È stato definito opera insolita, capolavoro, opera di cui impadronirsi e divorarne le pagine. Ma al di là delle definizioni osannanti della critica, una cosa è certa: Weit über das Land, romanzo dello scrittore e giornalista svizzero Peter Stamm, nel 2016 finalista al Deutscher Buchpreis, e ora, per la prima volta, grazie a Casagrande, in traduzione italiana con il titolo eloquente di «Andarsene», non si presta a una lettura semplice e sbrigativa. Soprattutto, sono molteplici e ben diverse le interpretazioni che gli si possono dare. La trama non è delle più semplici, a partire dal punto di vista che il lettore è invitato ad assumere: quello di una donna, lasciata sola da un giorno all’altro – il tempo di una notte – dall’uomo che ama e dal padre dei suoi figli. La motivazione dell’uomo, che si intravvede tra le righe, è appunto quella di viaggiare über das Land, di intraprendere cioè, in un percorso di solitudine, il difficile viaggio verso la riscoperta di sé stessi. Tuttavia, è lo stesso Stamm, intervenuto all’ultima giornata di Chiasso Letteraria, domenica pomeriggio, a frenare qualsiasi interpretazione frettolosa e, anzi, sollecitato dall’intervista di Claudia Quadri, a formularne una inaspettatamente nuova, a cui non aveva ancora pensato: «Quando scrivo, non mi domando mai perché i protagonisti fanno quello che fanno. Poi però, quando dialogo con il mio pubblico, mi vengono delle idee. Non direi che Thomas, il protagonista, sia insoddisfatto della vita. Mi piace pensare a un’idea che vada più in profondità.
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