Prospettiva Ferrovia 2050
Senza una rivoluzione, rete svizzera in tilt.
Nell’anno del 175esimo delle Ferrovie, il dipartimento della Consigliera federale Simonetta Sommaruga mette in consultazione il rapporto “Prospettiva Ferrovia 2050”. Non è evidente pensare alle Ferrovie di dopodomani. Eppure, l’esercizio va fatto poiché in materia d’infrastruttura l’orizzonte – tra realtà e visioni, tra progetti e realizzazioni – si sposta facilmente di decenni.
La politica federale sembra evolvere per salti
Cinquant’anni fa, la strada sembrava ormai prendere il sopravvento; poi un primo sussulto con Ferrovia 2000 (Berna-Zurigo per semplificare); a fine secolo ecco le gallerie di base transalpine (AlpTransit e Ferrovia 2000+, per 30 Mrd di franchi). E quasi ci si ferma, come se si fosse soddisfatti: a Berna forse; ma non a Zurigo, che prefinanzia e inaugura i giganteschi lavori per la S-Bahn. Per il resto, il cantonalismo preme sul federalismo con il rischio dell’innaffiatoio. Nel 2014 si crea allora il Fondo per il finanziamento e l’ampliamento dell’infrastruttura ferroviaria, ma prosciugato a metà dalle necessità di tenere in vita l’esistente. Siamo di fronte ad un groviglio di problemi sistemici. È recente la sospensione dei lavori alla stazione di Losanna o, ancora, la denuncia della mancanza di ingegneri e delle sottocapacità delle imprese con decine e centinaia di grossi e piccoli cantieri da tenere aperti in contemporanea con l’esercizio ferroviario. L’approccio si sta rivelando tecnocratico e settoriale, con la politica che sbaglia credendo di affrontare il futuro a furia di criteri e vincoli incrociati.
Le ferrovie vittime del proprio successo
La rete delle ferrovie svizzere è fra le più dense a livello mondiale e fa da spina dorsale ai trasporti transalpini di merci e di persone. Dopo la crisi della metà degli anni settanta del secolo scorso, il rilancio avviene grazie a un’innovazione che ne rivoluziona l’offerta: nel 1982 si introduce il cosiddetto “orario cadenzato”, ad intervalli orari fissi, diventati nel 1997 a cadenza semi-oraria e nel 2004 portato al limite quando le stazioni distanti tra loro 15, 30, 45 o 60 minuti si trasformano in veri e propri hub di collegamento, dando vita sull’arco di tutta la giornata ad una mobilità integrata tra i vari vettori di trasporto. Una meccanica d’esercizio che ci piace paragonare a quella di un costoso cronometro tradizionale. Sofisticato e perfetto, sin quando non ci si mette un granellino di sabbia. Come quando, qualche anno fa, dei treni non si sono fermati ad Aarau e Lenzburg poiché, se fossero arrivati in ritardo a Zurigo, sarebbe stata tutta la stazione ad andare in tilt. Senza la puntualità rien ne va plus, e al limite si allungano gli orari di percorrenza tra poli.
Il caso della Zurigo-Lugano-Milano
Malgrado in teoria i tempi di percorrenza tra Zurigo e Milano dovrebbero scendere di un’ora grazie alle gallerie di base del Gottardo (45 min.) e del Ceneri (15 min.) il viaggiatore arriva a destinazione solo 15 minuti prima. Ben tre quarti d’ora sono andati persi altrove: 30 minuti sulla Chiasso-Milano – un peggioramento del 50% rispetto al 2001 – e altri 15 sul percorso svizzero oltr’Alpe. Negli anni sessanta, con il famoso TransEuropaExpress e successivamente con il Cisalpino, si raggiungeva la capitale lombarda in poco meno di un’ora da Lugano; nel 2022 i tempi salgono dagli 80 (TiLo) fino a 100 minuti (come per un paio di EuroCity!). Poche speranze pensando al 2050: finora Berna non prevede a sud delle Alpi nessuna continuazione di AlpTransit; quasi a specchio, l’Italia congela il quadruplicamento della Como-Monza, mentre al contrario nella Penisola si completa entro il 2026, grazie al Piano di rilancio e resilienza concordato da Draghi con l’UE, l’alta velocità/capacità da Genova a Milano e da Milano verso Verona (Brennero) e Venezia.
La “Croce federale della mobilità”
Importanti criticità sono del resto fortemente percepite specie sull’asse orizzontale – Svizzera romanda-Svizzera orientale. Nasce così la proposta di realizzare a tappe la cosiddetta “Croce federale della mobilità”: vale a dire collegamenti ferroviari con nuove linee per la media e lunga distanza – N/S ed O-E – in rete con quella europea e sgravando di conseguenza una parte dei vecchi binari per un traffico di tipo metropolitano. Una visione fatta propria dall’associazione www.swissrailvolution.ch (co-costituita dalla ticinese “ProGottardo, ferrovia d’Europa”). Una rivoluzione, come indicato dalla desinenza dell’acronimo SRV, che ribalta l’approccio puramente incrementale del rapporto messo in consultazione.
Una prospettiva tutta svizzerocentrica
“Prospettiva Ferrovia 2050” parte, infatti, dal principio che si debba rendere più capace e competitiva la rete esistente, contando in particolare sulla tecnologia e concentrandosi là dove vi è una maggiore domanda, ossia sulle brevi e medie distanze al servizio degli agglomerati urbani/metropolitani. Questa scelta corrisponderebbe meglio con gli obiettivi di neutralità climatica, dell’ambiente e dello sviluppo territoriale. Un processo di ottimizzazione “sotto condizione”, non solo per i limiti sistemici denunciati, ma anche per paura di creare nuovi flussi. Il carattere svizzerocentrico degli indirizzi è dimostrato da diverse contraddizioni: si punta al traffico d’agglomerato, mai poi ci si ferma alla frontiera; si dimentica che oltre al traffico merci vi è anche un traffico internazionale di transito passeggeri e che per l’obiettivo climatico conta il totale dei chilometri percorsi dai passeggeri più che il loro numero per tratta.
Bellinzona: una sorpresa da 100 miliardi lanciata alla Berna federale
Da anni associazioni come la ProGottardo, il Gran Consiglio e Lugano non hanno mancato di farsi sentire, a più riprese. Addirittura, ed è una prima, anche a livello transfrontaliero con le lettere spedite a nome della “Città dei Laghi” (con Varese, Como e Lecco) ai Presidenti Draghi e Cassis. Mancava il Cantone, con il dipartimento competente a fare “sur place”. Poi, ecco una conferenza stampa (12.10.22) che sorprende tutti con un deciso messaggio politico: senza una vera visione strategica e politica di mobilità integrata il Paese si ferma; occorre osare, alzando l’asticella dei finanziamenti 2050 di 100 miliardi, di cui 13 per le tre grandi priorità ticinesi: l’aggiramento merci di Bellinzona (1,7 Mrd) e quello del Gambarogno con la “gronda ovest” (4,5 Mrd); il proseguimento a tappe di AT a sud di Lugano (7,1 Mrd). È autunno e quindi, speriamo, non valga il detto “una rondine non fa primavera”.
Remigio Ratti