Un Festival in genere si caratterizza per la diversità delle proposte, che porta poi inevitabilmente a dislivelli qualitativi. Spettacolo di punta ieri, uno dei migliori, insieme alla Marilyn della Giagnoni, è stato il monologo Ifigenia in Cardiff, intenso testo di Gary Owen con una straordinaria e già premiata Roberta Caronia, diretta da Valter Malosti, un trittico d’eccellenza che ha inchiodato l’attenzione e anche l’emozione del pubblico del Teatro di San Biagio per un’ora.
La storia di una donna che passa attraverso dieci stazioni come un Cristo sacrificale, nella sua drammatica discesa agli inferi, un capro espiatorio come suggerisce il titolo. Caronia, con brillante vivacità e ininterrotta comunicativa di voce, di gestualità, di sguardi, di mimica che, nel piccolo spazio scenico e nudo (solo una lavagna per numerare gli stadi di questo tragico percorso), arriva direttamente in platea, immerge “visivamente” nella sofferenza femminile. Tra alcol e droga, l’unico strumento a disposizione di Effie è la sua capacità seduttiva, ed ecco l’incontro, che le cambia la vita, con un ragazzo, reduce, mutilato, dalla guerra in Afghanistan (l’episodio ha uno straordinario rilievo, le parole, il suono, ce ne danno l’immagine). Una notte d’amore e poi il silenzio e l’abbandono, perché per lui, sposato, è stata solo l’avventura di una notte, mentre lei aveva coltivato l’illusione del riscatto attraverso l’amore. Poi la scoperta di essere incinta, il tradimento della società che non la considera neanche, la perdita della bambina per non curanza medica, perché lei non conta niente nella scala del rispetto e dell’attenzione e, invece, ci dice alla fine, quando decide di non proseguire nel processo contro l’ospedale, è lei ad essersi sacrificata per tutti gli altri, le altre, per la salvezza di altri bambini, di altri malati… lasciandoci la riflessione su come spesso, troppo spesso, vanno le cose del mondo.
La serre è invece stato uno spettacolo da circo minimalista di una coppia di clown, acrobati e giocolieri, Didier André e Jean-Paul Lefeuvre, nella parte di giardinieri che usano gli strumenti di lavoro, come una carriola, per una serie, anche maliziosa, di gag. Poco pubblico nella replica delle 17 per una ideazione non particolarmente originale. Nothing is Lost, con parti discorsive, musicali, canore, era l’offerta collettiva dell’Accademia Teatro Dimitri, studenti del terzo anno diretti per l’occasione da Olivia Corsini e Serge Nicolai. Apprezzabili gli sforzi di ognuno, la compattezza nelle esibizioni di gruppo, ma proprio per l’eclettismo, in stile varietà, il risultato è un po’ confuso e fumoso, l’emozione finisce per sfaldarsi anche alla luce delle banalità di alcune espressioni concettuali, come l’allievo negletto che trova il proprio riscatto nello sport.
Manuela Camponovo
(La recensione dello spettacolo “Wanted” è disponibile sul primo numero del nostro “Magazine”, uscito oggi, sabato 14 luglio)