Commento

Considerazioni di Susan Sontag sull’invecchiamento

I testi di Susan Sontag pubblicati tra il 1972 e il 1975 e raccolti in Sulle donne (Einaudi 2024) sono di un’attualità spiazzante. Illustrano, anzitutto, diversi tabù nel e del mondo femminile, tra cui la vecchiaia e la bellezza. Ma anche il sessismo e la vergogna. L’autrice compie un’analisi accurata delle percezioni femminili e della donna nella società del suo tempo. Come ricorda Benedetta Tobagi nella prefazione, gli scritti riflettono le tensioni e le contraddizioni del tempo del movimento femminista e di Susan Sontag stessa. Occorre dire che non ci sono grandi venature ideologiche come nei testi, ad esempio, di Simone de Beauvoir. Susan Sontag non risparmia critiche alla New Left, seppure all’interno dell’universo dialettico del femminismo. Il primo test della donna, argomenta, è la vecchiaia. Il naturale decorrere degli anni e il deperimento fisico vengono presentati da Sontag come qualcosa di diverso tra uomini e donne.

Tra uomini e donne, quando si tratta di invecchiamento, si parla di due pesi e due misure. Dopo l’infanzia, scrive Sontag, l’anno di nascita della donna diventa una proprietà privata. È anche il sintomo di un disagio provato con il passare dell’età dalle donne che non ci tengono a rivelare la loro età per paura di pregiudizi. «Sono le donne a vivere l’invecchiamento […] con particolare disgusto, se non addirittura con vergogna». La tesi di fondo (valida) è che «la società è molto più permissiva rispetto all’invecchiamento degli uomini, così come è più tollerante rispetto alle infedeltà sessuali dei mariti». Oggi, come allora, essere maschio viene identificato con l’essere competenti, autonomi e autocontrollati. Di converso l’essere femmine è identificato con passività e mancanza di uno spirito competitivo. Il che è una follia. «È raro che le donne siano ansiose rispetto all’età perché non sono riuscite ad affermarsi».

Un uomo, pur brutto, resta desiderabile anche da vecchio. Di converso, per molte donne l’invecchiamento è un processo umiliante. Susan Sontag non fa polemiche e non accusa nessuno. Si limita a fotografare l’ampio sentimento percepito da molte donne del suo tempo. Ancora: un uomo che diventa una celebrità e accumula denaro incrementa la sua attrazione sessuale. Il contrario si applica alla donna. Mai, nell’uomo, l’invecchiamento riduce la desiderabilità sessuale. Inoltre, «una donna che non si è mai sposata viene compatita». Difatti, «la sua presunta mancanza di opportunità sessuali crea imbarazzo. Un uomo che resta scapolo è giudicato in modo molto meno crudele. Si presume che, a qualsiasi età, abbia ancora una vita sessuale». Secondo l’autrice, «essere donne vuol dire essere attrici. La femminilità è una sorta di teatro, fatto di costumi, scenografie, luci e gesti stilizzati […]. Le donne si guardano allo specchio più spesso degli uomini».

Il viso è rivelatore dell’età in questo senso. «Dopo la tarda adolescenza le donne diventano le custodi del proprio volto e del proprio corpo, perseguendo una strategia essenzialmente difensiva, un’operazione di contenimento». Di converso, «agli uomini è “permesso” sembrare più vecchi senza subire alcuna penalizzazione sessuale». «La sorte di una donna dipende, molto più di quella di un uomo, dal suo aspetto, che deve essere perlomeno accettabile. Gli uomini non sono soggetti a tale pressione». L’invecchiamento degrada la sessualità e crea anche dei danni psicologici specialmente sulle donne, afferma Sontag. E la loro desiderabilità regredisce. Aumentano però i pregiudizi. «Le trasformazioni del concetto di bellezza si susseguono a un ritmo così incalzante che è lecito prevedere che nessun volto o corporatura ideale resterà tale nel corso della vita di un individuo».

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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