Un incontro (Adelphi 2022) di Milan Kundera raccoglie degli scritti dell’autore su incontri e reportage a proposito di questioni politiche scottanti e alta letteratura europea. In esordio, Kundera paragona l’arte di Francis Bacon alle opere di Samuel Beckett. Kundera esplora la tela, la musica e la poesia. Anche il corpo. «Cosa ci resta una volta che si è discesi fin qui? Il volto; il volto che cela “il tesoro, la pepita d’oro, il diamante nascosto”, cioè l’“io” infinitamente fragile». Un corpo che muta nelle fasi della vita. Dalla gioventù alla vecchiaia. «Cosa vuol dire avere nove anni? Significa camminare nelle nebbie delle fantasie. […] Gli adulti sono assorbiti da preoccupazioni di ordine pratico che eclissano ogni questione metafisica». Kundera passa poi in rassegna gli scrittori del suo tempo. Philip Roth «è un grande storico dell’erotismo americano»; Guðbergur Bergsson è un «grande romanziere europeo».
Poi passa a Paul Valéry, James Joyce, Jaroslav Hašek, Guillaume Apollinaire. «Bohumil Hrabal, all’epoca il più grande scrittore ceco vivente; di una fantasia sconfinata, appassionato di esperienze plebee […], era molto letto e molto amato […]. Era […] apolitico. Il che, in un regime in cui “tutto era politico”, non era certo innocente: la sua apoliticità si faceva beffe di un mondo in cui imperversavano le ideologie». L’autore esamina poi a pezzi della letteratura mondiale in maniera introspettiva. «Rileggendo Cent’anni di solitudine mi viene una strana idea: i protagonisti dei grandi romanzi non hanno figli […]. Né Pantagruele, né Panurge, né Don Chisciotte […], Valmont, né la marchesa de Merteuil, né la virtuosa». Né Tom Jones di Henry Fiedling, né il giovane Werther di Wolfgang Goethe o molti dei personaggi di Fëdor Dostoevskij e Honoré de Balzac, Marcel Proust. L’eccezione è Karl Rossmann di America di Franz Kafka.
«Ma è proprio per questa ragione, per cancellare il bambino dalla sua vita, che fugge in America». Kafka è un personaggio fondamentale della letteratura del XX secolo. «Ha legittimato l’inverosimile nell’arte del romanzo». In Kafka, «l’inverosimile si fonda sulla descrizione; questa è del tutto impersonale e […] il lettore è trasportato in un mondo immaginario». Kundera esamina poi una delle ferite più profonde del suo paese natale. «Terezín, in ceco, Theresienstadt, in tedesco. Una città trasformata in ghetto che i nazisti hanno utilizzato come una vetrina, dove lasciavano vivere i detenuti in modo relativamente civile per poterli mostrare ai babbei della Croce Rossa Internazionale […]. Gli ebrei di Terezín non si facevano illusioni: vivevano nell’anticamera della morte; la loro vita culturale era esibita dalla propaganda nazista come un alibi».
L’autore passa alla primavera di Praga: «gaio, il paese ha gioiosamente rifiutato lo stile di vita imposto dalla Russia; le frontiere dello Stato si sono aperte e tutte le organizzazioni sociali […] sono diventate indipendenti e si sono trasformate negli […] strumenti di una inattesa democrazia». «Il Maggio ’68 di Parigi è stato un’esplosione inattesa. La Primavera di Praga, la conclusione di un lungo processo che aveva le sue radici nello shock del Terrore stalinista […]. Il Maggio parigino era impregnato di lirismo rivoluzionario dei giovani. La Primavera di Praga trovava la sua ispirazione nello scetticismo post-rivoluzionario degli adulti. Il Maggio parigino era […] contestazione della cultura europea ritenuta noiosa e sclerotizzata. La Primavera di Praga era l’esaltazione di questa stessa cultura […] soffocata dall’idiozia ideologica […]. Il Maggio parigino ostentava il suo internazionalismo. La Primavera di Praga voleva ridare a una piccola nazione la sua […] indipendenza».
Nell’ultimo capitolo analizza La pelle di Curzio Malaparte. Vent’anni prima di Jean-Paul Sartre, spiega Kundera, Malaparte era già uno “scrittore impegnato”. In Kaputt lo scrittore toscano riporta le sue conversazioni con Galeazzo Ciano, Hans Frank, Heinrich Himmler (che incontrò nudo in una sauna finlandese) e Ante Pavelić. Alla fine di Un Incontro, Kundera fa una considerazione attualissima sulla nuova Europa. Nel 1945, «per la prima volta l’Europa è stata vinta, l’Europa in quanto tale, tutta l’Europa. Vinta innanzitutto dalla follia del suo stesso male, incarnato dalla Germania nazista, liberata poi dall’America da un lato, dalla Russia dall’altro. Liberata e occupata». I «liberatori hanno occupato l’Europa e di colpo è stato evidente il cambiamento: l’Europa che fino a ieri […] considerava la sua Storia, la sua cultura, un modello per il mondo intero, ha avvertito la sua marginalità».
Amedeo Gasparini
www.amedeogasparini.com
Un incontro (Adelphi 2022) di Milan Kundera raccoglie degli scritti dell’autore su incontri e reportage a proposito di questioni politiche scottanti e alta letteratura europea. In esordio, Kundera paragona l’arte di Francis Bacon alle opere di Samuel Beckett. Kundera esplora la tela, la musica e la poesia. Anche il corpo. «Cosa ci resta una volta che si è discesi fin qui? Il volto; il volto che cela “il tesoro, la pepita d’oro, il diamante nascosto”, cioè l’“io” infinitamente fragile». Un corpo che muta nelle fasi della vita. Dalla gioventù alla vecchiaia. «Cosa vuol dire avere nove anni? Significa camminare nelle nebbie delle fantasie. […] Gli adulti sono assorbiti da preoccupazioni di ordine pratico che eclissano ogni questione metafisica». Kundera passa poi in rassegna gli scrittori del suo tempo. Philip Roth «è un grande storico dell’erotismo americano»; Guðbergur Bergsson è un «grande romanziere europeo».
Poi passa a Paul Valéry, James Joyce, Jaroslav Hašek, Guillaume Apollinaire. «Bohumil Hrabal, all’epoca il più grande scrittore ceco vivente; di una fantasia sconfinata, appassionato di esperienze plebee […], era molto letto e molto amato […]. Era […] apolitico. Il che, in un regime in cui “tutto era politico”, non era certo innocente: la sua apoliticità si faceva beffe di un mondo in cui imperversavano le ideologie». L’autore esamina poi a pezzi della letteratura mondiale in maniera introspettiva. «Rileggendo Cent’anni di solitudine mi viene una strana idea: i protagonisti dei grandi romanzi non hanno figli […]. Né Pantagruele, né Panurge, né Don Chisciotte […], Valmont, né la marchesa de Merteuil, né la virtuosa». Né Tom Jones di Henry Fiedling, né il giovane Werther di Wolfgang Goethe o molti dei personaggi di Fëdor Dostoevskij e Honoré de Balzac, Marcel Proust. L’eccezione è Karl Rossmann di America di Franz Kafka.
«Ma è proprio per questa ragione, per cancellare il bambino dalla sua vita, che fugge in America». Kafka è un personaggio fondamentale della letteratura del XX secolo. «Ha legittimato l’inverosimile nell’arte del romanzo». In Kafka, «l’inverosimile si fonda sulla descrizione; questa è del tutto impersonale e […] il lettore è trasportato in un mondo immaginario». Kundera esamina poi una delle ferite più profonde del suo paese natale. «Terezín, in ceco, Theresienstadt, in tedesco. Una città trasformata in ghetto che i nazisti hanno utilizzato come una vetrina, dove lasciavano vivere i detenuti in modo relativamente civile per poterli mostrare ai babbei della Croce Rossa Internazionale […]. Gli ebrei di Terezín non si facevano illusioni: vivevano nell’anticamera della morte; la loro vita culturale era esibita dalla propaganda nazista come un alibi».
L’autore passa alla primavera di Praga: «gaio, il paese ha gioiosamente rifiutato lo stile di vita imposto dalla Russia; le frontiere dello Stato si sono aperte e tutte le organizzazioni sociali […] sono diventate indipendenti e si sono trasformate negli […] strumenti di una inattesa democrazia». «Il Maggio ’68 di Parigi è stato un’esplosione inattesa. La Primavera di Praga, la conclusione di un lungo processo che aveva le sue radici nello shock del Terrore stalinista […]. Il Maggio parigino era impregnato di lirismo rivoluzionario dei giovani. La Primavera di Praga trovava la sua ispirazione nello scetticismo post-rivoluzionario degli adulti. Il Maggio parigino era […] contestazione della cultura europea ritenuta noiosa e sclerotizzata. La Primavera di Praga era l’esaltazione di questa stessa cultura […] soffocata dall’idiozia ideologica […]. Il Maggio parigino ostentava il suo internazionalismo. La Primavera di Praga voleva ridare a una piccola nazione la sua […] indipendenza».
Nell’ultimo capitolo analizza La pelle di Curzio Malaparte. Vent’anni prima di Jean-Paul Sartre, spiega Kundera, Malaparte era già uno “scrittore impegnato”. In Kaputt lo scrittore toscano riporta le sue conversazioni con Galeazzo Ciano, Hans Frank, Heinrich Himmler (che incontrò nudo in una sauna finlandese) e Ante Pavelić. Alla fine di Un Incontro, Kundera fa una considerazione attualissima sulla nuova Europa. Nel 1945, «per la prima volta l’Europa è stata vinta, l’Europa in quanto tale, tutta l’Europa. Vinta innanzitutto dalla follia del suo stesso male, incarnato dalla Germania nazista, liberata poi dall’America da un lato, dalla Russia dall’altro. Liberata e occupata». I «liberatori hanno occupato l’Europa e di colpo è stato evidente il cambiamento: l’Europa che fino a ieri […] considerava la sua Storia, la sua cultura, un modello per il mondo intero, ha avvertito la sua marginalità».
Amedeo Gasparini
www.amedeogasparini.com