Sono molte le differenze tra l’Impero austroungarico e l’Unione Europea. Il primo era un progetto assolutistico, il secondo è un’aggregazione di Stati fondati sulla democrazia liberale. Ma tra similitudini e contrasti, al netto delle contestualizzazioni storiche, dal momento che ne condivide alcune debolezze strutturali, l’UE rischia di fare la fine dell’Impero austroungarico. I nemici dell’impero danubiano erano gli stessi dell’UE oggi: i promotori del nazionalismo. Sia l’impero austroungarico che l’UE sono animate dal multiculturalismo. L’impero asburgico si estendeva dalla Dalmazia alla Transilvania, dal Banato alla Boemia, dal Tirolo alla Galizia. Era eterogeneo e frammentato: luoghi e culture, lingue e religioni, si addizionavano come perle in una collana e convivevano in maniera relativamente armoniosa. Con gli anni, anche l’UE è riuscita a federare diversi stati con culture che un tempo si erano combattute aspramente, ma che poi con commercio e fiducia, sicurezza mutuale e cooperazione, hanno imparato a convivere.
L’impero asburgico e l’UE sono composti da minoranze etniche e linguistiche. Nel primo caso, secondo un censimento del 1910, i tedeschi rappresentavano circa il ventiquattro per cento della popolazione; gli ungheresi il venti. I cechi il dodici, i polacchi il dieci. Seguivano poi le minoranze che comprendevano i ruteni, i rumeni, i croati, gli slovacchi, i serbi, gli sloveni e gli italiani. Un mosaico di minoranze che si riflette oggi negli Stati europei. Quanto alla religione, l’impero era composto per tre quarti da cattolici, mentre il nove per cento era protestante e un altro nove per cento musulmano. La convivenza era ed è complessa: una sfida interna che rendeva la monarchia mitteleuropea più tollerante rispetto ai suoi ingombranti vicini – l’impero tedesco e quello russo. Idem per l’UE: più stabile e tollerante dei paesi nelle immediate vicinanze che non ne fanno parte.
Le minoranze etnico-linguistiche sono rispettate in entrambe le entità statali. Alla base sia dell’impero austroungarico che l’UE c’è la capacità di compromesso. Le classi dirigenti devono capire che per governare uno Stato o un gruppo di Stati occorre coltivare l’arte della tolleranza, dell’apertura e del rispetto dell’autonomia. Tuttavia, non deve venire a meno il fil rouge che lega i componenti delle federazioni: il sentimento di essere tutti parte di un qualcosa di più grande. Le decisioni prese in seno all’esecutivo erano impattanti su tutto l’impero austroungarico. Toccavano tutte le singole realtà e, al pari delle direttive emesse dall’odierna Commissione Europea, venivano applicate negli Stati dagli esecutivi locali. La capacità dell’impero austroungarico e dell’UE di federare le diversità e unire nella differenza sotto un progetto multinazionale diversi popoli ha condotto ad un grande benessere, specialmente se confrontato ai vicini dell’Est – oggi come allora.
Sia l’Impero austroungarico che l’UE sono progetti tesi ad evitare la guerra, che per Vienna e Bruxelles rappresentava il peggio che potesse abbattersi sulle rispettive realità. Sarebbe scorretto dire che l’impero austroungarico nacque per evitare la guerra in sé. Specialmente dal 1848, nel solco di una necessaria pace sociale e non aggressiva politica estera, l’impero consolidò la sua postura grossomodo non bellicistica. Come l’UE oggi, che nacque per evitare nuovi conflitti in Europa. Inoltre, la capacità di trattativa con gli avversari è stata per l’Impero austroungarico una grande capacità che spesso gli ha consentito di sopravvivere. L’impero viveva a stretto contatto con l’Impero tedesco e si offriva come bastione difensivo rispetto al gigante russo. L’UE è stata fondata anche sulla necessità di contenimento della Germania – forza centrale dell’Unione – e sul ruolo di diga nei confronti della Russia – tornata neocoloniale, nazionalista ed espansionista.
Entrambi erano progetti fragili, immersi tra diverse realtà. Fior di letteratura ha sarcasticamente denunciato la burocrazia asburgica, così come oggi è quella europea a finire nel mirino degli euroscettici. Per assicurare una buona amministrazione dello Stato, la burocrazia deve essere di qualità. Non è tanto la dimensione dello Stato che conta, quanto la qualità dello stesso. La burocrazia austroungarica era famosa per la sua farraginosità e metodicità, certo, ma era una grande burocrazia, votata al servizio dei cittadini. Oggi il burocrate, nazionale o europeo – non se lo dimentichi – è anzitutto un civil servant. Infine, sia l’impero austroungarico che l’UE sono minacciati dalla piaga del nazionalismo come rischio. Sebbene il primo non fosse di orientamento liberale, temeva il risorgere dei nazionalismi al suo interno. Non a caso fu un nazionalista che contribuì a far traboccare il vaso del fragile impero di tutti i suoi acciacchi, fatigue e contraddizioni.
Lo scontro tra l’impero e la Serbia condusse alla Prima Guerra Mondiale. L’intransigenza nazionalista dell’Impero austroungarico rappresentò la sua rovina. Il risultato fu una valanga di nazionalismo in Europa e nell’impero stesso. Il collasso finale dell’impero austroungarico è addebitabile al nazionalismo e alla guerra. Il nazionalismo distrugge gli Stati oltre che persone e civiltà. L’UE ha da imparare rispetto al precedente dell’Impero austroungarico: tolleranza reciproca e ossequio delle differenze all’interno della struttura socio-statale sono un’assicurazione contro lo sfaldamento. Una delle più grandi differenze rimane il fatto che l’Impero austroungarico non era una democrazia liberale, modello su cui gli Stati europei odierni sono basati. Sarà questo a fare la differenza per il sopravvivere dell’UE e del progetto europeo. Rafforzare e preservare la democrazia liberale – ovverosia difendere il multiculturalismo e la diversità etnica, religiosa, o linguistica che sia – è cruciale per evitare il collasso e il corteggiamento del nazionalismo.
Amedeo Gasparini
www.amedeogasparini.com
Sono molte le differenze tra l’Impero austroungarico e l’Unione Europea. Il primo era un progetto assolutistico, il secondo è un’aggregazione di Stati fondati sulla democrazia liberale. Ma tra similitudini e contrasti, al netto delle contestualizzazioni storiche, dal momento che ne condivide alcune debolezze strutturali, l’UE rischia di fare la fine dell’Impero austroungarico. I nemici dell’impero danubiano erano gli stessi dell’UE oggi: i promotori del nazionalismo. Sia l’impero austroungarico che l’UE sono animate dal multiculturalismo. L’impero asburgico si estendeva dalla Dalmazia alla Transilvania, dal Banato alla Boemia, dal Tirolo alla Galizia. Era eterogeneo e frammentato: luoghi e culture, lingue e religioni, si addizionavano come perle in una collana e convivevano in maniera relativamente armoniosa. Con gli anni, anche l’UE è riuscita a federare diversi stati con culture che un tempo si erano combattute aspramente, ma che poi con commercio e fiducia, sicurezza mutuale e cooperazione, hanno imparato a convivere.
L’impero asburgico e l’UE sono composti da minoranze etniche e linguistiche. Nel primo caso, secondo un censimento del 1910, i tedeschi rappresentavano circa il ventiquattro per cento della popolazione; gli ungheresi il venti. I cechi il dodici, i polacchi il dieci. Seguivano poi le minoranze che comprendevano i ruteni, i rumeni, i croati, gli slovacchi, i serbi, gli sloveni e gli italiani. Un mosaico di minoranze che si riflette oggi negli Stati europei. Quanto alla religione, l’impero era composto per tre quarti da cattolici, mentre il nove per cento era protestante e un altro nove per cento musulmano. La convivenza era ed è complessa: una sfida interna che rendeva la monarchia mitteleuropea più tollerante rispetto ai suoi ingombranti vicini – l’impero tedesco e quello russo. Idem per l’UE: più stabile e tollerante dei paesi nelle immediate vicinanze che non ne fanno parte.
Le minoranze etnico-linguistiche sono rispettate in entrambe le entità statali. Alla base sia dell’impero austroungarico che l’UE c’è la capacità di compromesso. Le classi dirigenti devono capire che per governare uno Stato o un gruppo di Stati occorre coltivare l’arte della tolleranza, dell’apertura e del rispetto dell’autonomia. Tuttavia, non deve venire a meno il fil rouge che lega i componenti delle federazioni: il sentimento di essere tutti parte di un qualcosa di più grande. Le decisioni prese in seno all’esecutivo erano impattanti su tutto l’impero austroungarico. Toccavano tutte le singole realtà e, al pari delle direttive emesse dall’odierna Commissione Europea, venivano applicate negli Stati dagli esecutivi locali. La capacità dell’impero austroungarico e dell’UE di federare le diversità e unire nella differenza sotto un progetto multinazionale diversi popoli ha condotto ad un grande benessere, specialmente se confrontato ai vicini dell’Est – oggi come allora.
Sia l’Impero austroungarico che l’UE sono progetti tesi ad evitare la guerra, che per Vienna e Bruxelles rappresentava il peggio che potesse abbattersi sulle rispettive realità. Sarebbe scorretto dire che l’impero austroungarico nacque per evitare la guerra in sé. Specialmente dal 1848, nel solco di una necessaria pace sociale e non aggressiva politica estera, l’impero consolidò la sua postura grossomodo non bellicistica. Come l’UE oggi, che nacque per evitare nuovi conflitti in Europa. Inoltre, la capacità di trattativa con gli avversari è stata per l’Impero austroungarico una grande capacità che spesso gli ha consentito di sopravvivere. L’impero viveva a stretto contatto con l’Impero tedesco e si offriva come bastione difensivo rispetto al gigante russo. L’UE è stata fondata anche sulla necessità di contenimento della Germania – forza centrale dell’Unione – e sul ruolo di diga nei confronti della Russia – tornata neocoloniale, nazionalista ed espansionista.
Entrambi erano progetti fragili, immersi tra diverse realtà. Fior di letteratura ha sarcasticamente denunciato la burocrazia asburgica, così come oggi è quella europea a finire nel mirino degli euroscettici. Per assicurare una buona amministrazione dello Stato, la burocrazia deve essere di qualità. Non è tanto la dimensione dello Stato che conta, quanto la qualità dello stesso. La burocrazia austroungarica era famosa per la sua farraginosità e metodicità, certo, ma era una grande burocrazia, votata al servizio dei cittadini. Oggi il burocrate, nazionale o europeo – non se lo dimentichi – è anzitutto un civil servant. Infine, sia l’impero austroungarico che l’UE sono minacciati dalla piaga del nazionalismo come rischio. Sebbene il primo non fosse di orientamento liberale, temeva il risorgere dei nazionalismi al suo interno. Non a caso fu un nazionalista che contribuì a far traboccare il vaso del fragile impero di tutti i suoi acciacchi, fatigue e contraddizioni.
Lo scontro tra l’impero e la Serbia condusse alla Prima Guerra Mondiale. L’intransigenza nazionalista dell’Impero austroungarico rappresentò la sua rovina. Il risultato fu una valanga di nazionalismo in Europa e nell’impero stesso. Il collasso finale dell’impero austroungarico è addebitabile al nazionalismo e alla guerra. Il nazionalismo distrugge gli Stati oltre che persone e civiltà. L’UE ha da imparare rispetto al precedente dell’Impero austroungarico: tolleranza reciproca e ossequio delle differenze all’interno della struttura socio-statale sono un’assicurazione contro lo sfaldamento. Una delle più grandi differenze rimane il fatto che l’Impero austroungarico non era una democrazia liberale, modello su cui gli Stati europei odierni sono basati. Sarà questo a fare la differenza per il sopravvivere dell’UE e del progetto europeo. Rafforzare e preservare la democrazia liberale – ovverosia difendere il multiculturalismo e la diversità etnica, religiosa, o linguistica che sia – è cruciale per evitare il collasso e il corteggiamento del nazionalismo.
Amedeo Gasparini
www.amedeogasparini.com