Lucilla Giagnoni con levità discorsiva e illustrativa, ieri sera nell’ambito del Festival Territori ci ha condotto nel mondo di una icona eterna come Marilyn, un titolo, una vita. Pur con qualche trucco di riferimento, a partire dall’ampia capigliatura bionda, l’attrice, che ha firmato anche il testo insieme a Michela Marelli, a cui si deve il progetto e la regia, non ha cercato di imitare il personaggio ma lo ha raccontato, entrando e uscendo da esso, ne ha percorso la travagliata e al tempo stesso gloriosa esistenza, dando voce, a volte, ai comprimari, agli incontri, a qualche dialogo, con ironia e anche autoironia (ad esempio paragonando le celebri misure fisiche…). E quella morte, circondata da pettegolezzi, da una ridda di testimonianze contraddittorie e una lunga lista di ipotesi, che ha alimentato la leggenda, già creata dalle fantasie autobiografiche.
Poi si comincia, l’infanzia senza una vera famiglia e l’innata capacità carismatica, a volte ingombrante, quell’essere sexy di natura, di attirare lo sguardo degli altri e, poi, di bucare, come si dice, la macchina fotografica prima, come modella, e quindi lo schermo. La scelta del nome, con le sue due M, entrato nella storia non solo cinematografica e su cui la Giagnoni si sofferma a dimostrazione che è in questi dettagli, del resto fondamentali, che si nasconde e spiega anche il successo, la popolarità senza frontiere di questa donna, peraltro infelice, fragile, piena di paure che poi l’hanno spinta verso il baratro dell’abuso di psicofarmaci. E gli abiti che in una macroscopica dimensione ci vengono appena esibiti, diventati anch’essi icone, come la famosa gonna bianca plissettata, sollevata dall’aria della metropolitana e che in realtà non ha fatto parte di alcuna sequenza cinematografica. Ma continuamente i confini tra la verità e la finzione, come dimostra il monologo, si toccano e si confondono, nessuno riuscirà a cogliere l’autentico poiché ormai stratificato dall’immaginario di tutti, ma è proprio l’imperfezione a determinarne il fascino evergreen. L’applaudita Giagnoni ha coinvolto il pubblico in un’avventura teatrale ricca di emozioni e di umanità.
Il Festival continua e tra gli appuntamenti segnaliamo la presentazione dell’ultimo libro di Andrea Fazioli, una raccolta di racconti, Succede sempre qualcosa (Centro Festival, ore 18), in Piazza del Sole Wanted degli Eventi verticali (ore 22) e, da non dimenticare, l’itinerario di letture femminili condotte ogni sera da Margherita Saltamacchia alle 23.15 nella Torre Bianca di Castelgrande. Oggi tocca a Katherine Mansfield (per il resto: www.territori.ch).
Manuela Camponovo