Economia

Genova per noi (ticinesi)

Gian Luigi Trucco

Genova e il Ticino hanno legami naturali di tipo storico, spiega Gian Luigi Trucco, “genovese doc” e ticinese d’adozione, da oltre un trentennio commentatore economico del Corriere del Ticino. Genova, aggiunge, sarebbe pure il porto naturale del Ticino e persino della Svizzera e Germania meridionale se nel tempo si fosse sviluppata a livello di infrastrutture e servizi. Pensiamo alle nuove opportunità delle vie della seta, per le rotte che vengono da Suez: Genova è l’approdo ideale. Purtroppo oggi ci sono tante merci che attraversano il Mediterraneo, passano Gibilterra, scaricano nel nord dell’Europa e poi, via terra o ferrovia, tornano in Svizzera. Questo la dice lunga sul fatto che Genova non sia un terminale. Si impiega più nafta, tempo, più costi: un’assurdità. Nonostante ciò, negli ultimi tempi i rapporti tra Lugano e Genova si sono riannodati e nel 2017 son stati siglati accordi fra le due municipalità che hanno permesso di riallacciare e sviluppare l’interesse turistico, anche se l’elemento di richiamo di Genova rimane quasi essenzialmente l’Acquario e ciò fa sorridere, perché la città ospita tesori nascosti che non impattano. Lugano ha, dal dopoguerra, una forte presenza ligure che si è andata incrementando. A iniziare dal ramo finanziario, nel settore dello shipping. Overlandt Trust Bank che era della famiglia Ravano, l’iniziativa Europrogamme con l’ex palazzo che ricorda gli oblò di una nave, molte società di finanziamento navale, armatori, Coeclerici ha trasferito la sua holding e servizi a Lugano, Messina che ha società luganesi. C’è insomma una voglia di Ticino. Ci sono molti legami della Camera di commercio e della Lugano Commodity Trade Association con Genova. E poi altri di tipo culturale, commenta Gian Luigi Trucco, come l’Associazione dei liguri in Ticino. Il fatto che siano approdati in Ticino deriva anche dalle caratteristiche del tessuto economico ligure. Lo spirito del business che regna a Genova, più che imprenditoriale, è mercantile. Lo spirito mercantile del genovese è diverso; forse più portato al business senza una visione complessiva. Una seconda caratteristica importante dei genovesi è la capacità di adattamento. Li troviamo dappertutto: in America, Australia, Far East, Africa. Cito il caso di società di navigazione e armatori che ai tempi della guerra nel Golfo e in Medio Oriente hanno dovuto interrompere i loro traffici, ma i genovesi loro hanno continuato imperterriti. È una lunga tradizione, perché ai tempi della Repubblica di Genova le navi partecipavano alle crociate e trafficavano poi col Levante. Il denaro ha sempre un ruolo importante. A Genova è nato il Banco di San Giorgio, una delle prime banche del mondo. È nata la Commenda per far partecipare gli azionisti alle imprese marittime, poi diventata la società in accomandita. Genova finanziava re, principi e persino la flotta inglese, tant’è che la Royal Navy adotta la bandiera di San Giorgio, croce rossa in campo bianco in onore dei fondi ricevuti dalla Repubblica. Ancora oggi c’è una presenza di enormi capitali a Genova, città ricca e povera assieme, perché il capitale spesso non viene investito in attività locali, ma si preferisce fare affari fuori. La mentalità è diffidente e per alcuni versi provinciale. Se a Genova hai troppo successo, non godi di grande simpatia. Allora si va a Montecarlo, Lugano, Miami. Questa dicotomia la vediamo pure nell’aspetto architettonico. Ci sono tesori enormi. I palazzi più belli d’Europa (via Nuova, via Garibaldi, Palazzo Bianco, Palazzo Rosso, Palazzo Ducale), c’è una delle casbe più grandi del Mediterraneo. E se quella di Marsiglia è omogenea, in quella genovese (che sono i carrugi tanto amati da Fabrizio de André) all’interno di tale guazzabuglio di case arroccate, sporche, scalcinate, trovi tesori, come il Palazzo Nobiliare e gemme di architettura religiosa, la Chiesa della Maddalena con gioielli meravigliosi dentro, il chiostro di Santa Maria di Castello, il verde, i giardini in un contesto di degrado. Genova è una città che va scoperta. È una bella donna un po’ trascurata, una perla sporca che brilla se la tocchi. Eppure Genova non è una destinazione di turismo, a parte il Porto nuovo, le opere di Renzo Piano e l’Acquario. Da un punto di vista economico è una città ricca e povera, però i tempi d’oro dei servizi di linea dei grandi transatlantici come la Michelangelo, l’Andrea Doria, la Raffaelo, sono passati. L’epoca d’oro non torna più. Si punta sulle tecnologie, ma è difficile. La situazione dipende anche dalla logistica, con 50 km con le montagne dietro. Questo terzo valico di cui tanto si parla sarebbe la boccata d’ossigeno. Ma bisogna portare la logistica al di là delle montagne, creare infrastrutture costose, tra ricorsi e magistratura. Poi il ponte è crollato: sarebbe una telenovela, se non ci fossero dietro tanti morti, commenta. È lecito avere qualche dubbio sul fatto che tra un anno il ponte sarà ricostruito. Genova dipende da Roma e nel governo non ci sono le idee chiare sulle grandi infrastrutture. La Tav per Genova è una necessità. Senza il terzo valico il porto muore. Il porto avrebbe bisogno di nuove strutture se avesse più traffico e questo arriverebbe se vi fossero le infrastrutture. Genova per noi resta un mito.

Corrado Bianchi Porro

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