Da Dronero a Mosca: Ezio Mauro, una vita da giornalista
Il primo settembre alle 18 presso lo Studio 2 RSI di Besso, l’editorialista e scrittore Ezio Mauro ha aperto il “Corso di giornalismo della Svizzera italiana” sotto la direzione di Roberto Antonini e si è intrattenuto a colloquio con Natascha Fioretti, presidente del Corso, raccontando la sua lunga esperienza nel mondo della carta stampata ed indicando le prospettive del settore nel futuro. Alla testa per un ventennio del quotidiano la Repubblica, Mauro ha esordito dal suo addio al giornale fondato da Eugenio Scalfari. Dopo vent’anni ha lasciato il timone del quotidiano romano il 15 gennaio 2016; l’ultimo ruolo in un mestiere, quello di giornalista, in cui ha fatto bruciato diverse tappe. È nella sua Dronero, in Piemonte, che Mauro mosse i primi passi nel mondo della carta stampata. A undici anni, ricorda, vedeva l’insegna de La Stampa al palazzo di Via Marenco a Torino. «Mi emozionava guardare quella scritta luminosa».
Da grande, avrebbe dovuto fare l’avvocato; poi lo chiamarono per una sostituzione estiva alla Gazzetta del Popolo. Iniziò con la cronaca, poi la cronaca nera, dunque la politica – settore grazie a cui capì, abbandonando ogni dubbio tipico dell’età adolescenziale, che il giornalismo era il suo mestiere. Da Torino, uno dei capoluoghi del terrorismo negli anni Settanta, Mauro lavorava in un settore privilegiato: dove la cronaca entrava nella storia. Questi erano i giornali del tempo: officine che sfornavano riflessione, pensiero e storia appunto. Nel 1981 venne spostato a Roma, dove si occupò di politica per La Stampa di Giorgio Fattori. «Ero al centro degli avvenimenti. Vedevo le persone e le sedi dei partiti di cui leggevo … Piazza Del Gesù, via del Corso, Botteghe Oscure … Mi piaceva tantissimo».
Scalfari gli propose di andare a Mosca per tre anni e tre anni a Washington. Il giorno dopo, in concomitanza con la nomina di Ugo Stille a direttore del Corriere della Sera, il quotidiano di Via Solferino gli propose la sede di New York. Ma Mauro aveva già scelto: «A Mosca il pane e più duro». Voleva dire che c’era più da lavorare. E forse da divertirsi. Era un periodo rivoluzionario nell’URSS del tempo; un periodo più politico di altri. A ricordare quegli anni Ezio Mauro ha oggi un pizzico di rimpianto: «Mi sono perso la fine della Storia: quando l’URSS crollò, ero a Torino a scrivere l’editoriale». Non è la stessa cosa che essere sul posto. Condirettore di Paolo Mieli alla Stampa per due anni, nel 1996 arrivò l’offerta di Repubblica. Gianni Agnelli, proprietario del giornale, «non capiva come io, da giornalista piemontese, potessi lasciare il giornale di Torino».
Ma «la sfida era forte: volevo fare il primo giornale italiano». Oggi, Ezio Mauro ha settantacinque anni, ma non è stanco: il giornalismo rimane la sua passione. Il dopo-Repubblica è andato meglio di quanto pensasse: scrive libri, va sul campo, viaggia ancora. Ha visto il mondo cambiare. E cambiare in peggio per la carta stampata. In Italia, si è infatti passati dalle sei milioni di copie al giorno degli anni Novanta, all’1,57 di oggi. «Un giornale ha un’anima, un carattere, una sua natura particolare capace – se rispettata – di rendere il tutto coerente e di tenerlo insieme, firme e lettori, generazioni diverse, storie e provenienze: giorno dopo giorno, un anno dopo l’altro». Scriveva così il 15 luglio 2022 su Repubblica, a seguito alla scomparsa di Scalfari. Una certa idea dell’Italia: questo è quello che fa qualcuno che compra un giornale. «Comprare un giornale è un incontro».
Amedeo Gasparini