Intervista

La prima traduzione delle fiabe del Basile. A colloquio con Roberta Morano

Il frontespizio della prima traduzione in lingua italiana de Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, 1747.

Cenerentola o il Gatto con gli stivali: tutti ci ricordiamo di queste indimenticabili fiabe, ma pochi di noi sanno da dove derivino realmente. Soprattutto è spesso disertato dalle guide letterarie – ma non dall’illustre italianista Benedetto Croce che ne era un grande estimatore – il primo libro che intese renderle note, rivestendole di un’aura popolare ma non solo: Lo cunto de li cunti, infatti – questo il titolo dell’opera del napoletano Giambattista Basile (1566-1632) – fece molto di più, codificando la fiaba, per la prima volta, come vero e proprio genere letterario. Racconti – in tutto nell’opera 50, assieme al racconto che fornisce la cornice a tutti gli altri – attraverso i quali far rivivere storie dal sapore antico, emerse dalla saggezza popolare ma poi anche adatte all’intrattenimento del pubblico adulto delle corti, per mettere in moto un gioco immaginario, capace oltre a stuzzicare la fantasia, di dar vita a una lezione morale, in grado di ispirare il vissuto di ciascuno. Da poco, di questo libro secentesco capitale, scritto interamente in napoletano, grazie al lavoro della dott.ssa Roberta Morano, si possiede anche l’originale della prima trasposizione in italiano, data alle stampe da un anonimo curatore nel 1747 e rintracciata dalla ricercatrice oltreoceano. I risultati di questa appassionante ricerca sono editi nel saggio Il conto de’ conti. Le fiabe del Basile nella prima traduzione settecentesca, presentato per la prima volta lo scorso dicembre alla Biblioteca Salita dei Frati di Lugano. In compagnia della studiosa, entriamo domanda dopo domanda nel suo laboratorio di ricerca, alla scoperta del valore di quest’opera e, più in generale, del Basile stesso.

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