Che la stupidità sia una dote (nel senso di attribuzione agli individui) diffusa ovunque lo si evince dalla moltitudine di pittoreschi epiteti e sinonimi che la qualificano dalla notte dei tempi nei vari dialetti, espressioni gergali e lingue di ogni dove. Con questi elenchi ha iniziato il suo spettacolo, al debutto, ieri sera Emanuele Santoro al Parco Ciani in una delle ultime notti estive luganesi, davanti ad un pubblico piuttosto folto che ha preferito la parola di un recital alla musica delle piazze. L’attore, autore e regista ha dichiarato che la sua preferenza va a móna (ovviamente nella declinazione maschile, quella femminile rientra in un altro argomento…). Dalla terminologia alla definizione di caratteristica momentanea o durevole (tutti prima o poi in qualche circostanza possiamo comportarci da stupidi, in fondo, è bene che lo sappiano, quelli che pensano con fare superiore di essere tanto intelligenti…). Da questo è facile passare poi alle cosiddette “istruzioni per l’uso” che troviamo sulle etichette dei prodotti: oltre ad essere scritte spesso in un idioma improbabile, possono risultare naturalmente comiche per la loro insensata ovvietà come Santoro ha ampiamente dimostrato: dall’avvertenza del sonnifero che “provoca sonnolenza” a quella del passeggino da cui, prima di essere chiuso, occorre rimuovere il bambino, un vero campionario di scemenze.
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