pellecchia
«Da qualunque prospettiva la si guardi, Pisciotta emana una irresistibile forza attrattiva ed invita ad una approfondita visita del suo centro storico, realizzando l’esperienza di un autentico salto nel passato. Superbamente arroccato su una sporgenza collinare, con le case che sembrano abbracciarsi tra di loro per difendere i palazzi nobiliari e la chiesa posti in cima, il paese si trova a 170 metri di altezza, e si affaccia sulla sua piccola Marina. Dall’alto le case scendono a cascata, per fermarsi bruscamente nel verde degli ulivi sulla collina». Roberto Pellecchia, “Spiagge, cale e borghi della Costa del Cilento”, collana cart&guide, 2010.
La citazione è atto dovuto nel senso che l’autore fotografa come meglio non sarebbe possibile l’impatto che il paese genera in chi lo scopre ma soprattutto un doveroso omaggio all’autore della guida che mi ha permesso di scoprire questa terra meravigliosa.
Piazza Raffaele Pinto
È dove la strada finisce e le auto non possono più procedere e dove l’Ape vi scarica. Alcuni caffè, panchine ombreggiate, piccoli commerci diversi, un’edicola collocata nel bar Germania. È il cuore di Pisciotta, il suo centro vitale. E diventerà anche il vostro. Perché Pisciotta non è il paese in cui prendere un bus, un’auto o una motoretta per spostarsi altrove. No, quando si è a Pisciotta si sta lì. Sta a voi decidere quanto. Può apparire un po’ claustrofobico, ma ha un vantaggio: in breve si conoscono le persone e pure se si è arrivati da soli, la percezione di solitudine non l’avrete mai, anche per la gentilezza e cordialità della gente del posto. Dalla piazza si dipartono diversi percorsi che possono essere affrontati solo a piedi: viottoli stretti, con scalini in abbondanza, ciò che vi mantiene in ottima forma e stimola l’appetito. Ci si sposta a piedi ammirando palazzi e portali di grande fascino con portoni massicci che ricordano un tempo in cui probabilmente era indispensabile blindarsi in casa.
Via Roma e via Tuvolo
Da piazza Raffaele Pinto ci sono due vie significative: via Roma e via Tuvolo. La prima fa pensare ad una strada principale con congrua ampiezza. In realtà è poco più di un viottolo intervallato da una bella serie di scalini che porta verso il palazzo Marchesale e verso la sommità del borgo. Transiterete senza quasi accorgervene di fronte al municipio in uno splendido palazzo d’epoca, poi vi sarà una deliziosa piazzetta proprio sulla chiesa principale con accanto il palazzo Francia. Posto ideale in cui sedersi con calma e gustare quanto sta attorno. Si può evidentemente curiosare oltre e prima o poi arrivate in punti in cui gustare il mare proprio sotto. Via Tuvolo è una via di comunicazione che porta in alto, sull’altro lato del paese. Qui della via convenzionale c’è poco. È una successione di scalini che tende a restringersi quanto ad ampiezza man mano che si sale. Proprio all’imbocco vi è un caffè i cui tavolini sono disposti a diverse altezze. È sempre ben frequentato dai locali perché tiene sotto tiro la piazza Pinto. All’imbocco una mattina ho ammirato un mercatino di prodotti del territorio ma pure il furgone del venditore di ombrelli. Un’atmosfera d’altri tempi. La scalinata di via Tuvolo metterà a dura prova la vostra efficienza cardiovascolare. L’ultimo scalino non arriva mai: Pisciotta è tutto un su e giù di scale!
Via per Salerno
La prima passeggiata in quota. Dovrebbe essere una strada importante e quindi ad eccessiva densità di mezzi a motore. In realtà, percorsa in ottobre si è rivelata quanto mai gradevole per lo scarsissimo traffico che fa capire anche perché Pisciotta è come un’isola. Vi sono delle interruzioni, mi è stato detto, verso Ascea, dovute al pendio franoso, per cui chi può la evita. Ciò permette di procedere in assoluta sicurezza ed affrontare una via che è de facto una balconata sulla costa con degli scorci panoramici indimenticabili. La strada mantiene sempre la quota quindi si cammina finalmente senza gradini e senza dislivelli da superare! L’ho percorsa felice fino al bivio per Rodio.
Rodio
Con l’accento sulla i. Rodio fa pensare a Rodi, i cavalieri di Rodi e quelli di Malta. Rodio è un paese isolatissimo, sopra Pisciotta. Deve la sua ubicazione al fatto che la gente del posto era fuggita quassù per sfuggire alle terribili incursioni dei Saraceni. Dalla costa infatti Rodio non si nota proprio. Arrivarci garantisce una passeggiata spettacolare di quasi dieci chilometri. Potete decidere se farla a piedi o in bicicletta che è possibile noleggiare provvidenzialmente in paese. Dopo la deviazione per Rodio, si penetra nella valle, gli ulivi lasciano il posto ai castagni, e a chi scrive è capitato di incrociare cercatori di funghi con splendidi porcini appena raccolti. Rodio ha fascino. Pur essendo di dimensioni ridotte e completamente isolato, non gli manca nulla: ufficio postale operativo, un paio di caffè, un negozio di generi alimentari, il santuario di Sant’Agnello Abate, “dedito alla promozione, al sostegno e alla difesa della vita nascente” il cui culto è molto sentito e viene celebrato con messe feste e processioni tre volte all’anno. Un piccolo nucleo urbano carico di storia e perfino il palazzo Baronale. Qualcuno mi aveva detto che si poteva trovare la chiave per poterlo visitare. Così nel baretto del paesino, unico cliente accolto con la massima gentilezza dalla titolare, alla mia richiesta su come avessi potuto visitare il palazzo, mi ha risposto: nessun problema, basta chiedere a Maurizio. È il contitolare della bottega del paese, dove mi ero appena fermato per il classico panino che mi aveva preparato con cura. Però mai mi sarei aspettato che si potesse trasformare in guida appassionata. Non solo mi ha permesso una visita veloce, ma mi ha fatto da guida competente per un’ora senza risparmiarsi di questo palazzo, che dà lustro al paese. È ciò che rimane dell’epoca feudale della famiglia Landulfo. È stato ristrutturato ed è oggi un polo culturale. Vi è una successione di saloni splendidi perfettamente agibili per mostre o incontri e una parte che deve ancora essere sistemata. Tanti progetti in corso d’opera. Tanta vita a Rodio, tanta cultura in un posto così inatteso.
Marina (di Pisciotta)
Se Rodio è sui monti, Marina di Pisciotta è a mare. La si raggiunge scendendo sulla linea di massima pendenza, un po’ scalinata, un po’ stradina. In ogni caso si fa quasi più fatica a scendere che a salire, tanto è ripido il pendio che mette a dura prova le ginocchia tanto che rimpiangerete i sentieri alpini con i bei tornanti per smussare il dislivello. È una mezzoretta di rara intensità. A mare vi aspetta un piccolo nucleo con una chiesina posta nella parte alta, con bel sagrato in cui riposarsi e di nuovo vicoli e scalini che vi immettono sul lungomare. È splendido e cosa davvero sorprendente incredibilmente preservato. Vi è un’omogeneità di abitazioni di piccole dimensioni che si affacciano a mare. La spiaggia è spettacolare, a tratti sabbiosa, più spesso con ciottoli. Certamente non vi sono bagnini a pettinarla assiduamente. Vista in ottobre, completamente sgombra da orpelli turistici, con il mare ovviamente da cartolina. Vi sono dei baretti discreti, un albergo, un opportuno minimarket per il panino e un ristorante di qualità, Angiolina, purtroppo non testato. Sarà per la prossima volta. E soprattutto a Marina vi è un piccolo porto turistico ma anche e soprattutto a disposizione dei pescatori locali.
Alici di Menaica
Vi è un presidio slowfood a Marina di Pisciotta perché uno sparuto gruppo di pescatori mantiene viva la pesca delle alici di Menaica. Con questo nome si si intende sia l’imbarcazione che il tipo di rete le cui maglie hanno una dimensione particolare che permette la cattura unicamente degli esemplari più grandi. Evidentemente non si può tornare da Pisciotta senza portarsi a casa delle confezioni di alici pescate qui con metodi antichi. È una pesca che avviene di notte, quando il mare è calmo. Dopo aver eliminato testa e interiora vengono sistemate, dopo averle lavate in salamoia, in vasetti di terracotta che ne contengono pochi etti. Pressate con le pietre, devono stagionare per sei mesi prima di essere messe in commercio. Grande il vantaggio di confezioni che hanno il pregio della leggerezza e di occupare poco spazio. Se si è con bagaglio a mano, grande vantaggio! Però grazie all’e-commerce si hanno ulteriori possibilità. Ho assistito, da imbucato alla terrazza dell’hotel Marulivo, ad un incontro con Luca Cella, pescatore ma non solo, titolare di un’azienda che promuove prodotti del territorio e ovviamente ghiottonerie sott’olio, su tutte le alici di Menaica. Mi sono fatto al momento una piccola cultura sul tema, ricordo i diversi tipi di tonno assaggiato, ma poi troppo facile dimenticare. Così poco fa ho ritrovato il sito internet del produttore che mi aveva affascinato con la sua narrazione. Difficile resistere. Vi invito ad un piccolo tour esplorativo. Sulla qualità, avendo assaggiato a scrocco, garantisco senza esitazioni: www.aura-cilento.com
Ulivi & olio
L’albergo elegante di Pisciotta ha un nome più che azzeccato. Marulivo. E in effetti la combinazione del verde degli ulivi che ricoprono le colline senza soluzione di continuità e la purezza del blu dell’acqua non ha uguali. La produzione di olio è attività importante. Pisciotta è un centro oleario. Questo fa sì che lo si possa acquistare praticamente dappertutto: il macellaio al centro del paese espone orgoglioso il cartello che indica il suo monocoltivar, i titolari della casa sul blu pure loro, il bottegaio del piccolo negozio di generi alimentari ha il suo. È da lui che mi sono rivolto. Era domenica, l’indomani sarei ripartito. Non potevo farlo senza almeno una bottiglia. Così mi sono presentato, era aperto, mi ha fatto notare che in ottobre era l’olio “vecchio” che quello nuovo sarebbe arrivato da lì a poco. Ma gli ho fatto capire che non potevo aspettare. Allora lui ha acconsentito, ma prima di travasarlo nelle latte, perché per concludere mi sono caricato nello zaino due litri, ciò che ha reso il viaggio di ritorno leggermente problematico, mi ha pregato di assaggiarlo. Ha allora tagliato una generosa fetta di pane su cui ha generosamente versato il suo olio. Fantastico, ho detto. E così già alle dieci di mattina ho cominciato con pane e olio. E la giornata sarebbe proseguita con altri fili, o forse qualcosa in più, d’olio: dal panino di mezzogiorno alla mozzarella con olio aggiunto fino alla cena, con la bruschetta offerta. Parafrasando Springsteen e la sua hit glory days, quello per me era stato l’oly day! Mi scuso per l’impurità della battuta inversamente proporzionale alla qualità del prodotto, ma per un paio di giorni non ne ho più voluto sapere di olio!
Pranzare/cenare
Due i ristoranti testati, diversi tra loro. Le prime due cene sono stato indirizzato da Lamalé, proprio sotto la piazza. È in un vicolo nel cuore del paese, quindi niente vista, ma in compenso il piacere di essere in un ambiente intimo, raccolto, con viottoli che vi spingono in perlustrazione. Il pregio di questo ritrovo è dato dalla grande attenzione alla cucina del territorio, con la ricerca accurata di prodotti locali da valorizzare. Piatti appetitosi, servizio cordiale, ma un limite: non era possibile pagare con la carta di credito, solo contante, e questo può disturbare. Le altre cene, invece, all’Osteria del Borgo, appena sopra la piazza Pinto. Bel terrazzo, ambiente arioso. Ovviamente cucina cilentana. Un’osteria in cui la nouvelle cuisine non è arrivata: Porzioni generose, fin troppo. Dopo un primo si può già essere sazi! Detto questo sono tornato volentieri per la gentilezza e professionalità del personale. Qui ho scoperto le melanzane inchiappate, così ho letto dal menù, ma la denominazione più comune pare che sia mbuttunate, cioè abbottonate, perché vi vengono fatti dei fori per inserire aromi e formaggio di capra, come le asole e i bottoni. Si paga con carta senza problemi, anche se il conto non supera i 15 euro! Ovviamente ottima la possibilità di gustare il pesce! Questo per le cene. I pranzi sono sempre stati panini preparati al banco della gastronomia dell’ottimo supermercato Conad, in piazza. Mozzarella, olive, pomodori, oppure con alici: niente di più gustoso per un panino! Attenti però a non esagerare come è capitato a chi scrive. Le calorie si accumulano e lasciano segno in bilancia al ritorno! A proposito di panino, il numero uno è stato quello preparato nella bottega Minimarket, appena all’entrata di Marina di Pisciotta. Il titolare, anche perché non vi erano altri clienti, non solo mi ha raccontato molto della sua vita ma non ha proprio lesinato gli ingredienti con cui imbottire la pagnotta!
Turismo
Pisciotta ha una particolarità: il suo isolamento rispetto alle grandi vie di comunicazione. Qui non ci si arriva per caso. Questo ha protetto tutto il comune da una presenza invasiva di turismo con effluvio di secondo case. La costa è immacolata, il paese esente da seconde case. A questo motivo naturale, che tiene alla larga l’eccesso di traffico automobilistico, si aggiunge un altro prodigio non marginale: l’istituzione di un parco, quello del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Detto questo Pisciotta è sorprendentemente animato ed ha un profilo internazionale. Vi è una colonia svedese che si è insediata e ancora si racconta di un matrimonio con 150 invitati da Stoccolma con tre giorni di festeggiamenti grandiosi. A chi scrive è capitato di cenare con una coppia di Los Angeles bella come quelle dei film hollywoodiani, arrivata qui affascinata dal cibo e dai vini; nell’albergo in cui ho soggiornato vi erano madre e figlia canadesi. Compreso nel soggiorno a Pisciotta per chi scrive vi è stato un corso di inglese gratuito. E poi tanti escursionisti, con zaino e bastoncini per gite di giornata. Le proposte sono infinite. Come le scale di Pisciotta.
Pernottare
Ovviamente non ha nessun senso arrivare qui per una visita di giornata. Il paese va gustato. Ci sono due pregevoli strutture, di impostazione molto diversa ma di uguale fascino. La Casa sul Blu è albergo diffuso con la sede principale in uno splendido palazzo dalle mura secolari con vista mare. Muri a vista, tante scale un po’ sconnesse, interni non luminosissimi e perfino la sala del torchio! È gestito con grande professionalità ed intelligenza da una famiglia: responsabile è Luigi, un giovane che dopo essersi laureato e una breve esperienza lavorativa a Roma, ha deciso di tornare qui e puntare sulla sua terra. Lo aiuta Cristina, la madre, donna di grande cultura che produce le ottime marmellate di agrumi che crescono nel giardino, cui si dedica con passione papà Gennaro, di debordante simpatia. Chi scrive ha pernottato qui. Dovevano essere due notti, sono diventate cinque. In pratica, azzerate tutte le varianti del soggiorno. Altro che spostamenti in altre località cilentane: a Pisciotta è complicato arrivare ma poi è difficile partire. Poi vi è un albergo di standing elevato, Marulivo. È su un’altra fascia di prezzo, con una spettacolare terrazza che domina Marina di Pisciotta. Qui vengono servite colazioni formidabili, così mi è stato riferito e che evidentemente non ho gustato. In compenso sono riuscito ad infilarmi tra i clienti sulla terrazza vista mare per un aperitivo da sogno al tramonto.
Parco nazionale
Tutta l’area fa parte del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, provvidenzialmente nato nel 1991 per impedire la speculazione edilizia e preservare le coste dalle devastazioni classiche con seconde case ed un’edilizia non rispettosa dell’ambiente. Già il nome del parco indica che si tratta di una realtà complessa e misteriosa. Alburni, dove saranno mai. E soprattutto, cosa sono? Risposta semplice: una catena montuosa conosciuta come le dolomiti del Sud per via del colore bianco, dal latino albus. Quanto al Vallo di Diano è una fertile conca che ospita due gemme assolute: la Certosa di Padula e Teggiano, la città museo. «Da secoli Teggiano è nota per la bellezza delle sue tredici chiese. Grazie ai Principi Sanseverino che vollero abbellirla di luoghi di culto e monumenti, alla storica presenza di un seminario vescovile e al successivo innalzamento a sede diocesana, Teggiano è riuscita nei secoli ad affermarsi come culla della spiritualità e del sentimento religioso dell’intero Vallo di Diano. Teggiano è un vero e proprio gioiello rimasto intatto: i vicoli medievali si aprono su piazze dove il tempo sembra essersi fermato e le lanterne, che oscillano sospese tra i vicoli dell’antico borgo, illuminano una passeggiata suggestiva». Informazione tratta pari pari dal sito di un albergo, il Magic hotel che ovviamente non conosco. Giusto fermarsi qui, con un altro gioiello del Cilento da scoprire. Ma questo, se possibile, è ancora più complicato da raggiungere senz’auto propria! Un’autentica sfida futura!
Come arrivare
Alta velocità fino a Napoli o a Salerno. Val la pena confrontare le offerte di Trenitalia e di Italo treno, di norma più economiche. Poi treno regionale per Pisciotta, sia da Napoli che Salerno. È la linea per Sapri. Le due città meritano uno stop. A Salerno mi permetto di suggerire Bruman, dieci metri dalla stazione, e Plaza, cinquanta metri! A Napoli, Le Stelle, addirittura all’interno della stazione centrale! Un po’ cari, ma la loro centralità ferroviaria fa risparmiare tempo prezioso ed energie evitando spostamenti inutili con bagagli!
Giuseppe Valli
givalli@bluewin.ch