Venezia 80 punta sull’Italia
Delusione a parte per il ritiro di Challengers di Luca Guadagnino con la superstar Zendaya, seguito da lettera di scuse di Amazon-Mgm, che avrebbe dovuto aprire l’80a edizione della Mostra del cinema di Venezia a magnifico ponte tra l’Italia, i suoi talenti e Hollywood, il festival resiste alle ricadute dello sciopero degli autori e degli attori che in America sta di fatto paralizzando i set e le prossime uscite in sala.
Dunque «un impatto molto modesto», lo ha definito il direttore artistico Alberto Barbera nella conferenza di presentazione di martedì 25 luglio, auspicando che il tappeto rosso al Lido, in passato strabiliante, «pur in mancanza di molte star non sia sguarnito». I film americani in selezione sono indipendenti e dunque con deroga sindacale come pure gli attori, con qualche eccezione.
Sarà per questa lungimiranza o forse non solo che Venezia punta dritto sull’Italia con ben sei film in concorso, cosa di certo rara, su 23 titoli: il film di apertura Comandante di Edoardo De Angelis con Pierfrancesco Favino nei panni dell’eroico ufficiale di marina siciliano della seconda guerra mondiale Salvatore Todaro, sommergibilista della X Mas, Io Capitano di Matteo Garrone sull’odissea di due migranti che dal Senegal arrivano nella Fortezza Europa; Lubo di Giorgio Diritti che racconta una storia di incredibile razzismo nei confronti di uno jenish, un rom svizzero; Finalmente l’alba di Saverio Costanzo sulla perdita di innocenza di una giovane attrice nella Cinecittà anni ’50 (Lily James); Enea, opera seconda di Pietro Castellitto, anche protagonista insieme a Benedetta Porcaroli, kolossal sulla ‘grande bruttezza’ di Roma, come pure in una apocalittica capitale è ambientato Adagio di Stefano Sollima ancora con Favino, Toni Servillo, Valerio Mastandrea.
Ma non sarà una Venezia autarchica, replica subito alle eventuali polemiche, perchè le nazionalità rappresentate sono 54 e soprattutto «perché lasciarne fuori qualcuno sarebbe stata una scelta dolorosa, sono diversissimi tra loro, tutti audaci da molti punti di vista, costi inclusi come i 28 milioni di euro di Costanzo, i 16-17 di Comandante e non ultimo perchè tutti i grandi festival, a cominciare da Cannes, sostengono i loro film nazionali». Per restare all’Italia si vedranno anche a Orizzonti Extra, l’esordio da regista dell’attrice Micaela Ramazzotti con Felicità, il nuovo film della 90enne Liliana Cavani, che avrà il Leone alla carriera, L’Ordine del tempo fuori concorso. L’uso dei generi per raccontare il mondo contemporaneo, le tante storie di adolescenti a disagio, senza prospettive, delusi dai genitori, dagli insegnanti, dal governo, una generazione tradita e i fenomeni migratori con storie umane dolorose come nel film di Garrone o in quello “segreto” di Agnieszka Holland che in The Green Border è riuscita a documentare la violenza sui profughi al confine tra il suo paese, la Polonia, e la Bielorussia.
Woody Allen con Coup de Chance e The Palace di Roman Polanski, entrambi fuori concorso, sono destinati probabilmente a più di una polemica, insieme a Dogma di Luc Besson in concorso: tutti e tre registi coinvolti in casi di abusi sessuali e finiti sotto processo, nel caso dell’89enne regista di origine polacco con condanna in contumacia. «Mi schiero tra coloro che distinguono le responsabilità dell’uomo dall’artista – ha risposto all’ANSA Barbera rivendicando le scelte – e Polanski, che non potrà venire per non rischiare l’estradizione, è un maestro riconosciuto. Allen invece ci sarà, assolto peraltro due volte, mentre per Besson non si è arrivati al processo».
Ma Venezia è molto altro, con una line up di film attesi come Maestro, la seconda regia dell’attore Bradley Cooper che qui si dedica alla biografia del compositore Bernstein nel rapporto con la moglie amatissima (Carey Mulligan); Priscilla, il nuovo atteso film di Sofia Coppola che racconta la storia della moglie di Elvis Presley (Cailee Spaeny); The Killer, il ritorno di David Fincher con un violento thriller con Michael Fassbender; Povere Creature!, il film di Yorgos Lanthimos interpretato da Emma Stone, sorta di Frankenstein femminile spinta da insaziabile voracità sessuale (è un film Disney e per questo la Stone non ci sarà); El Conde di Pablo Larrain con un Pinochet che non è morto ma esce dalla tomba come un vampiro e Ferrari di Michael Mann con Adam Driver nei panni del genio dell’automobile e con Penelope Cruz sua moglie Laura, mentre Ava Duvernay fa la storia diventando con Origin (sull’origine culturale del razzismo) la prima regista afroamericana in concorso per un totale di appena cinque donne (il 30%, si è difeso Barbera, la stessa percentuale dei film al femminile proposti per la selezione). (Fonte: ANSA)