Del traslocar… di libri
Estate 2022
A MCC, a MC e a MB
Mentre mi accingo a fare una siesta che – pare – mi permetterebbe di arrivare più rilassata al sonno notturno (in questo periodo di canicola), afferro un libro che da giorni, o forse mesi, se ne sta lì dopo esser stato sfrattato dal suo loculo. Quando? Non ricordo, ma sicuramente non per caso. Io non credo al caso.
Mi accomodo sul glorioso sofà di velluto granata matura, il viso rivolto verso la finestra, i cui vetri lasciano che lo sguardo si posi prima su un nespolo dalle turgide foglie e sovraccarico (inutilmente sovraccarico, tanto i vicini uscendo non lo guardano, nemmeno se i frutti cadono tappezzando la scalinata sotto i loro piedi) e poi su un tricentenario cedro del Libano, il cui tronco, a una bella altezza e grossezza, si divide in due parti, le quali si innalzano parallelamente in tutta la loro potente e piena levità. No, non sto citando le Metamorfosi di Ovidio all’inverso…
Volete sapere il titolo del libro. È secondario, ma ve lo dico lo stesso: Hermann Hesse, L’arte dell’ozio (Ed. A. Mondadori, Milano, 1992). Tanto io vado subito all’indice, perché si tratta di una raccolta di testi brevi, di cui uno solo dà il titolo al volume. Un percorso di lettura lineare? Ma no! Ecco, mi soffermo, piena già di sensi di colpa: Spolverare i libri.
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