Commento

Nicola Porro sulle recenti ipocrisie della sinistra italiana

Giustizia, immigrazione, corruzione a sinistra: se ne occupa Nicola Porro che in Gli altarini della sinistra (Piemme 2023) mette a nudo come il giustificazionismo etico, la pulsione autoassolutoria e la supponenza siano diventati lo stile di molti progressisti in Italia. Non mancano le battute graffianti, in linguaggio canzonatorio e polemico, nello stile del giornalista tv. La liturgia della sinistra, afferma Porro – che non si cura di fare grossi distinguo – è costantemente impegnata ad assolvere se stessa. «Non c’è nulla di più detestabile di questo tic della sinistra, e cioè di voler insegnare agli altri il senso dei propri errori». Non mancano, a principio del libro, i riferimenti all’ideologia liberale, cara a Nicola Porro. «Il liberale, al contrario, ha o dovrebbe avere sempre in mente la forza del proprio errore, perché sa che chi agisce può sbagliare e che dal prenderne atto può iniziare un cambiamento».

Il liberale «pensa che affidare il cambiamento del proprio stile di vita e del proprio modello sociale, un hayekiano ordine spontaneo, a una pattuglia di burocrati, potrebbe rappresentare un grande rischio per le nostre libertà». Ecco il catalogo, più o meno stereotipato, delle ipocrisie. Il denaro considerato sterco del diavolo. I diritti dei più deboli devono essere supportati se e senza ma. Se qualcuno del partito viene scoperto con le mani nel sacco è un “compagno che sbaglia”. Il lockdown ha permesso alla natura di riprendersi le città. Lo slow food è meglio del cibo delle multinazionali. La censura è negativa, ma tutte le opinioni dissenzienti sono tacciate di negazionismo. Un tempo si amava la Russia e disprezzava l’America; oggi è il contrario. Si firmano petizioni e ci si impegna civilmente. La sinistra è seria e diligente. Apprezza le facoltà umanistiche. È laica.

Porro passa a descrivere una serie di episodi in cui la sinistra ha demonizzato i suoi avversari politici. Identifica l’arresto di Enzo Tortora come il punto di partenza della tendenza giustizialista. Da questo episodio si sono verificate le prove generali per la micidiale macchina da guerra accusatoria, poi affinata e utilizzata durante tre battaglie politiche cruciali della sinistra, sostiene l’autore. Mani Pulite, la trattativa Stato-mafia, i processi contro Silvio Berlusconi. Nessuno più di Camilla Cederna ha simboleggiato questa deriva nel secolo scorso. Giornalista glamour dei salotti, orchestrò una campagna diffamatoria contro il presidente Giovanni Leone, costringendolo a dimettersi a seguito del cosiddetto scandalo Lockheed. Cederna fu inoltre promotrice delle ottocento firme di condanna contro il commissario Luigi Calabresi, definito il “torturatore” e responsabile della morte di Giuseppe Pinelli.

Poi contro Tortora. «Mi pare che ci siano gli elementi per trovarlo colpevole: non si va ad ammanettare uno nel cuore della notte se non ci sono delle buone ragioni. Il personaggio non mi è mai piaciuto […]. Non dico che tutti quelli che hanno un successo di questo genere finiranno così, ma lui lo sta pagando in questo modo». In tutti e tre i casi Cederna aveva torto. Si passa poi al caso di Luigi Riserbato, del PM Marco Mescolini, di Bibbiano, di Massimo D’Alema per le intermediazioni delle vendite di armi alla Colombia, del Qatargate, di Aboubakar Soumahoro. Quest’ultimo, caso molto significativo, cozzava contro l’idea del Deputato «accolto come il messia, il paladino dei diritti degli ultimi, dei deboli, degli invisibili. Era una scommessa vincente, un evergreen, un asso nella manica». Spuntarono presto irregolarità connesse alla famiglia, lavoratori in nero, stipendi in ritardo. Silenzio a sinistra.

L’ultimo capitolo è dedicato all’ossessione climatica della sinistra. Secondo Nicola Porro, dietro al “green” c’è «un vasto tentativo di modificare gli usi, i costumi, le economie e finanche le vite di cittadini che vengono sempre più spesso trattati alla stregua di sudditi». Porro lo riallaccia alla questione liberale. «Invece di demonizzare le multinazionali, che fanno il loro legittimo interesse, dovremmo ragionare anche noi come una multinazionale […]. Difendere i nostri interessi in realtà sarebbe più semplice del previsto: occorrerebbe difendere la libertà di scelta del consumatore senza stabilire a monte cosa sia meglio per lui. La difesa del consumatore è stata una grande battaglia del liberalismo, ma anche del consumerismo liberal, cioè di sinistra, americano. Oggi sembra che si siano ribaltati i ruoli».

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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