Oltre tre ore di cerimonia e un finale a sorpresa: davanti a una platea di star in gran maggioranza afroamericane, ha vinto Anthony Hopkins. Il favorito della vigilia era Chadwick Boseman per la sua ultima interpretazione in Ma Rainey’s Black Bottom prima della prematura scomparsa, ma a vincere il massimo riconoscimento per la recitazione è stato invece l’83enne star inglese di The Father che aveva già vinto nel 1994 per Silenzio degli Innocenti. Hopkins non ha ritirato di persona il premio, mentre l’atteso discorso a suo nome di Olivia Colman, la sua costar in The Father – Nulla è come sembra, da Londra non si è mai materializzato. Piccolo giallo mentre sulla serata in diretta dalla Union Station di Los Angeles calava bruscamente il sipario.
Migliori attori non protagonisti sono risultati Daniel Kaluuya di Judas and the Black Messiah e la tostissima quanto elegante veterana sudcoreana Yuh-jung Youn di Minari che, dopo averlo fatto ai Bafta, è tornata a bacchettare gli occidentali che non sanno come si chiama.
Miglior film internazionale è stato Un altro giro di Thomas Vinterberg: il regista danese non è riuscito a trattenere le lacrime pensando alla figlia Ida, morta in un incidente stradale mentre cominciava la lavorazione.
Miglior film d’animazione dell’anno è Soul.
Confermando le attese della vigilia, miglior documentario è stato il tenerissimo Il mio amico in fondo al mare.
Il mondo nuovo del Covid ha dettato le regole di una cerimonia inconsueta, con le mascherine indossate non appena le telecamere si allontanavano dalle star e svariate location (oltre a Los Angeles, Londra, Parigi, Sydney e Roma), ma niente Zoom. A nulla è valsa la bacchetta magica portata con se’ dalla Pausini che con Io Sì/Seen per La vita davanti a sè di Edoardo Ponti correva per la migliore canzone originale con la musicista Diane Warren, l’americana al dodicesimo Oscar mancato.
Tra le grandi sconfitte della 93esima notte delle stelle c’è stata anche Glenn Close, elegantissima in un Giorgio Armani disegnato per lei, ma che ha eguagliato il primato negativo di Peter O’Toole con otto candidature nessuna delle quali diventata vittoria. Piccolo premio di consolazione: in un bizzarro “musichiere”, la Mamaw di Elegia Americana ha correttamente azzeccato Da Butt e, risvegliandosi dal torpore della tarda serata, si è esibita in un paio di mosse di twerking.
Rapida dissolvenza sul segmento In Memoriam, quest’anno affollato di nomi inclusi Ennio Morricone e Giuseppe Rotunno, oltre a Sean Connery, Michel Piccoli, Kim Ki Duk tra gli altri e che si è concluso con un fugace omaggio a Boseman.
Nell’anno della pandemia non ha stupito che 15 delle 23 statuette siano andate a film distribuiti quanto meno simultaneamente su servizi in streaming, tra cui Nomadland, dal 30 aprile su Disney+ (e anche nelle sale italiane riaperte proprio dal 26 aprile): «Guardatelo sullo schermo più grande possibile e poi tornate al cinema», ha esortato la McDormand salita sul palco assieme a Swankie e Linda May, due delle “vere nomadi” ritratte nel film della Zhao.
Sullo sfondo di tutto, oltre alla pandemia, le ingiustizie sociali e razziali. Regina King, nel monologo di apertura, ha alluso alla condanna del poliziotto di Minneapolis Derek Chauvin per l’uccisione dell’afro-americano George Floyd, mentre Two Distant Strangers su un agente bianco che uccide un nero ha vinto l’Oscar nella categoria degli short.
L’Oscar per il miglior film alla 93/a edizione dei premi va a Nomadland di Chloé Zhao. La statuetta è per i produttori Frances McDormand, Peter Spears, Mollye Asher, Dan Janvey e Chloé Zhao.
L’Oscar per la miglior regia alla 93/a edizione dei premi va a Chloé Zhao per Nomadland. È la seconda donna a vincere la statuetta e la prima asiatica.
Oscar per la migliore attrice protagonista a Frances McDormand per Nomadland.
Oscar per il migliore attore protagonista a Anthony Hopkins per The Father – Nulla è come sembra.
(Fonte: ANSA)