Commento

Andrea Graziosi ripercorre storia e radici della guerra in Ucraina

L’Ucraina e Putin tra storia e ideologia (Laterza 2022) di Andrea Graziosi è uno dei libri più apprezzabili, documentati e accurati in circolazione in lingua italiana sulla guerra in Ucraina. L’autore ripercorre la storia del paese dall’indipendenza dall’Unione Sovietica fino all’aggressione russa del 24 febbraio 2022. Lo fa toccando tutti gli aspetti: elementi di società e politica, i moventi profondi e superficiali degli aggressori, la ricostruzione fattuale e suffragata da fonti. Il libro offre un dibattito serio e storico sulla questione ucraina al pubblico italofono. In Italia, in particolare, il dibattito sulla questione Ucraina è piagato da tre elementi. Primo, «l’ignoranza e il disinteresse diffusi, ma in fondo comprensibili, per paesi ed esperienze che sono lontani da noi». Secondo: «la cialtroneria ignorante, autocentrata e affamata di visibilità che resta, ahimè, una delle caratteristiche di un segmento non piccolo dei nostri ceti intellettuali, politici, giornalistici e accademici».

Terzo: «il mancato rispetto dell’interesse nazionale e l’ignoranza delle grandi questioni internazionali […], di buona parte delle nostre élite politiche, burocratiche e intellettuali, incarnatisi in politici che hanno corteggiato Mosca». L’Ucraina esiste ancora grazie alla resistenza del suo popolo e delle armi dell’Occidente. Oggi tutti conoscono la sua bandiera; molti hanno capito che l’ucraino non è russo. Paradossalmente, Vladimir Putin ha contribuito a far nascere una nuova Ucraina e ha incontrato difficoltà nel decretare la mobilitazione generale. Il che già mostra l’ipocrisia dell’“operazione militare speciale” e la singolare teoria secondo cui ucraini e russi sono un popolo unico. La guerra registra poca adesione nelle fasce più giovani della popolazione russa, ma la vecchia guardia stimola il progetto della Grande Russia. Perseguendo questo obiettivo, Putin ha impoverito la Russia, scrive Andrea Graziosi, che ricorda come dopo il 1991 l’élite della nuova Russia fosse d’estrazione sovietica.

«La lunghezza e le caratteristiche dell’esperienza sovietica causarono anche una riduzione molto più netta dei contatti della Russia con il mondo, specialmente quello occidentale. Migliaia di libri essenziali non furono tradotti e non furono letti […]. In Italia il relativo isolazionismo del regime fascista e una repressione molto più blanda ebbero comunque un profondo impatto negativo sul mondo accademico. In Russia il problema è stato incomparabilmente più drammatico: la cultura, sottoposta a una repressione molto più severa». Andrea Graziosi racconta il retroterra culturale storico antecedente alla guerra in Ucraina. Dispute e tensioni dopo il 1991 (Transnistria, Abkazia, Ossezia, Nagorno-Karabakh, Cecenia, Donbass) sono all’origine della smania imperialista di Putin. Kiev aveva ereditato dall’URSS oltre quattromila testate nucleari. Tuttavia, nel 1994 anche su pressione di Washington che voleva allontanare i disastrosi conflitti nucleari, cedette queste testate alla Russia. Venne dunque meno la funzione di deterrente delle armi nucleari.

Lo stesso John Mearsheimer, uno dei maggiori politologi americani sostenitore delle ragioni di Putin negli anni Novanta scrisse sul Foreign Affairs che l’Ucraina avrebbe dovuto mantenere il suo arsenale nucleare, senza cui altrimenti non avrebbe potuto difendersi dalla Russia. Andrea Graziosi tocca anche la questione della NATO e delle fantomatiche “promesse” di non-espansione. «1) Nel 1990 non ci fu alcuna “promessa” formale, e men che meno alcun testo, che impegnasse la NATO a non allargarsi. Si trattò piuttosto di ragionamenti ipotetici sull’unificazione tedesca, tenuti a febbraio da James Baker e Eduard Ševardnadze […]. Erano inoltre ragionamenti fatti con il ministro degli Esteri di uno Stato che l’anno dopo avrebbe cessato di esistere. Prima di scomparire esso avrebbe fatto in tempo a firmare a novembre la carta di Parigi, che riconosceva “la libertà degli Stati di scegliere le proprie disposizioni in materia di sicurezza”».

Inoltre, «2) a fronte di quei ragionamenti informali sta il trattato di Budapest del […] 1994, firmato da una nuova Russia che si impegnava formalmente a riconoscere e garantire l’inviolabilità dei confini ucraini in cambio della consegna a Mosca […] delle circa 4.000 testate nucleari ucraine. […]; 3) nel maggio 1997 NATO e Russia firmarono a Parigi un atto costitutivo che stabiliva i passi verso la cooperazione, dichiarava che “la NATO e la Russia non si considerano avversarie” […]; 4) è vero che i bombardamenti della NATO della primavera 1999, fatti per frenare i serbi in Kosovo ma non autorizzati dalle Nazioni Unite, peggiorarono considerevolmente i rapporti tra l’Alleanza atlantica […]. Nel 2002, tuttavia, anche in conseguenza della lotta comune al terrorismo islamico, NATO e Russia costituirono un consiglio consultivo congiunto, sviluppando ulteriormente la Partnership for Peace». La NATO non costituiva una minaccia per la Russia.

«Per preparare l’invasione dell’Ucraina la Russia ha ammassato truppe ai suoi confini per mesi. Al contrario, i 315.000 soldati americani in Europa del 1989 erano diventati 107.000 nel 1995 e circa 60.000 nel 2006, rimanendo su questo livello fino al 2021. Il dato, da solo, basta a smentire ogni disegno aggressivo e a svelare la natura pretestuosa dell’appello alle ragioni della difesa preventiva». Graziosi riflette anche sul perché dell’invasione russa. Il declino relativo degli Stati Uniti, iniziato sotto Barack Obama in Siria e soprattutto la disastrosa ritirata da Kabul il 15 agosto 2021, hanno aiutato ad indebolire la narrazione occidentali. Secondariamente, le scelte isolazioniste degli ultimi presidenti americani hanno consentito un allargamento dell’influenza cinese in tutto il pianeta. Infine, l’UE fiaccata dalla pandemia e dai sintomi post della crisi economica, nonché la dipendenza dal gas russo in balia del sovranismo hanno dato ragioni in più a Putin di attaccare.

Putin ha bisogno di una vittoria a tutti i costi. E qualsiasi chilometro quadrato riuscirà a conquistare sarà presentato come una grande vittoria. La sensazione è che andrà avanti finché potrà, ma così facendo è riuscito a spingere l’Ucraina nelle braccia dell’UE e in quelle della NATO Svezia e Finlandia. Una sconfitta di Kiev potrebbe non essere l’esito della guerra in Ucraina. Data la debolezza demografica economica e culturale russa, sostiene l’autore, è possibile che se invece fosse Mosca a perdere il conflitto. «Più probabilmente si arriverà prima o poi a un armistizio […], con momenti di più o meno grande tensione», ipotizza Andrea Graziosi. La necessità di creare un mondo russo da parte di Putin nasce anche per dare una risposta al “corrottissimo” Occidente. Ma la missione di riportare l’Ucraina sotto Mosca è antica. L’abolizione del russo come lingua ufficiale in Ucraina fece molto arrabbiare la Russia.

D’altra parte, è un errore pensare che l’Ucraina sia un territorio totalmente occidentale oggi. Sin dagli anni Novanta l’Est guardava a Mosca e l’Ovest all’Occidente. Dal 2004 in poi si è avviato in Ucraina uno spontaneo processo di occidentalizzazione. Il trattato di associazione del 2008 con l’UE costituì una tappa fondamentale per Kiev, nonostante le rimostranze di Viktor Janukovyč che originarono le proteste di Euromajdan. Una cocente sconfitta per il presidente filorusso. Questi eventi segnarono da allontanamento di Kiev da Mosca fino alla crisi della Crimea. Con Volodymir Zelenskj – attore popolare per la serie “Servitore del popolo” che vinse al secondo turno le elezioni del 2019 con il settanta per cento dei voti – c’era una speranza di una stabilità nel paese. Tuttavia, proprio allora il Cremlino rispolverava la tesi diffusa secondo cui l’Ucraina sarebbe una creazione di Lenin per preparare una riconquista del paese.

L’Ucraina, ricorda Andrea Graziosi, «è stata piuttosto, come tanti altri Stati, il prodotto di un processo storico ancora in corso, ed è semmai vero che nel XX secolo il più grande “unificatore” delle terre ucraine è stato Stalin, che inflisse agli ucraini nel 1932-1933 la terribile lezione dell’Holodomor e della repressione delle sue élite politiche e culturali. Fu infatti nel 1944-1945, proprio mentre l’Ucraina riconquistata da Mosca era sottoposta a un nuovo ciclo di repressione». Negli anni Trenta Stalin tracciò i confini politici dell’Ucraina in maniera continuativa rispetto a quelli etnico-linguistici. Nel 1945 unì all’Ucraina sovietica dei pezzi di Cecoslovacchia, Romania e Polonia. Nikita Krusciov le cedette nel 1954 la Crimea. L’autore ripercorre anche gli elementi che hanno consentito a Putin di creare uno Stato. Negli anni Dieci le esportazioni di energia hanno rappresentato fino al settanta per cento del totale di quelle russe.

Con il prezzo del barile a basso costo Putin è riuscito a fornire all’Occidente un gran apporto di energia incamerando miliardi per la ricostruzione del suo progetto imperialista. Non fece riforme che dovevano migliorare il paese nel 2018 l’aspettativa di vita degli uomini era di sessantotto anni. Preferì dedicarsi all’esplorazione estera e alle campagne di conquista da bullo. L’uso indiscriminato, punitivo e repressivo della guerra fa parte dell’arsenale putiniano. La forza è necessaria, secondo gli argomenti realisti, per riscattare dalle umiliazioni subite dall’Occidente. Si tenga però anche conto che diversamente dalla Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale, alla Russia non venne mai posto alcuna riparazione. E anzi, le vennero concessi aiuti – altro che mutilazioni territoriali – e il paese fu ammesso nel G7, che si trasformò in G8 per l’occasione. Putin non voleva occidentalizzare il paese e promosse omicidi di giornalisti e oppositori interni politici.

Un uomo pericoloso, la cui capacità aggressiva si è vista a Groznij. Andrea Graziosi ricorda anche un altro aspetto, spesso ricordato nei mesi di guerra in Ucraina. Putin ha avuto una crescente ossessione per la storia e ha incrementato la presa di coscienza del suo ruolo storico. Si è appoggiato su rozzi autori di teorie euroasiatiche tra cui Aleksandr Dugin e i piani nazional-bolscevichi di Eduard Limonov, contro la società aperta, pluralista e globalizzata. Putin ha presentato l’Ucraina come vittima della propaganda occidentale liberale e senza morale. Era convinto che la guerra sarebbe durata poco. Ma in realtà tutto iniziò ad andare presto abbastanza male per Mosca. La Cina ha appoggiato il Cremlino, ma la maggioranza del mondo bianco si è schierata a favore della resistenza ucraina e ha mandato aiuti al paese. Oggi gli ucraini sono molto più europei di quanto non lo fossero prima dell’attacco.

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

In cima