Commento

Israele: si può criticare ma non delegittimare

Consiglio di sicurezza dell'ONU

Lo scorso 8 dicembre gli USA hanno impedito, contro 13 paesi a favore, una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU che avrebbe imposto un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, ribadendo il veto anche nella votazione della risoluzione ONU di questa settimana con la quale 153 nazioni chiedono con insistenza, ma senza possibilità di sanzioni, una tregua, nonché la liberazione dei 138 ostaggi rimasti nelle mani di Hamas. Il motivo, per cui altri nove Stati erano contrari e 23 si sono astenuti – tra questi la Germania – è che, ancora una volta, non si condanna – e nemmeno si menziona – l’atto terroristico del 7 ottobre. Non si è inoltre dimenticato che la stessa Hamas il 1° dicembre non rispettò l’ultimo cessate il fuoco. Una riflessione critica s’impone per le modalità applicate: per arrivare a questa risoluzione, il segretario generale Guterres ha fatto ricorso all’art. 99 della Carta dell’ONU, ossia ad uno strumento di una tale eccezionalità che nemmeno per il Ruanda, per l’Ucraina o il recente massacro etnico nel Darfur (Sudan) è stato attivato, mettendo quindi sullo stesso piano l’atto terroristico di Hamas e la guerra d’Israele al terrorismo, definita una minaccia del «mantenimento della pace e della sicurezza internazionale».

Per quanto riguarda Hamas, che prima di due mesi fa nessuno credeva fosse in grado di sferrare un attacco ad Israele di così grandi dimensioni: certamente non può essere considerata sconfitta e mentre i suoi vertici si trovano lontani dalla Striscia di Gaza, i terroristi usano le istituzioni civili – scuole, ospedali ecc. – come basi per la loro difesa. Uno studio recente della Fondazione Konrad Adenauer ha rilevato che, durante il conflitto, la percentuale di palestinesi che ritiene giusto un attacco di Hamas contro Israele è passata dal 35%-40% al 72%. Il 95% dei palestinesi crede che Israele abbia commesso crimini di guerra, mentre solo il 10% lo pensa anche di Hamas.

È per il fatto che, negli scorsi giorni, si siano superate le 18.000 vittime e quindi ampiamente il numero di morti in Ucraina, che si pone la questione circa la “proporzionalità” della guerra di Israele contro Hamas: a parte l’assurdità di accusare Israele di genocidio, certamente si può criticare la strategia e l’esecuzione delle operazioni militari israeliane e sospettare della sua “proporzionalità” (argomento dello ius in bello). Tutto ciò dovrà essere parte di un processo da condurre con la massima acribia e neutralità dopo la fine della guerra. Non sembra invece lecito usare tale critica per delegittimare il diritto di Israele a difendersi e il suo dovere di combattere i terroristi (argomento dello ius ad bellum). Ciò sarebbe giustificabile soltanto se Israele avesse avuto una reale alternativa – che però ancora nessuno ha potuto indicare.

Markus Krienke

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