Commento

Niger: si salverà un pilastro della democrazia in Africa?

Ali Mahaman Lamine Zeine

Due settimane dopo il golpe in Niger che ha fatto cadere l’ultimo governo democraticamente eletto nel Sahel, questo lunedì i nuovi governanti militari hanno nominato premier Ali Mahaman Lamine Zeine, ex Ministro dell’economia. La destituzione del presidente Mohamed Bazoum, causata dal generale golpista Tchiani, e la conseguente sospensione della Costituzione, ha allarmato l’Occidente, in quanto il Niger è stato un partner strategico nella battaglia anti-terroristica. E molti altri non ne restano nel Sahel, i cui Stati sono comunque preoccupati per le possibili ripercussioni del golpe. Dopo l’ultimatum espresso dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS), ma poi rimasto senza conseguenze, l’impegno della diplomatica statunitense Victoria Nuland di lunedì scorso non ha portato ad alcun risultato – tra l’altro le fu negata la possibilità di incontrare Bazoum.

Ciononostante, gli USA insistono sulla via diplomatica, anche perché qualsiasi intervento militare potrebbe causare conseguenze incalcolabili. L’annuncio di un tale intervento da parte di Bola Tinubu, presidente della Nigeria e dell’ECOWAS, non è mai stata fino alla riunione di giovedì scorso una minaccia reale: trattasi dell’ormai quarto golpe militare tra i suoi Stati membri, portando anche il Niger all’esclusione dalla Comunità, contro la quale esso costituisce ormai un blocco forte con Mali, Burkina Faso e Guinea.

Pensando alla soluzione diplomatica, ci si domanda però se essa potrà implicare un compromesso con i golpisti, fino ad accettare la destituzione di Bazoum. Tale compromesso potrebbe salvare la democrazia, o staremmo assistendo alla conclusione di uno smantellamento della stessa iniziata proprio dallo scioglimento del parlamento da parte del presidente Tandja nel 2009? Per garantirsi il potere anche oltre il secondo mandato, egli aveva provocato il colpo di stato nel 2010 che portò al suo arresto. Lamine Zeine era ministro proprio di Tandja che sebbene fosse stato assolto nel 2011, ha di fatto destabilizzato – forse irreversibilmente – la democrazia in Niger.

Nel frattempo, il gruppo Wagner ha annunciato il suo sostegno per i putschisti – che «combattono per la sovranità e i diritti del loro popolo», come ha affermato Prigozhin – e nelle piazze di Niamey si incita la popolazione contro l’Occidente, esponendo anche delle bandiere russe. Tuttavia, Tchiani sembra non avere un potere sufficiente sulla popolazione e sui militari, per cui le speranze per una soluzione diplomatica sono ancora forti. Date le sfide enormi della zona occidentale africana, dal terrorismo jihadista al cambiamento climatico, salvare questa democrazia sarebbe di fondamentale importanza.

Markus Krienke

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