Economia

IA generativa: dopo l’euforia, i timori di una bolla

Le spese nel settore dell’intelligenza artificiale generativa, in particolare per le capacità di calcolo, superano di gran lunga i suoi ricavi, avvertono alcuni analisti. Il quotidiano Le Monde ha recentemente esaminato i termini della questione.

È “la domanda da 600 miliardi di dollari”, scrive David Cahn, un associato di Sequoia Partners, un fondo di investimento storico della Silicon Valley specializzato in tecnologia. Secondo i suoi calcoli, esposti in un lungo articolo pubblicato il 20 giugno, questo è l’ammontare dei ricavi necessari per rendere redditizi gli investimenti attuali nel settore. “La bolla dell’IA [intelligenza artificiale] sta raggiungendo un punto di svolta”, avverte, sottolineando un disallineamento tra le spese e le entrate previste.

Una constatazione evocata anche in una nota della banca d’affari Goldman Sachs, pubblicata il 25 giugno e intitolata: “IA generativa: troppe spese per troppi pochi profitti?” L’IA “generativa” – quella famiglia di software capaci di creare testi, immagini o suoni, popolarizzata dal lancio di ChatGPT, alla fine del 2022 – è una “vera invenzione”, ma è oggetto di “troppo ottimismo e clamore”, dichiara in particolare Daron Acemoglu, professore al Massachusetts Institute of Technology .

Queste note che invitano alla prudenza si uniscono a una piccola melodia sentita negli ultimi mesi da altri osservatori. “Attenzione all’euforia dell’IA”, ha messo in guardia l’editorialista del Financial Times Rana Foroohar, mentre il saggista esperto di digitale Cory Doctorow o il cronista del Guardian John Naughton prevedevano una “bolla”. Più recentemente, un articolo pubblicato su The Economist ha stimato che l’IA generativa potrebbe essere un caso di “sovrainvestimento nelle infrastrutture, alimentato dall’eccitazione suscitata da una nuova tecnologia”, paragonandola alla “follia delle ferrovie” alla fine del XIX secolo o al “boom delle telecomunicazioni” alla nascita di Internet, negli anni 2000. Le spese legate all’IA generativa sono segni che i giganti del settore potrebbero sovrastimare la “volontà delle persone di pagare per chatbot o strumenti all’avanguardia”, scriveva il magazine economico britannico.

Investimenti colossali

Punto di partenza di questi timori sono i montanti investiti nelle infrastrutture, principalmente nei centri di calcolo capaci di fornire la capacità computazionale necessaria per addestrare, e poi far funzionare, i modelli di IA generativa: 200 miliardi di dollari (186 miliardi di euro) nel 2024, per i quattro giganti Amazon, Microsoft, Google e Meta (Facebook, Instagram), ossia il 45% in più rispetto al 2023 e il 180% rispetto al 2019, secondo il cabinet di analisti Bernstein Research. Alimentate dal prezzo elevato dei processori specifici per l’IA del leader Nvidia, queste spese continueranno, poiché nuove generazioni di questi chip specializzati arriveranno, nota Sequoia Capital. Il settore prevede investimenti di circa 1.000 miliardi di dollari nei prossimi anni.

“Quale problema da 1.000 miliardi di dollari risolverà l’IA?”, chiede Jim Covello, responsabile della Global Equity Research presso Goldman Sachs. Secondo lui, l’IA generativa serve per ora soprattutto a “rendere più efficienti processi esistenti – come la scrittura di codice informatico –” spesso con un sovraccosto e anche con un tasso di “errori”, ma “nessuna applicazione realmente trasformativa e redditizia è stata trovata”.

Di fronte a questi investimenti colossali, i ricavi rimangono relativamente bassi. OpenAI – il creatore di ChatGPT, in cui Microsoft ha investito 13 miliardi di dollari – avrebbe un ritmo di 3,4 miliardi di fatturato annuo, secondo The Information. Anthropic – in cui Amazon e Google hanno investito 6 miliardi di dollari – ambirebbe a raggiungere 850 milioni nel 2024, secondo lo stesso media. Perplexity AI genererebbe circa 20 milioni di dollari all’anno, secondo il media americano TechCrunch. Anche aggiungendo importi stimati intorno ai 10 miliardi di dollari di fatturato per gigante come Google, Microsoft o Amazon, rimane un “buco” sostanziale, avverte Cahn, di Sequoia.

“I successi arriveranno abbastanza velocemente da giustificare gli investimenti di oggi? È una questione strategica di rischio” e una “scommessa”, riconosceva recentemente, su Les Echos, Yann LeCun. Il capo dell’IA presso Meta sottolineava al contempo i limiti attuali dei modelli di trattamento del linguaggio e il loro modello economico incerto, tanto più che esistono alternative open source con licenze gratuite. Inoltre, le ricerche che permetterebbero alle future IA di iniziare a “pianificare o ragionare” richiederanno almeno cinque anni, notava. Infine, sottolinea la nota di Goldman Sachs, gli importanti bisogni di elettricità legati al calcolo informatico per l’IA comporteranno investimenti supplementari nelle reti elettriche.

Giganti redditizi e diversificati

Naturalmente, non tutti dipingono un quadro così cupo. C’è una “possibilità molto reale che l’equazione del costo dell’IA cambi”, stima lo specialista del mercato del software presso Goldman Sachs, Kash Rangan, credendo a una diminuzione dei prezzi e all’emergere di nuovi casi d’uso. “La gente non pensava di avere bisogno degli smartphone, di Uber o di Airbnb prima che esistessero”, aggiunge il suo collega Eric Sheridan. E a differenza delle start-up della bolla degli inizi di Internet, gli attori dell’IA oggi sono spesso giganti redditizi e diversificati, con “reti di distribuzione e basi di utenti massicce”, nota Rangan.

“A ogni rivoluzione tecnologica ci sono eccessi: all’inizio degli anni 2000, si valutava una presa Internet ADSL a diversi migliaia di euro, non era ragionevole. Ma, alla fine, ci sono stati comunque grandi vincitori”, stima l’associato del fondo francese Daphni Pierre-Eric Leibovici, che ha investito in start-up di IA come Mistral, H o Pasqal.

“Le frenesie speculative fanno parte della tecnologia”, concede Cahn, di Sequoia, ma non bisogna credere all'”illusione” diffusa dalla Silicon Valley al resto del mondo, secondo la quale “si arricchiranno tutti rapidamente perché emergerà una superintelligenza domani”. “In realtà, la strada sarà lunga, con alti e bassi”, mette in guardia. (Fonte: Le Monde, TechCrunch, Sequoia Partners)

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