“Boris Godunov”, stasera la Prima della Scala
È scattato il conto alla rovescia per l’attesa Prima del Teatro alla Scala, che stasera – mercoledì 7 dicembre – apre la Stagione dell’Opera 2022/2023 con Boris Godunov, il capolavoro di Modest Musorgskij diretto da Riccardo Chailly con la regia di Kasper Holten e protagonista Ildar Abdrazakov. La Prima sarà in diretta televisiva su RSI LA 2 e radiofonica su Rete Due a partire dalle 17.45; seguiranno e commenteranno la serata Davide Fersini e Giovanni Conti. Allo stesso orario sono previste le dirette di Rai1, con Milly Carlucci e Bruno Vespa, e di Radio3, con Gaia Varon e Oreste Bossini.
Il libretto, ispirato all’omonima tragedia di Aleksandr Puškin e alla Storia dello Stato russo di Alexander Karamzin, disegna un dramma shakesperiano della colpa sullo sfondo del “periodo dei torbidi” (1598-1614), gli anni di anarchia compresi tra la morte di Ivan il Terribile e l’avvento dei Romanov. Nel 1869 Musorgskij presenta alla commissione dei Teatri imperiali di San Pietroburgo la versione Ur-Boris (Boris Originario), radicalmente innovativa per il linguaggio visionario che spezza le forme dell’opera tradizionale: è un’opera densa, cupa e profonda, priva di parti femminili e di tenori eroici o amorosi. Eccessivamente inconsueta per l’epoca l’opera, prima respinta e poi revisionata, attende il 1928 per la prima esecuzione assoluta della versione originale a Leningrado, fino alla definitiva riscossa sotto la direzione di Valery Gergiev al Teatro Kirov di San Pietroburgo nel 1992. Boris Godunov, già presente al Teatro alla Scala in 26 occasioni che includono la prima rappresentazione italiana del 1909 voluta da Arturo Toscanini e l’apertura della stagione scaligera del 1979 voluta da Claudio Abbado, torna ora al Piermarini proprio nella versione Ur-Boris.
La vicenda, cupa e attuale, riecheggia la vertigine del potere del Macbeth verdiano che ha inaugurato la Stagione 2021/2022 del Teatro alla Scala. Nel 1598, dopo la morte dello zar Fëdor, guardie e sacerdoti esortano il popolo a pregare affinché il boiaro Boris Godunov accetti di ascendere al trono. L’incoronazione ha infine luogo nella piazza delle cattedrali del Cremlino con un’imponente cerimonia, turbata però da alcuni disordini. In una cella del monastero di Čudov l’anziano monaco Pimen sta per terminare la sua cronaca delle vicende della Russia, che riporterà la verità sull’assassinio dello zarevič Dimitri, il legittimo erede al trono, perpetrato su ordine di Boris. Pimen narra il delitto al novizio Grigorij, che avendo la stessa età dello zarevič risolve di farsi passare per lui e guidare così una rivolta contro Boris per impossessarsi del trono. Per evitare l’arresto, Grigorij ripara in Polonia attraversando la frontiera con la Lituania. Le ultime scene narrano i fatti accaduti nel 1604: i figli di Boris, Ksenija e Fëdor, sono cresciuti. Lo zar governa un paese ormai stremato dalla carestia, in cui il malcontento serpeggia tra il popolo e le voci sul regicidio commesso si moltiplicano, mentre alle frontiere premono le forze ribelli guidate da Grigorij. Perseguitato dal fantasma dello zarevič, Boris Godunov perde il senno e, dopo un’ultima esortazione al figlio Fëdor, muore, chiudendo così un circolo fatto di inchiostro e di sangue.
Nel Ridotto dei Palchi sarà esposto il costume storico per la scena dell’incoronazione di Boris Godunov disegnato da Nicola Benois e indossato alla Scala da Nicola Rossi Lemeni nel 1956. Il costume fa parte di un set di quattro costumi che il figlio dell’artista, Alessandro Rossi Lemeni, ha generosamente donato al Teatro insieme ad alcuni preziosi cimeli tra i quali un copricapo indossato da Šaljapin nella stessa parte e un arazzo che ritrae Rossi Lemeni con il costume della scena dell’incoronazione, realizzato da Niki Berlinguer negli anni ‘50.