Intorno al Giorno della Memoria una domanda aleggiava spesso: “Perché?”, “Come è potuto accadere?”, ma la risposta si può trovare in opere lucide e intense come il romanzo epistolare di Katherine Kressmann-Taylor, pubblicato alle fine degli anni ’30. Destinatario sconosciuto è proposto in questi giorni nel Ticino, prima a Lugano, adesso a Bellinzona nella cornice intima di Villa dei Cedri (una stanza, senza palco, con due doppie file di sedie che si fronteggiano, per circa una trentina di spettatori, in mezzo la coppia di attori, come su un ring), adattamento e regia di Rosario Tedesco.
Max e Martin condividono passioni, gusti, affari, interessi spregiudicati di galleristi e mercanti d’arte, la complicità di un’amicizia di lunga data. Adesso li divide l’Oceano, Max, ebreo, si trova in America, Martin è tornato in Germania. Si scrivono, il contenuto delle lettere esce dalle loro parole, ma visivamente, per il pubblico, c’è anche una simbolica vicinanza fisica, abbracci, un toccarsi che rivela i sentimenti espressi nel carteggio stesso.
Siamo nel ’32, la Germania appare come una terra vivace di intellettuali, ci sono buoni cibi, slanci, gioia, sorrisi, ma poi si rivela una sensazione di instabilità nei racconti di Martin, ci sono crisi, fame e povertà, una nazione uscita umiliata dalla Prima Guerra Mondiale… E siamo nel ’33: un astro nascente della politica conquista il potere, il paese scivola inconsapevolmente verso la follia e la tragedia, ma nelle parole di Martin traspaiono entusiasmo e nuove speranze riposti in quel certo Hitler che, con la sua abilità oratoria, immette nel popolo iniezioni di fiducia, di orgoglio nazionale, di patriottismo, di energia e azione e naturalmente la necessità di trovare un capro espiatorio alla situazione. Non che non ci siano dubbi in chi vive in Germania ma anche nell’altro che riceve echi inquietanti riferiti a striscianti manifestazioni di violenza, minimizzate, considerate solo una schiuma sulla superficie, piccoli sbandamenti che non intaccano l’ottimismo per la guida sicura del paese. Quando tutto sembra perduto è la necessità di sperare in una salvezza, a quel punto non c’è ragione che tenga, in pochi hanno capito.
L’atmosfera diventa cupa, dalla sua distanza Max che, del resto, è ebreo, inizia a comprendere e a non condividere: i roghi dei libri, la repressione dura e incontrollata, l’ondata di antisemitismo, persone in fuga che sbarcano negli USA rendono testimonianza. “Mi dirai la verità?” chiede all’amico di una vita. Ma ormai Max ha fatto la sua scelta, risponde di non scrivergli più perché per lui è compromettente, è uno di loro, lavora per loro, ha abbracciato l’ideologia nazista e ariana. Il problema degli ebrei? Un dettaglio. L’importante è che la Germania torni ad essere grande, nell’esaltazione del cambiamento.
Coristi dei Giovani Cantori della Turrita s’inseriscono a questo punto nella rappresentazione delle 18.30 (mentre alle 20.45 tocca al Coro polifonico del Moesano), voci a cappella, brani toccanti che fanno da commento sonoro, emotivo, commosso al tema. Con la direzione di Daniela Beltraminelli.
E introducono il motivo più drammatico della vicenda. Perché qui, prima appena accennata, s’inserisce la storia della giovane sorella di Max, che è rimasta in Europa per seguire la sua carriera d’artista in palcoscenico e, ingenuamente, pur cambiando nome, decide di esibirsi a Berlino. Scoperta come ebrea cercherà aiuto in Martin che, oltre tutto, è anche stato suo amante. Ma lui la respinge, non la nasconde, la costringe a fuggire, ad essere catturata dai carnefici. Le lettere del fratello ritorneranno indietro: “Destinatario sconosciuto” ed egli chiede conto a Martin del suo comportamento, lui si giustifica con la motivazione di tutti i vigliacchi (non potevo agire diversamente, avevo la mia famiglia da difendere) e a questo punto la vendetta di Max sarà astutamente implacabile e non la riveliamo perché ci sono ancora delle repliche a cui invitiamo ad assistere.
Ottimi gli interpreti, Rosario Tedesco nella parte di Max e Nicola Bortolotti in quella di Martin che a poco a poco devono trasformare le loro nature, il primo sempre più appassionato e soffertamente coinvolto, il secondo sempre più freddo, distante, crudele, quando ricompare dopo il coro con la svastica sul braccio. Ecco perché è successo, perché i Martin erano tanti (sono tanti!), convinti, prima, di aver ragione e, poi, di non aver potuto agire diversamente.
Si replica ancora oggi alle ore 18.30 e 20.45 e domani solo alle 20.45, sempre a Villa dei Cedri. Posti limitati, raccomandata la prenotazione. www.teatrosociale.ch.
Manuela Camponovo