Peschereccio che esce dal porto (Immagine generata da DALL-E)
Dopo la decisione di qualche giorno fa della Banca centrale europea (BCE) di mantenere i tassi di interesse di riferimento inalterati, questa settimana è stato il turno della Federal Reserve (FED) e della Banca d’Inghilterra (BoE). Anche loro hanno confermato che per il momento non prevedono delle riduzioni. Così i tassi europei rimangono tra il 4-4.75%, quelli americani tra il 5.25-5.5% e quelli inglesi al 5.25%.
Se è vero che le decisioni delle più importanti banche centrali vanno nella stessa direzione, non possiamo dire la stessa cosa per quanto riguarda l’andamento dell’economia reale. Sicuramente ad accomunare le economie più sviluppate c’è il rallentamento dell’inflazione, che dimostrerebbe la validità delle scelte fatte in ambito di politica monetaria restrittiva.
Sono altri i dati che tendono a mostrare che queste tre economie stanno vivendo momenti differenti. Per quanto riguarda gli Stati Uniti i dati della crescita del prodotto interno lordo (PIL) confermano che il 2023 è stato un anno ancora estremamente positivo, segnando un aumento del 3.1%. A questo dato si aggiunge quello favorevole di un mercato del lavoro in crescita, come pure dei suoi salari e di una fiducia dei consumatori e delle imprese che sembra migliorare. Lo stesso purtroppo non può essere detto nel caso dell’Unione europea e dell’eurozona. Il PIL negli ultimi tre mesi dell’anno è risultato stabile, mentre il dato annuale indica una crescita di solo lo 0.1%. Se è vero che il tasso di disoccupazione è rimasto pressoché stabile, non sono arrivate ottime notizie sul fronte della creazione di nuovi impieghi e neppure su quello della fiducia per i prossimi mesi. A preoccupare ancora di più è la situazione della Germania, per decenni la locomotiva d’Europa e che ora arranca. Anche se, a dire il vero, l’economia tedesca non si è più ripresa dalla pandemia; a quelle difficoltà si sono poi aggiunte quelle legate alla guerra in Ucraina e in particolare alle sanzioni contro la Russia che hanno impedito alla Germania di importare il gas, tra le principali fonti energetiche del Paese. Ma non solo i fattori esterni hanno giocato un ruolo negativo. Anche le difficoltà politiche di una maggioranza di governo poco incisiva hanno portato il Paese a non saper sfruttare il vantaggio competitivo che aveva nella diffusione di fonti energetiche rinnovabili e a creare importanti conflitti nella società. E gli scioperi legati all’agricoltura di questi giorni ne sono solo l’ultima manifestazione.
Anche se questi non hanno ancora varcato la Manica, le cose non sembrano andare molto bene nemmeno in Gran Bretagna. Gli ultimi dati pubblicati confermano una situazione economica in stallo, con previsioni per il futuro non troppo rosee.
Concludendo si può dire che, anche se la tempesta sembra passata, se possibile è meglio attendere per uscire in mare.
Amalia Mirante
Non è ancor tempo di andar per mare
Peschereccio che esce dal porto (Immagine generata da DALL-E)
Dopo la decisione di qualche giorno fa della Banca centrale europea (BCE) di mantenere i tassi di interesse di riferimento inalterati, questa settimana è stato il turno della Federal Reserve (FED) e della Banca d’Inghilterra (BoE). Anche loro hanno confermato che per il momento non prevedono delle riduzioni. Così i tassi europei rimangono tra il 4-4.75%, quelli americani tra il 5.25-5.5% e quelli inglesi al 5.25%.
Se è vero che le decisioni delle più importanti banche centrali vanno nella stessa direzione, non possiamo dire la stessa cosa per quanto riguarda l’andamento dell’economia reale. Sicuramente ad accomunare le economie più sviluppate c’è il rallentamento dell’inflazione, che dimostrerebbe la validità delle scelte fatte in ambito di politica monetaria restrittiva.
Sono altri i dati che tendono a mostrare che queste tre economie stanno vivendo momenti differenti. Per quanto riguarda gli Stati Uniti i dati della crescita del prodotto interno lordo (PIL) confermano che il 2023 è stato un anno ancora estremamente positivo, segnando un aumento del 3.1%. A questo dato si aggiunge quello favorevole di un mercato del lavoro in crescita, come pure dei suoi salari e di una fiducia dei consumatori e delle imprese che sembra migliorare. Lo stesso purtroppo non può essere detto nel caso dell’Unione europea e dell’eurozona. Il PIL negli ultimi tre mesi dell’anno è risultato stabile, mentre il dato annuale indica una crescita di solo lo 0.1%. Se è vero che il tasso di disoccupazione è rimasto pressoché stabile, non sono arrivate ottime notizie sul fronte della creazione di nuovi impieghi e neppure su quello della fiducia per i prossimi mesi. A preoccupare ancora di più è la situazione della Germania, per decenni la locomotiva d’Europa e che ora arranca. Anche se, a dire il vero, l’economia tedesca non si è più ripresa dalla pandemia; a quelle difficoltà si sono poi aggiunte quelle legate alla guerra in Ucraina e in particolare alle sanzioni contro la Russia che hanno impedito alla Germania di importare il gas, tra le principali fonti energetiche del Paese. Ma non solo i fattori esterni hanno giocato un ruolo negativo. Anche le difficoltà politiche di una maggioranza di governo poco incisiva hanno portato il Paese a non saper sfruttare il vantaggio competitivo che aveva nella diffusione di fonti energetiche rinnovabili e a creare importanti conflitti nella società. E gli scioperi legati all’agricoltura di questi giorni ne sono solo l’ultima manifestazione.
Anche se questi non hanno ancora varcato la Manica, le cose non sembrano andare molto bene nemmeno in Gran Bretagna. Gli ultimi dati pubblicati confermano una situazione economica in stallo, con previsioni per il futuro non troppo rosee.
Concludendo si può dire che, anche se la tempesta sembra passata, se possibile è meglio attendere per uscire in mare.
Amalia Mirante