Sono noti gli studi storici sui gemelli omozigoti separati alla nascita, ricerche eseguite per capire quanto in un individuo (a vari livelli di comportamento, carattere, psicologia, attitudini ecc…) sia condizionato da fattori genetici e quanto da fattori ambientali. La risposta divide ancora gli scienziati, anche se i primi risultati apparivano salomonici (un 50% a ciascuno). Ora ad esempio si ritiene che l’intelligenza dipenda dai geni in una percentuale che va dal 40 all’’80 per cento. Ma non voglio scrivere qui un trattato, nemmeno sulla “geografia umana”, pensavo invece a come si possa essere condizionati dai luoghi in cui si cresce (più che nascere se, ad esempio, si è “traslocati” a pochi mesi o anni di vita), a quanta parte abbiano nel nostro divenire la natura, il paesaggio da cui si è circondati nel periodo della formazione, i manufatti umani, l’architettura e, se si possiede una curiosità abbastanza vivace, anche il passato di quella terra tale da fornire una sorta di “imprinting” che resta dentro come memoria ed emozione anche se poi si parte per altri lidi. Il soggetto del “paese natìo” e del “ritorno” è stato sviluppato da molta letteratura e anche questo è un modo di viaggiare. Nel tempo, nel ricordo. Ha importanza se a dominare è una zona montuosa, o collinare, agreste, percorsa dall’acqua, mare, fiumi, laghi? A sentire gli scrittori, sì. Mi fermo all’Italia un paese dalla forte impronta regionale più che nazionale. La Sicilia di Pirandello, il Friuli di Pasolini… Anche se le tematiche sono universali, come lo sono per tutti i grandi scrittori.
Il testo integrale dell'articolo è accessibile ai soli abbonati.
Effettui per cortesia l'accesso con i Suoi dati:
L'abbonamento per privati all'Osservatore costa CHF 35.--/anno
e può essere sottoscritto tramite
l'apposito formulario.