La capitale ceca è cresciuta molto negli ultimi dieci-quindici anni e non solo a livello economico. Attratti dalle possibilità concrete di fare business, molti imprenditori (parecchi dei quali italiani) si sono recati nelle terre ceche (più in Boemia che in Moravia) per far fruttare i loro investimenti in un paese che, del post-crollo del Muro nel 1989, sente ancora i lividi della dittatura para-sovietica.
Anche se al momento Praga non sta soffrendo la drammatica sorte del Nord Italia, nuovi contagi da Covid-19 si registrano ogni giorno: oltre mille contagi, un morto. Il virus si abbatterà potentemente sull’economia del paese, il cui mercato del lavoro è florido, la disoccupazione è al tre per cento circa su scala nazionale (circa il due nella capitale); e rispetto al 2017 c’è stato un incremento del sette per cento del reddito netto delle famiglie.
L’inflazione è ad un livello contenuto; negli ultimi due-tre anni a Praga c’è stato un boom dei prezzi di case e appartamenti. La Repubblica Ceca cresce, ma a fronte dell’emergenza-virus alcuni sindacati locali hanno previsto che, se il contagio dovesse continuare per tre mesi a ritmi intensi, il Prodotto interno lordo (Pil) potrebbe segnare meno cinque-meno sette per cento quest’anno.
La bella Praga, dal canto suo, non si è ancora fermata del tutto: certo, anche andare a fare la spesa potrebbe creare disagio per chi è trafitto e confuso dall’accavallarsi di notizie dal “West”, focolaio della pandemia. La maggioranza dei cechi non ha sottovalutato il virus e si è attrezzata di conseguenza e disciplina. Sono molti, troppi, i cittadini che tengono ai progressi economici conseguiti e di cui sono stati diretti artefici e beneficiari: seguire diligentemente le misure di contenimento del morbo è un modo per non buttare tutto alle ortiche.
Amedeo Gasparini