Martedì 4 agosto 2020, sole e nuvole, 23 gradi.
Il Weser è un fiume della Germania settentrionale lungo circa 450 km che si getta nel Mare del Nord. Il suo percorso è prevalentemente sud-nord. La sua sorgente è in realtà l’unione di due altri fiumi, il Werra e il Fulda che scorrono dal massiccio centrale tedesco (Mittelgebirge). Il luogo dove questi due corsi d’acqua si uniscono viene unanimemente accettato come inizio del Weser. Esiste la possibilità di percorrerlo tutto in bicicletta. Ragazzi che pista! Se uno si immagina il cicloturismo come l’andare in bici senza fretta, indisturbato da automobili, nel mezzo di un bel paesaggio che varia, con strutture per le soste da una semplice panchina per uno spuntino fino alla possibilità di pernottare, una buona segnaletica che indica distanze, direzioni, punti di interesse, beh, questo e molto di più è senz’altro la pista ciclabile del Weser (Weserradweg). Il fondo è buono. Con questo intendo vari tipi di fondo. Se asfaltato, che sia regolare non dissestato da radici di alberi o altre crepe, se con ghiaia, che non lasci sprofondare le ruote, se sterrato, che sia compatto senza buche o altre protuberanze. In modo che la pedalata sia regolare, ciascuno alla velocità che preferisce, che non si debba alzarsi dalla sella se non si hanno buoni ammortizzatori. Così si passa una giornata veramente dilettevole e utile.
Il pezzo scelto da me è quello tra Minden e Nienburg. Sono circa 60 chilometri che si snodano al confine tra due regioni, la Vestfalia e la Bassa Sassonia (il nome ufficiale della prima è Renania settentrionale-Vestfalia, in tedesco Nordrhein-Westfalen, la seconda Niedersachsen). Con delle piccole deviazioni alla fine i chilometri percorsi sono stati circa 70. In meno di 6 ore con pause. Prima di partire da Minden ho visitato il paese di Bückeburg. Esso non è sul Weser ma a poca distanza e il suo monumento principale è un castello con annesso parco. D’improvviso mi sembrava di non essere più in Germania, bensì in uno dei castelli della Loira in Francia. È una residenza costruita tra il 1500 e il 1600, con un bel parco, il mausoleo di famiglia ed una scuola di equitazione. Appartiene da sempre alla casata di Schaumburg-Lippe. Anche il Municipio (Rathaus) è in un bell’edificio e come nelle città che si rispettino è provvisto di Ratskeller, cioè di ristorante nel sottosuolo semiinterrato. In Germania soprattutto nelle città, ma anche a volte in centri minori, se uno non sa dove andare a pranzare, invece di chiedere al proprio telefono intelligente, chieda a un passante dove si trova il Rathaus. Capito? Non cercare su internet, per una volta, chiedere ad una persona del luogo. Sicuramente saprà dove si trova il suo municipio. Inoltre potrà condire le indicazioni con qualche commento sui politici locali o sulla storia tedesca o su qualunque altro tema, ma almeno sarà una persona che parla e non un audiomessaggio ripetuto a pappagallo da un processore elettronico. Come? Che obiezione? Se uno non parla tedesco? Ma un braccio che si allunga a mostrare la direzione lo capiscono anche in Sudan. E uno sguardo atterrito a commento politico non lascia certamente dubbi. Spesso, nelle Ratskeller si mangia ad un ottimo rapporto prezzo-qualità, in un ambiente particolare. Per la birra, nessun problema, le probabilità che sia buona sono maggiori di quelle che in Italia si hanno di avere un buon bicchiere di vino. Ma oggi, niente alcol, prima di andare in bici. Anche se devo dire che per i tedeschi la birra è più un nutrimento che una bevanda alcolica. Infatti lungo il percorso vedrò diversi cicloturisti seduti in localini lungo il fiume a bersi un buon boccale.
Il giro vero e proprio parte da Minden in Vestfalia: sì, proprio la Vestfalia della famosa pace di Vestfalia. Per gli amanti della storia, la disastrosa, soprattutto per il territorio tedesco, guerra dei trent’anni (1618-48), infuriata soprattutto per motivi religiosi e finita ufficialmente con il trattato di pace definito di Vestfalia (Westfalenfrieden); furono due le cittadine coinvolte nella pace, a Münster i rappresentanti dei Paesi cattolici, a Osnabrück i protestanti. Nella guerra fu coinvolto mezzo continente invece. Ambedue cittadine si trovano non lontano da Minden. Visito un po’ la cittadina a piedi, la piazza del mercato, il Duomo, qualche palazzo rinascimentale. Questa è la patria dello stile chiamato Weserrenaissance, cioè il Rinascimento lungo il Weser. Nelle città lungo il fiume si trovano moltissimi esempi; mi viene in mente il Rathaus (e Ratskeller annessa naturalmente) di Brema la città più importante del nostro fiume, situata molto più avanti, quasi alla foce. Molti di questi esempi sono per fortuna scampati ai bombardamenti inglesi degli anni 1944-45.
Qui a Minden molta gente passeggia sul lungofiume, c’è anche una spiaggetta con sabbia trasportata. Abbastanza frequentata nonostante oggi sia martedì, ma siamo in agosto. Mi colpisce un ponticello ferroviario ad arco, chiedo lumi, mi dicono che è un monumento storico, costruito nel 1898, ora non passa più traffico regolare, solo occasionalmente il gruppo locale di appassionati di ferrovie organizza delle corse speciali con vecchie carrozze. Minden è una delle prime città tedesche ad avere avuto l’allacciamento alla ferrovia, la linea Minden-Colonia. Ad un paio di chilometri dal centro trovo una meraviglia dell’ingegneria, il Wasserkreuz, l’incrocio di vie acquee: il Weser incrocia il Mittelandkanal, un canale artificiale completato negli anni ‘30 durante il nazionalsocialismo, che collega orizzontalmente i fiumi del nord che vanno invece verticalmente, Reno, Weser, Elba.
Avete mai visto un incrocio di corsi d’acqua? Io sapevo dell’esistenza di queste costruzioni, ce ne sono diverse in Germania, le avevo viste solo in fotografia. Invece qui era davanti a me. Praticamente un ponte o possiamo chiamarlo un cavalcavia d’acqua che attraversa il fiume, ma anche il ponte stesso è coperto d’acqua per far navigare le chiatte. Il canale scorre più alto del fiume. In altri posti della Germania si può direttamente passare da un corso d’acqua a quello situato su un differente livello. Per questo si trovano addirittura speciali “ascensori” che come delle chiuse, ma con un sistema diverso, portano i battelli da un piano all’altro. Faccio un giretto sopra per guardar passare qualche imbarcazione. Poi continuo, uscendo da Minden trovo anche una delle chiuse sul Weser. Una normale chiusa per far superare un dislivello. Ma monumentale è l’edificio che la contiene.
Ora sono sulla pista, a destra il fiume, a sinistra erba verde. C’è un quartierino chic con villette. Mucche pezzate del tipo Simmenthal. Cavalli. Bianchi, marroni, neri. Non conosco le razze. Sicuramente vedo dei pony. Si vedono cavalli un po’ dappertutto in Bassa Sassonia e Vestfalia, non a caso sullo scudo araldico e sulla bandiera sia dell’una che dell’altra regione c’è un cavallo bianco su sfondo rosso. Per diversi chilometri tiro dritto nel verde. Il primo paesino che dovrei trovare è Petershagen, dopo una quindicina di chilometri. In effetti, puntuale, il paesino arriva. Per passare il centro bisogna lasciare la riva. Vedo le tipiche case a graticcio, cioè con travi di legno a vista che fanno parte dello scheletro. Ci sono alcuni baretti e gelaterie dove cicloturisti stanno facendo una sosta. Continuo, il mio piano prevede la prima sosta per mangiare al prossimo paesino, Gernheim, lì ci deve essere una antica vetreria. Non proprio antica come quelle di Murano, visto che in Europa il segreto è partito da lì, comunque ottocentesca. Dall’altra parte del fiume l’enorme torre di raffreddamento della potentissima centrale termoelettrica Heyden. Peccato per il paesaggio, ma la gente deve pur accendere la luce alla sera… Arrivo, ho corso un’ora e mezza; vedo gli edifici della ex-vetreria, ora museo, le case dove vivevano gli operai, la scuola, la fornace. Leggo un po’ di storia. Hanno uno spiazzo verde con panche e tavolino, ideale per prepararsi due panini al prosciutto crudo di Norderney seccato con l’aria del mare del nord, che ho portato impacchettato in una busta di plastica, e due panini freschi comprati al panificio della stazione di Minden. Arrivano le immancabili vespe, ma non fanno danni.
Riparto tra campi, sentieri boschivi, bisogna lasciare la pista per brevissimi tratti e stare in strade provinciali non molto trafficate per fortuna. Veramente breve, minimo il rischio, poi di nuovo pista. Qui vicino ci sarebbe anche un traghetto: si può scegliere se continuare a sinistra o andare alla destra del fiume. Resto. Buchholz, un paesino fermo nel tempo. Una chiesa. Attorno ad essa delle case di pietra circondate da alberi e verde. Niente negozi, niente odiose insegne pubblicitarie. Certo gli abitanti andranno in automobile a fare la spesa da qualche parte. Ma panificio e merceria bastano alle esigenze primarie. Rifletto sul fatto che la pubblicità in quasi tutte le sue forme deve essere considerata inquinamento. Farei eccezioni solo per le forme d’arte, la grafica, e la creatività, altrimenti la metterei al bando come adesso si fa con la plastica o con il diesel. Inquina la vista, ma soprattutto ci inquina il cervello.
Un’altra chiusa. Perché le imbarcazioni in transito possano tagliare il meandro, risparmiando qualche centinaio di metri ma soprattutto lasciando intatta una parte panoramica del percorso. Proprio all’interno del meandro si trova Schlüsselburg, un altro paesino fermo nel tempo. Scendo dalla bici e lo percorro a piedi, anche nel tratto di campagna tra fiume e paese. Cicogne. Due lepri, un paio di caprioli, una volpe, un picchio rosso maggiore con la sua caratteristica macchietta regolare rossa sulla testa, un bellissimo martin pescatore, ci sono anche da noi nel Veneto ma uno così da vicino e così bene non l’ho mai visto. Il colore turchese brilla al sole come quello di un’auto metallizzata. Il vecchio quartiere dei granai. Scheunenviertel. Ora monumento. Ci sono una dozzina di costruzioni a graticcio ciascuna delle dimensioni di una grande casa dove veniva immagazzinato il grano e altri cereali. Questo insieme di granai è il più antico ancora esistente in zona, risale al 1600-1700. L’idea di costruire i granai tutti insieme a poca distanza dal villaggio in posizione leggermente elevata era per proteggerli da eventuali inondazioni, ma soprattutto per proteggere le case degli abitanti da eventuali incendi. Qui faccio una pausa, per mangiare della frutta, prugne, mele del giardino dei vicini di casa, succosissime albicocche e pesche piatte gustose. Il tutto portato da casa, bel momento. Dopo la fruttata lo zainetto è molto più leggero.
Tre caccia incrociano il cielo a pecorelle. Altri tre. Da un po’ sentivo un brusio non meglio identificato. Sono aerei da guerra dell’organizzazione militare NATO. Come faccio a distinguerli? Non certo dalle bandierine disegnate sulle carlinghe. Non viaggio con un telescopio nello zaino. È chiaro che sono aerei da guerra NATO perché siamo in un paese NATO. Se fossero aerei nemici o ci avrebbero bombardato, cosa che fortunatamente non è successa, oppure sarebbero stati abbattuti. Neanche questo è successo, oggi almeno. Questo mi fa ricordare che anche in Italia da marzo cioè da quando siamo stati segregati e i voli civili si sono ridotti del 90% vedevo un giorno sì e uno no aerei da guerra NATO. Come li riconoscevo? Risposta esatta, dal fatto che anche l’Italia è un paese NATO. È una strana sensazione, da tantissimo tempo non vedevo né sentivo sopra la mia testa aerei da guerra. Penso dal marzo 1999 quando abitavo a Jesolo e per un periodo, sopra l’Adriatico, sfrecciavano dalle nostre basi i bombardieri diretti in Serbia.
I guru dicono di respirare a fondo e concentrarsi sulla consapevolezza del qui e ora, faccio così e i cattivi pensieri iniettati dalla visione militaresca si dissolvono e mi torno a concentrare sul percorso. Stolzenau. L’edificio della stazione ferroviaria che è stata derubricata. Una locomotiva esposta lo ricorda, nell’edificio l’ufficio informazioni. Gelaterie. Di nuovo il fiume molto vicino. Ci sarebbe il convento di Schinna, ma non ho più forze per fare deviazioni. Passo la molto meno romantica zona di estrazione ghiaia e sabbia del Weser, appartiene ad una grossa impresa privata. Poi la pista prevede l’attraversamento di un ponte e quindi ora corro a destra del fiume. Campi di barbabietola. Altra peculiarità di questa parte della Germania.
Un’altra chiusa. Il paesino di Esdorf. È attraversato dalla strada provinciale, altrimenti direi che anche qui siamo in una atmosfera ferma nel tempo. Ma siccome c’è la provinciale, non lo dico. Vedo passare un raro treno della linea localissima, mi sto avvicinando a Nienburg, attraverso un bosco, e poi le attività industriali mi dicono che sono veramente vicino. Meno male, perché ho sforato un po’ le mie riserve giornaliere. A Nienburg penso di andare subito in stazione a prendere il regionale per tornare a casa, ma visto che la freccia indica “città vecchia” 400 metri, mi dico: ma perché non dare uno sguardo? Anche se Nienburg si nomina di solito solo come stazione sulla linea ferroviaria Hannover-Brema. In effetti trovo angoli pittoreschi, le energie mi ritornano e perlustro la cittadina: bella posizione sul fiume che da una passerella pedonale si vede molto bene, così come la spiaggetta creata per la stagione estiva. E poi la parte storica: il municipio, in stile del Rinascimento del Weser, la piazza della chiesa ha una forma semicircolare e corre intorno alla chiesa. Ai lati della porta due statue: una rappresenta Carlo Magno, l’altra Widukind. Come sarebbe a dire, chi è Carlo Magno? Scherzo, è Widukind quello meno famoso. Era il capo di una tribù dei Sassoni che Carlo Magno e i suoi Franchi ha cercato di sottomettere e di cristianizzare. C’è riuscito? Se non ci fosse riuscito sarebbe Widukind a chiamarsi Magno. Non solo, ma la cronaca cita che in un luogo non lontano da qui, vicino ad un affluente del Weser, i Franchi hanno sterminato un gran numero di Sassoni, probabilmente più di quattromila. Il capo si è arreso e ha riconosciuto la sconfitta. Ecco perché all’entrata della chiesa sono rappresentati tutti e due. Esempio di riconciliazione.
Con questa nota storica affratellante concludo il mio giro e, questa volta sul serio, vado in stazione ad aspettare il treno da Brema che mi riporterà ad Hannover. Andrei anche più spesso a fare questi giri, solo che qui nel nord della Germania il tempo non è il massimo. A volte è il vento che mi fa rinunciare. Altre volte la pioggia. Ci sono pochi giorni all’anno dove si può essere sicuri che non pioverà. A volte solo per poco, le condizioni variano spesso. Ciò non rappresenta un problema per i tedeschi. Se piove, si mettono il giubbino impermeabile e punto. Hanno ragione. Perché farsi condizionare? Solo che a me non piace andare in bici con la pioggia. Non è che uno è obbligato a pedalare. Si va perché deve essere un piacere, correre inzuppati, che piacere è?
Spesa giornaliera: Niedersachsen Ticket con bici, 28 euro.
Gianluca Niero