Impressioni di una crisi

Da Praga – Il virus totalitario e le reazioni dei cechi

La Repubblica Ceca ha una storia travagliata: non sono passati così tanti anni dalla fine del sistema totalitario comunista – tre decenni, un granello di sabbia nella spiaggia del tempo e della Storia dell’uomo –, ma i danni della dittatura hanno lasciato segni permanente visibili e invisibili sulla pelle dei boemi e dei moravi. Lo spirito patriottico e il ripudio dell’estremismo politico fanno oggi parte del patrimonio culturale comune dei cechi.

E se si guarda come hanno reagito nel complesso i cittadini di fronte all’emergenza del Covid-19, la reazione e la disciplina dei cechi è stata nel complesso notevole. Certo, i furbetti che hanno arginato le regole – alcuni per necessità di portare a casa il pane, occorre ricordare – altri per ripudio dell’ordine ci sono stati, ma si tratta di una scarsissima minoranza.

Si potrebbe azzardare un paragone tra il virus e il sistema totalitario: entrambi hanno colpito la Repubblica Ceca, entrambi sono stati mal sopportati dai cittadini, entrambi hanno aiutato a creare gli anticorpi sociali e uno spirito di resistenza. Il virus, come il Comunismo finito nel dicembre 1989, ruba l’anima, corrompe il fisico, installa la paura dell’altro, nutre i pregiudizi. Diventa sempre più irrespirabile. E può uccidere.

In questo senso, la pandemia di Covid-19 non è stata una novità per il popolo ceco. Da entrambi i virus (quello totalitario e quello odierno) si può imparare. La differenza è che il primo ha fatto danni difficili da cicatrizzare e con cui fare i conti per generazioni; il secondo, con forza e volontà, apertura di menti e frontiere, sprigionamento del libero mercato e della forza dell’individuo, riporterà il benessere che a Praga iniziò trent’anni fa con la Rivoluzione di velluto.

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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