“Una fotografia significa che so dov’ero in ogni momento. Ecco perchè faccio foto. Creo un diario visivo” (Andy Warhol)
La Galleria d’Arte Tommaso Calabro di Milano presenta – dal 7 settembre al 23 ottobre 2021 – Instant Warhol, una mostra dedicata a una selezione di fotografie e Polaroid che Andy Warhol realizzò durante gli ultimi vent’anni della sua vita. La mostra sarà occasione di approfondimento di un aspetto meno noto ma allo stesso tempo integrante della pratica e del vissuto personale dell’artista più iconico del ventesimo secolo.
Andy Warhol è stato il creatore di alcune delle immagini più riconoscibili della cultura occidentale, sperimentando una varietà di media che vanno dalla pittura, la stampa e il video alla musica e alla fotografia. Questa tecnica meccanica si rivelò un mezzo naturale per un artista la cui ricerca era incentrata sull’annullamento della presenza dell’artista, l’oggettificazione del soggetto e la spogliazione dell’opera d’arte dall’intenzione autoriale. Tuttavia, le Polaroid istantanee e le fotografie di Warhol ci permettono allo stesso tempo di guardare con i suoi occhi attraverso l’obiettivo della fotocamera, visualizzandone il gesto dello scatto. Sono opere che rivelano una visione profondamente personale della realtà, mostrando come l’artista si sia rapportato sia al glamour che all’ordinarietà del mondo che lo circondava.
Andy Warhol utilizzò la fotografia sin dalle prime fasi della sua carriera, quando era solito appropriarsi di scatti pubblicati su riviste e pubblicità, e trasmesse dai media per creare serigrafie che sono entrate a far parte del canone della storia dell’arte. Dopo che un’azione legale fu intrapresa contro di lui per aver utilizzato una fotografia di Patricia Caulfield pubblicata sul magazine “Modern Photogaphy” (giugno 1964) come base per i suoi Flowers, Warhol iniziò a scattare assiduamente per creare nuove composizioni originali. Ovunque andasse, portava con sé una Polaroid, sua compagna instancabile, che egli definì come “una buona ragione per alzarsi dal letto la mattina.” Era per lui uno strumento per interagire istantaneamente con i suoi soggetti e, contemporaneamente, un meccanismo di distanziamento. Nel 1971 Warhol iniziò a utilizzare la Polaroid Big Shot, un’economica macchina fotografica istantanea a fuoco fisso che rivoluzionò la sua produzione. Progettata per realizzare ritratti, la Big Shot sintetizzava perfettamente in un unico oggetto le due principali linee di ricerca di Warhol: la sua ossessione per la celebrità e la produzione in serie dell’opera d’arte. Durante una seduta media – che poteva aver luogo nello studio dell’artista, nelle stanze di un albergo o in abitazioni private – Warhol scattava decine di Polaroid, per poi selezionarne una da utilizzare come immagine di partenza per la realizzazione di ritratti-serigrafie di grande formato.
La mostra alla Galleria d’Arte Tommaso Calabro raccoglie una selezione di Polaroid e stampe alla gelatina d’argento in cui compaiono amici della cerchia di Warhol, star del cinema, celebrità e membri del jet set internazionale, come l’imprenditore Gianni Agnelli, l’attrice Bianca Jagger, la cantante Grace Jones, e i fashion designer Halston, Gianfranco Ferrè e Diane von Furstenberg. Sono inclusi alcuni autoritratti dello stesso Warhol, in cui l’artista compare truccato da drag queen o con indosso la sua leggendaria parrucca bionda. L’esplorazione dell’artista sull’identità di genere è esemplificata da un gruppo di Polaroid dalla serie esplicita Sex Parts and Torsos, in cui compaiono parti nude del corpo maschile all’altezza della vita, e dalla serie Ladies and Gentlemen, commissionata dal mercante d’arte torinese Luciano Anselmino nel 1975.
Anselmino richiese a Warhol 105 dipinti di uomini travestiti, ma l’artista ne realizzò oltre il doppio basandosi su circa cinquecento Polaroid di quattordici drag queen nere e ispaniche reclutate nelle strade del West Village, nei dintorni dei Chelsea Piers e in bar come il Gilded Grape a Hell’s Kitchen. Infine, alcune Polaroid raffiguranti banane, scarpe e frammenti di vita cittadina rivelano l’ampio spettro di soggetti con cui Warhol interagiva attraverso la macchina fotografica.
Per Warhol le fotografie erano opere d’arte, mezzi di sperimentazione e di documentazione biografica, mentre la fotocamera era il suo personale dispositivo di registrazione del mondo esterno. La varietà dei soggetti, che Warhol oggettizzava, rendeva glamour, eroicizzava e sui cui ironizzava, rivela la sua fascinazione per la fama e l’identità di genere, la sua concezione di amicizia e collaborazione, così come l’indagine continua sui concetti di originalità e paternità dell’opera d’arte. Con questa mostra, la galleria vuole sottolineare il ruolo cruciale che la fotografia ebbe nel lavoro e nella vita di Warhol per la definizione di un’estetica distintamente Pop.
La mostra è organizzata in collaborazione con James R. Hedges, IV, oggi ritenuto il più importante collezionista privato di fotografie di Andy Warhol al mondo.