Commento

Giorgio Cuscito spiega ambizioni e progetti di Xi

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In Xi Jinping (Piemme 2023) Giorgio Cuscito spiega, come da sottotitolo del volume, in che maniera la Cina sogna di tornare impero. La prefazione è di Lucio Caracciolo, che ricorda come l’Occidente sia stato a lungo affascinato dalla Cina e come il Dragone si ricollega idealmente al suo glorioso passato. Dalla questione di Taiwan all’instabilità politica interna, tutto in Cina passa sotto il grande occhio del Partito-Stato. Il PCC ha fatto un patto col popolo: benessere in cambio della rinuncia alla partecipazione politica. Finora è andata bene per la leadership comunista. E lo si è visto al XX congresso del Partito nel 2022, in cui Xi Jinping ha accentrato su di sé tutto il potere decisionale per riportare la Cina ai fasti imperiali – nonostante le difficoltà sul primato tecnologico, quello militare e il potere del dollaro. Oggi tutta la popolazione cinese vive sopra la soglia della povertà assoluta.

L’Esercito Popolare di Liberazione (EPL) è moderno. È maturato anche Xi, che non nasconde neppure la propria visione imperiale. Principino rosso figlio di Xi Zhongxun, entrò nella Lega della gioventù comunista nel 1969 e tentò per dieci volte di entrare nel PCC. Ci riuscì nel 1974. Laureatosi in chimica, scalò tutti i ranghi del potere. Passò dallo Hebei al Fujian, dove rimase per diciassette anni. Poi nello Zhejiang e a Shanghai. Segretario generale del PCC nel 2012, Xi ha esordito con un processo di accentramento decisionale. Con la scusa della lotta contro la corruzione ha estromesso i rivali pericolosi, a cominciare da Bo Xilai e la “gang di Shanghai”, facente capo a Jiang Zemin. Ha rafforzato il ruolo del PCC come perno delle attività dello Stato, dell’EPL, dell’economia. Il suo sogno è quello di un risorgimento nazionale, un progetto che passa anche per la nuova Via della Seta (BRI).

Tuttavia, la maturazione della Cina non è ancora compiuta. La popolazione inizia a pretendere un miglioramento della qualità della vita e ha alzato la testa di fronte alla questione del Covid-19. Nel 2022 Xi ha deciso di rimuovere ogni restrizione sanitaria e la disoccupazione è aumentata, mentre il tasso di fecondità è sceso. Pechino vuole cambiare marcia e offrire un’alternativa alla globalizzazione a guida americana. Xi intende superare il “secolo dell’umiliazione” – tra la Prima guerra dell’Oppio (1842) e la fondazione della RPC (1949), dopo le invasioni occidentali, del Giappone, della Russia. Il “risorgimento della nazione” si basa sul cosiddetto “Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era”, arrivando così al pari intellettuale di Mao Zedong, scalando Deng Xiaoping e la sua “teoria”, Zemin e il “pensiero delle tre rappresentanze”, Hu Jintao con la “visione di sviluppo scientifico”.

Entro il 2049, nelle intenzioni di Xi, la Cina sarà un paese «socialista, prospero, forte, democratico, culturalmente avanzato e armonioso». La BRI – che aiuta a smaltire la sovracapacità industriale dei colossi imprenditoriali cinesi – e la sua estensione globale dimostra come Xi abbia un approccio “olistico” in tutte le questioni scottanti. Pechino rivendica il dominio sull’ottanta per cento del Mar Cinese Meridionale e impara dagli errori degli altri paesi. Tempo fa, ricorda Giorgio Cuscito, la Cina voleva imparare dai successi dell’America: ora ne studia gli errori. Proprio poco dopo la sua nomina nel 2013, Xi disse: «Dobbiamo condurre meticolosamente e in maniera appropriata la propaganda esterna, con metodi innovativi e lavorare duro per creare nuovi concetti, nuove categorie e nuove espressioni he integrino il cinese e lo straniero». La CCTV ha ora dimensione globale, l’Istituto Confucio è ovunque, gli studenti cinesi sono i primi per nazionalità negli Stati Uniti.

Pechino ha accresciuto le attività politiche e diplomatiche per incrementare partner stranieri, ma anche aiuti allo sviluppo, sostegno al peacekeeping, partecipazione ai fora multilaterali. Con la BRI si è intensificata la costruzione di infrastrutture non solo in Cina, ma anche all’estero, con ponti, fibra ottica, ferrovie. Insomma: una globalizzazione cinese. Cuscito parla anche degli attori regionali con cui la Cina si misura. L’Afghanistan rischia di dare del filo da torcere alla Cina. I rapporti con l’India sono peggiorati – la BRI interferisce con l’influenza di Nuova Delhi in Sri Lanka, Maldive, Bhutan, Nepal. Pessimi i rapporti con l’Australia. Nove paesi del Pacifico meridionale (Papua Nuova Guinea, Figi, Isole Salomone, Micronesia, Vanuatu, Niue, Samoa, Kiribati, Tonga) hanno declinato la sottoscrizione di un patto con Pechino nell’ambito dei rapporti securitari ed economici. In merito all’Africa, essa è ricca di petrolio, diamanti, rame, litio, cobalto – a cui Pechino è molto interessata.

Nel 2022 è stata aperta in Tanzania la Scuola del PCC che forma i politici africani. Molti piccoli paesi hanno paura di cadere nella “trappola del debito” – come nel caso di Gibuti, Zambia e Sri Lanka. In Pakistan proseguono gli attentati jihadisti contro i lavoratori cinesi. La guerra in Ucraina ha visto danneggiare il già scricchiolante soft power cinese in Occidente per via dell’“amicizia senza limiti” con la Russia – tale accordo è basato su collaborazione energetica, militare e tecnologica. La BRI non esisterebbe senza la cooperazione della Russia. La guerra è andata diversamente da quello che il Cremlino auspicava. D’altra parte, come scrive Giorgio Cuscito, Xi non vuole che l’immagine della Cina sia automaticamente associata alla Russia. «La Cina non riconosce la Russia come un vero e proprio alleato. Piuttosto come un partner minoritario, utile sul piano strategico». L’Europa resta un quadrante cruciale per le ambizioni imperiali cinesi.

Un mercato ricco, che sta prendendo contromisure per contrastare l’influenza cinese. Berlino critica Pechino sulla questione degli Uiguri. Parigi considera il rapporto con Pechino secondario rispetto alla strategia egemonica in Europa. Questione Taiwan. Scrive Cuscito: «Lo sbarco anfibio è una delle operazioni militari più complicate, soprattutto per una potenza storicamente terrestre come la Cina […]. Lo Stretto di Taiwan è largo solo 150 km ma per raggiungere indenne la costa occidentale dell’isola dovrebbe innanzitutto accecare i satelliti taiwanesi – e americani – e condurre contemporaneamente operazioni aeree, navali e missilistiche. Infine, […] dovrebbe fare i conti molto probabilmente con una popolazione ostile e con le tattiche di guerra asimmetrica taiwanesi». Nonostante Taiwan e Hong Kong, la China intende proiettare un’immagine all’estero di libertà al suo interno. Ma in realtà ha usato lo stato emergenziale durante il Covid-19 per reprimere ogni dissenso sociale, accrescendo le misure di controllo sulle grandi imprese ed internet.

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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