Con il suo La guerra delle materie prime e lo scudo ucraino (Rubbettino 2022) Giuseppe Sabella spiega come siano proprio materie prime e terre rare in Ucraina tra le “ragioni di Putin” nell’ambito dell’attacco del 24 febbraio 2022. Ma giustificando la sua “operazione militare speciale”, Vladimir Putin ha addotto ben altre motivazioni. Voleva fermare il processo di “accerchiamento” della NATO, nonché liberare l’Ucraina dai “nazisti”. Naturalmente, non esiste alcun accerchiamento dell’Alleanza Atlantica e non è in corso alcun tipo di nazificazione ucraina. Se, d’altra parte, ci saranno incrementi di nazionalismo e disprezzo nei confronti della Russia, questo sarà parzialmente attribuibile alla guerra che il Cremlino ha deliberatamente scatenato. La tesi di Sabella è che Putin vuole avvicinare Mosca a Pechino perché ha capito che gli affari con l’Europa diminuiranno. Con e senza guerra in Ucraina e non solo in materia energetica.
L’obiettivo dello zar, sostiene l’autore, è di fare della Russia il più importante fornitore di materie prime della Cina. Anche per questo avrebbe attaccato l’Ucraina, che di materie prime è piuttosto ricca. L’autore non esamina le altre “ragioni di Putin” per l’intervento. Lo zar vuole usare lo scudo ucraino per diventare cliente di Pechino e inaugurare una stagione di decoupling in ambito di globalizzazione. Con l’invasione dell’Ucraina, dunque, Putin spera di ottenere nuove terre rare e al contempo di indebolire l’Europa, scatenando la più grande emergenza umanitaria dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi. Sabella concede anche qualche parola nei confronti dell’Italia, dove si parla molto degli errori e delle responsabilità dell’Occidente. A sentire certi talk show sembra che siano state l’Ucraina e la NATO ad invadere la Russia. Molti “intellettuali”, accademici e giornalisti hanno mostrato parecchia comprensione per le “ragioni di Putin”.
Non è un caso che l’Italia sia l’anello debole in Europa anche a livello informativo. Le infiltrazioni russe e cinesi si estendono a più livelli; il proliferare delle fake news associato ad una tradizione giornalistica poco attenta verso le questioni internazionali rende l’Italia un terreno d’influenza idoneo sia per Pechino che per Mosca per plasmare l’opinione pubblica. Guerra in Ucraina, dunque, ma perché proprio nel 2022? Putin ha considerato tre fattori. Primo: un Occidente stremato della pandemia. Secondo: gli Stati Uniti che hanno apparentemente accantonato l’“America first”. Terzo: la Germania che ha perso l’interlocutrice privilegiata del Cremlino, Angela Merkel. Putin sa di avere perso almeno per ora le rendite derivanti dal gasdotto Nord Stream; la guerra ha accelerato la ricerca di mercati ad Est. La Russia estrae e detiene il primato mondiale in ambito di materie prime, attorno a cui si giocheranno le sfide produttive del futuro.
Durante il lockdown, Pechino ha approfittato del calo dei prezzi e ha comprato materie prime ovunque. Cina e Russia non sono legati da un’alleanza formale, ma condividono l’approccio sui maggiori dossier internazionali. Dalla Libia al Medio Oriente, dalla Corea del Nord all’Iran, da Hong Kong alla Via della Seta, passando per lo sfruttamento dell’Artico e delle terre rare, nonché i diritti umani e l’Africa. Xi Jinping non ha condannato l’aggressione russa, ma ha garantito partnership e “amicizia senza limiti” al Cremlino. Il che è compatibile con l’obiettivo di Putin indicato da Sabella: aumentare lo scambio con Pechino in ambito di materie prime. Negli anni la Russia ha acquisito una notevole expertise nell’estrazione di gas naturale e petrolio. Il primo viene estratto principalmente dalla Siberia e dal Caucaso. Il secondo si trova invece nelle regioni degli Urali e vicino al bacino del Volga.
Il gas russo a buon mercato è stato per anni il responsabile della crescita economica di molti paesi che ne sono totalmente dipendenti come la Macedonia o la Bosnia Erzegovina e la Moldavia; quasi totalmente dipendenti (Finlandia, al 94 per cento); in maniera significativa (Bulgaria 77, Germania 49, Italia 46, Francia 24); mentre altri non sono dipendenti affatto (Paesi Bassi 11, Romania 10). Prima dell’intervento russo, in Ucraina l’UE importava il 97 per cento del gas, un quarto del quale arrivava dalla Russia. Già dal 2019 che i russi forniscono gas naturale alla Cina, ma pur essendo ben fornita di materie prime, la Russia non le trasforma. La sua economia dipende, ancora, dell’export di petrolio gas e materie prime. Dall’Ucraina, Putin intende rilevare titanio, minerali di ferro e manganese nonché acciaio e litio, che è importante per lo sviluppo industriale delle batterie.
Le terre rare sono il motore delle tecnologie; l’Europa ne esporta il 98 per cento e la Cina e possiede il 40 per cento delle riserve mondiali. Nei prossimi anni saranno Stati Uniti e Cina a spartirsi le aree di influenza: UE e Russia devono decidere cosa fare. Verosimilmente, potranno contribuire a rendere la globalizzazione più usa-centrica o sino-centrica. Tra le “ragioni di Putin”, l’accaparramento delle terre rare, leghe e metalli è di importanza vitale; un aspetto non molto analizzato da autori o analisti. Il pregio del volume di Sabella è questo. Chiosa l’autore: «Dentro il processo di regionalizzazione dell’economia e di decoupling delle catene del valore, si contrapporranno l’economia occidentale e quella asiatica, ovvero il blocco delle democrazie liberali e quello delle autocrazie. La speranza è che la Russia non istituzionalizzi il metodo belligerante per avvantaggiarsi. E che la Cina non assecondi il metodo di Putin».
Amedeo Gasparini
www.amedeogasparini.com
Le materie prime tra le vere “ragioni di Putin”
Con il suo La guerra delle materie prime e lo scudo ucraino (Rubbettino 2022) Giuseppe Sabella spiega come siano proprio materie prime e terre rare in Ucraina tra le “ragioni di Putin” nell’ambito dell’attacco del 24 febbraio 2022. Ma giustificando la sua “operazione militare speciale”, Vladimir Putin ha addotto ben altre motivazioni. Voleva fermare il processo di “accerchiamento” della NATO, nonché liberare l’Ucraina dai “nazisti”. Naturalmente, non esiste alcun accerchiamento dell’Alleanza Atlantica e non è in corso alcun tipo di nazificazione ucraina. Se, d’altra parte, ci saranno incrementi di nazionalismo e disprezzo nei confronti della Russia, questo sarà parzialmente attribuibile alla guerra che il Cremlino ha deliberatamente scatenato. La tesi di Sabella è che Putin vuole avvicinare Mosca a Pechino perché ha capito che gli affari con l’Europa diminuiranno. Con e senza guerra in Ucraina e non solo in materia energetica.
L’obiettivo dello zar, sostiene l’autore, è di fare della Russia il più importante fornitore di materie prime della Cina. Anche per questo avrebbe attaccato l’Ucraina, che di materie prime è piuttosto ricca. L’autore non esamina le altre “ragioni di Putin” per l’intervento. Lo zar vuole usare lo scudo ucraino per diventare cliente di Pechino e inaugurare una stagione di decoupling in ambito di globalizzazione. Con l’invasione dell’Ucraina, dunque, Putin spera di ottenere nuove terre rare e al contempo di indebolire l’Europa, scatenando la più grande emergenza umanitaria dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi. Sabella concede anche qualche parola nei confronti dell’Italia, dove si parla molto degli errori e delle responsabilità dell’Occidente. A sentire certi talk show sembra che siano state l’Ucraina e la NATO ad invadere la Russia. Molti “intellettuali”, accademici e giornalisti hanno mostrato parecchia comprensione per le “ragioni di Putin”.
Non è un caso che l’Italia sia l’anello debole in Europa anche a livello informativo. Le infiltrazioni russe e cinesi si estendono a più livelli; il proliferare delle fake news associato ad una tradizione giornalistica poco attenta verso le questioni internazionali rende l’Italia un terreno d’influenza idoneo sia per Pechino che per Mosca per plasmare l’opinione pubblica. Guerra in Ucraina, dunque, ma perché proprio nel 2022? Putin ha considerato tre fattori. Primo: un Occidente stremato della pandemia. Secondo: gli Stati Uniti che hanno apparentemente accantonato l’“America first”. Terzo: la Germania che ha perso l’interlocutrice privilegiata del Cremlino, Angela Merkel. Putin sa di avere perso almeno per ora le rendite derivanti dal gasdotto Nord Stream; la guerra ha accelerato la ricerca di mercati ad Est. La Russia estrae e detiene il primato mondiale in ambito di materie prime, attorno a cui si giocheranno le sfide produttive del futuro.
Durante il lockdown, Pechino ha approfittato del calo dei prezzi e ha comprato materie prime ovunque. Cina e Russia non sono legati da un’alleanza formale, ma condividono l’approccio sui maggiori dossier internazionali. Dalla Libia al Medio Oriente, dalla Corea del Nord all’Iran, da Hong Kong alla Via della Seta, passando per lo sfruttamento dell’Artico e delle terre rare, nonché i diritti umani e l’Africa. Xi Jinping non ha condannato l’aggressione russa, ma ha garantito partnership e “amicizia senza limiti” al Cremlino. Il che è compatibile con l’obiettivo di Putin indicato da Sabella: aumentare lo scambio con Pechino in ambito di materie prime. Negli anni la Russia ha acquisito una notevole expertise nell’estrazione di gas naturale e petrolio. Il primo viene estratto principalmente dalla Siberia e dal Caucaso. Il secondo si trova invece nelle regioni degli Urali e vicino al bacino del Volga.
Il gas russo a buon mercato è stato per anni il responsabile della crescita economica di molti paesi che ne sono totalmente dipendenti come la Macedonia o la Bosnia Erzegovina e la Moldavia; quasi totalmente dipendenti (Finlandia, al 94 per cento); in maniera significativa (Bulgaria 77, Germania 49, Italia 46, Francia 24); mentre altri non sono dipendenti affatto (Paesi Bassi 11, Romania 10). Prima dell’intervento russo, in Ucraina l’UE importava il 97 per cento del gas, un quarto del quale arrivava dalla Russia. Già dal 2019 che i russi forniscono gas naturale alla Cina, ma pur essendo ben fornita di materie prime, la Russia non le trasforma. La sua economia dipende, ancora, dell’export di petrolio gas e materie prime. Dall’Ucraina, Putin intende rilevare titanio, minerali di ferro e manganese nonché acciaio e litio, che è importante per lo sviluppo industriale delle batterie.
Le terre rare sono il motore delle tecnologie; l’Europa ne esporta il 98 per cento e la Cina e possiede il 40 per cento delle riserve mondiali. Nei prossimi anni saranno Stati Uniti e Cina a spartirsi le aree di influenza: UE e Russia devono decidere cosa fare. Verosimilmente, potranno contribuire a rendere la globalizzazione più usa-centrica o sino-centrica. Tra le “ragioni di Putin”, l’accaparramento delle terre rare, leghe e metalli è di importanza vitale; un aspetto non molto analizzato da autori o analisti. Il pregio del volume di Sabella è questo. Chiosa l’autore: «Dentro il processo di regionalizzazione dell’economia e di decoupling delle catene del valore, si contrapporranno l’economia occidentale e quella asiatica, ovvero il blocco delle democrazie liberali e quello delle autocrazie. La speranza è che la Russia non istituzionalizzi il metodo belligerante per avvantaggiarsi. E che la Cina non assecondi il metodo di Putin».
Amedeo Gasparini
www.amedeogasparini.com