L’azione si svolge come in una scatola, aperta verso il palcoscenico, una scatola che ritroveremo miniaturizzata e replicante alla fine dello spettacolo. Tre pareti, due pannelli laterali, più il fondale, quattro se si considera anche il “soffitto”. All’inizio il braccio robotico sembra prendere le misure dei corpi degli otto ballerini. La macchina è produttrice di luci e immagini, è dotata di videoproiettore e di telecamera. Il suono costante, elettronico, sale in un crescendo, mentre la scena c’immerge nel blu elettrico. Una linea gialla scorre, si muove, si posiziona, lungo le pareti, fino a quelle del teatro, creando un collegamento diretto e si capisce presto che sarà il leitmotiv della creazione, tornando spesso, retta orizzontale, verticale, parallela poi ad un’altra più corta, spezzandosi o proseguendo, senza soluzione di continuità. I ballerini reagiscono al dinamismo delle immagini e dei suoni, individualmente, collegandosi a due o in gruppo, ora più lenti ora più veloci. Il braccio non si muove dalla sua posizione, dalla sua pedana di scena, si muove il braccio naturalmente, che si alza o si abbassa, e si sposta la telecamera. Dal blu ad un giallo-verde, diffuso come il suono continuo, sordo. Le immagini diventano più complesse virando verso una sorta di astrazione figurativa. Il pavimento del palcoscenico si rivestirà di rettangoli a differenti dimensioni, come piastrellato; il suono cambia e diventa quasi assordante, fino ad un arresto improvviso che procura pure la repentina immobilità dei danzatori. Anche il soffitto assume forme architettoniche. S’inseriscono realtà virtuale e realtà aumentata con duplicazioni replicanti, fotografiche in bianco e nero delle figure dei ballerini, come una finestra che scorre sul fondale. Le immagini e i suoni suggeriscono ambienti e atmosfere, sempre mutevoli, dagli echi acquatici a quelli bellicosi, temporali, mitraglie, spari. Altri universi si prospettano, come in un videogioco, l’alterità, la controfigura dei danzatori, in uno specchio a scatole cinesi, creature digitali realizzano una cosmogonia che, da una parte, sembra rimandare ad un lontano passato archeologico, quasi argilloso, dall’altra ad un futuro scorporante, fino ad arrivare alla miniaturizzazione replicante all’infinito della scatola contenente i corpi dei ballerini ridotti a pupazzetti… Diciamo che l’attenzione è spesso convogliata più sulle immagini proiettate, con la loro forza pervasiva ed evocativa, che sui movimenti dei pur bravi otto componenti del Balletto di Roma (Cecilia Borghese, Riccardo Ciarpella, Andrea Ginevra, Monika Lepisto, Mateo Mirdita, Kinui Oiwa, Giuseppe Paolicelli, Giulia Strambini). Idea e regia di Claudio Prati, coreografia di Ariella Vidach. Hu_Robot è un’ulteriore tappa della ricerca sperimentale della compagnia Avventure in Elicottero Prodotti, AiEP che promette ancora interessanti sviluppi. In scena al LAC ieri sera, vistosi vuoti, soprattutto nelle prime file, ma applausi finali convinti.
Manuela Camponovo