Storico punto di riferimento nella preparazione dei “Bollettini parrocchiali”, profondamente radicato nel “suo” Bigorio, è morto a 80 anni. Era stato tra i fondatori del Gruppo Terza Età dell’ex-Comune di Sala Capriasca.
Per qualche decennio è stato il grande, silenzioso e sempre riservato regista dei “Bollettini parrocchiali” quando – molto più di oggi – erano una voce che arrivava a tutta la comunità. È cambiato il mondo, è cambiata la comunicazione che stendeva una vasta, quasi generale impronta in quel mondo di prevalente informazione cartacea. A 80 anni, dopo aver lasciato da tempo, quello che era stato il suo mondo, la sua quotidianità, è partito per il più lungo viaggio – oltre la sua Capriasca e il suo Bigorio – un uomo che qui aveva solide, profonde radici: Gianni Colombo.
Ha passato la sua vita di lavoro alla Tipografia “La Buona Stampa”, di cui era uno dei pilastri. Prima lunghe stagioni, sotto l’unico tetto voluto e creato da don Alfredo Leber: c’era l’ala del giornale con le linotype e tutto il percorso fino alla rotativa, che si metteva in corsa attorno alla mezzanotte; e c’era l’altra della tipografia, per pubblicazioni di area e non solo. Era in questo blocco che si esprimevano la personalità, l’esperienza e il lavoro di Gianni Colombo, che si richiamava ad un altro collaudato perno di questo settore, Elio Delucchi. Avevano capacità, conoscenza, equilibrio, misura, insomma possedevano il mestiere e “mandavano avanti”, come si diceva, il lavoro fino al capolinea.
I periodi forti erano soprattutto Natale, Pasqua e la ripresa dopo l’estate: allora, nei corridoi o sulle scale del Palazzone di via San Gottardo 50, capitava di frequente di incontrare parroci, da Chiasso ad Airolo. Si consolidava in tal modo il legame tra giornale, giornalisti e parroci. Non si contano le giovani e i giovani, specialmente dai paesi, fino alla Carvina, che hanno lavorato e si sono allenati al futuro fra i banconi del piombo e le macchine che stampavano in piano. Gianni assicurava il fattore-affidabilità: non era un tipo di molte parole, preferiva il fare e lo dimostrava, tanto che i preti chiedevano puntualmente di lui ed a lui si rivolgevano per non infrequenti correzioni o aggiunte dell’ultima ora. Con il suo fare pacato e ponderato, s’era guadagnato meritata e ben riposta fiducia. Poi cominciarono diverse stagioni, in parallelo con il mutamento dei tempi e presero il via traslochi, motivati da necessità di espansione: prima oltre il ponte ferroviario a Massagno, poi quello più impegnativo a Pregassona. Forse si è fatto qualche eccesso, vista l’evoluzione del settore, in progressiva perdita di attività, con l’avanzata dei nuovi media, fino ai social. Per anni, anche fra traslochi, si resse comunque all’urto. La storica denominazione Tipografia “La Buona Stampa”, che era momento e motivo di identità, nella mania di sigle si era intanto ridotta a tre sole lettere TBS.
Una pubblicazione che è andata avanti fino a quando Delucchi e Colombo ce l’hanno fatta, è l’almanacco Ore in famiglia che aveva maturato una sua storia, guadagnandosi una bella diffusione. E scoccò l’ora del crepuscolo. Una cosa è certa: quando i ricordi portavano agli anni della “Buona Stampa” si percepivano in Gianni un incrinarsi della voce e un nodo in gola, che non hanno bisogno di spiegazioni. Riversò poi impegno e passione nel Gruppo Terza Età dell’allora Comune di Sala Capriasca, di cui fu socio fondatore e per lunghi anni anche presidente. Pur fra gli scogli che la vita non risparmia a nessuno, Gianni seppe mantenere la sua proverbiale saldezza e serenità d’animo. In una frase dei nipoti c’è il suo ritratto: “Dietro un omone a volte ruvido si nascondeva tanta sensibilità che spiazzava per come ti faceva apparire fragile”. Gianni ha resistito agli urti, è rimasto saldo in piedi: a chi salirà la strada che porta al convento del Bigorio, ora mancherà quella presenza familiare e peserà non poco il vuoto che ha lasciato.
Giuseppe Zois