Alcuni luoghi parlano con voce distinta. Certi giardini stillanti reclamano a tutti i costi un delitto; certe vecchie case esigono di essere popolate da fantasmi; certe coste sono messe da parte per i naufraghi. Sembrano ancora in attesa della leggenda giusta. (Robert Louis Stevenson)
Tutto può iniziare nell’infanzia, se si è fortunati. Perché in ogni bambino dimora l’animo di un esploratore. Se nei paraggi della propria casa c’è un edificio o un giardino segreto, disabitato, lasciato all’incuria del tempo e alle cure della natura, state pur certi che una banda di ragazzi lo scoprirà. E non li fermerà un cartello di divieto, il catenaccio ad un cancello arrugginito, un cadente muro di recinzione. Siamo o non siamo “capitani coraggiosi”? Un parco inselvatichito dagli anni diventerà la foresta salgariana, tra vecchie sale, lacerti di affreschi, la polvere e i calcinacci, si potranno inventare mille storie e quella villa dotata di poggiolo con tanto di balcone non sarebbe l’ideale per imbastire un dramma alla Romeo e Giulietta? Ricordo l’Angst, dove sono cresciuta, nel nome un’ispirazione, nato come uno dei più lussuosi alberghi d’Europa e guarda caso voluto da un magnate svizzero, appunto Adolf Angst che si rivolse ad una certa Ghella per acquistare il terreno, ma lei non voleva assolutamente vendere. Una notte, l’anziana signora morì nella sua casa incendiata per cause mai chiarite. Il suo corpo non fu trovato. E da lì nacque anche la leggenda del fantasma. L’albergo venne costruito, ma quando io ero bambina, risultava già chiuso e abbandonato, diventando così una delle nostre preferite (e pericolose) mete di giochi e fantasticherie.
Perché vi racconto questo? Perché nell’ambito turistico, da un culto di nicchia, sta nascendo la moda dell’Urban Exploration. Si tratta appunto di visitare edifici abbandonati, che possono essere manicomi, ville, fabbriche, sale cinematografiche. Qualsiasi luogo, purché risulti non più funzionante. Fioriscono documentari, esposizioni fotografiche, libri sull’argomento e anche ormai veri e propri tour che rendono questa attività legale e che fanno parte della conoscenza di un territorio. Stanchi del consueto, si è attirati anche dall’orrido. Lo stesso fascino, magico, che possono avere le città fantasma. Le prime che vengono in mente sono quelle naturalmente legate all’epopea western, al centro ad esempio di un fiorente commercio, come la caccia all’oro, una volta esaurita la vena, subiscono lo spopolamento, oppure è spostata la linea ferroviaria, o ancora vittime di epidemie o cataclismi. La gente se ne è andata. Restano locali deserti, e strade da cui non passa più nessuno ma che ancora parlano di una quotidianità come raggelata, silenzio, rovine, un’archeologia di era moderna conduce ad un’investigazione che nutre la fantasia. Ma anche l’indagine sociale perché tocca il senso dell’effimero dell’esistenza che si affida ad oggetti, a possessi che non appartengono più a nessuno, inutili frammenti del passato. Un giocattolo, un vecchio ferro da stiro, un giornale di un’epoca lontana. Si ha l’impressione di essere dei sopravvissuti, quando si è in pochi. Ma c’è una mappatura di queste città e quando saranno inserite nei pacchetti turistici, la massa certamente cancellerà ogni suggestione. Per fortuna, a molti turisti piace andare dove ci sono strutture comode d’accoglienza e forse queste esperienze resteranno per adepti un po’ stravaganti.