Summit della NATO a Washington, 11 luglio 2024
Come raccontano gli osservatori, «l’ombra di Trump era nell’aria al vertice» NATO l’11 luglio a Washington, quello dei festeggiamenti per i 75 anni dell’Alleanza, anche perché solo pochi giorni prima egli aveva dichiarato l’intenzione, nel caso di una sua rielezione a Presidente, di offrire a Putin i territori ucraini occupati. Quali scenari si delineano per l’Alleanza atlantica all’indomani dell’attentato di sabato scorso? Le prospettive di una certa sebbene indefinita adesione dell’Ucraina e i 40 miliardi per la difesa nel 2025, nonché un centinaio di aerei F16 – un po’ datati ma strategici per la difesa ucraina – sono sufficienti per essere pronti ad affrontare il futuro dopo il 5 novembre prossimo? Per lo stesso mese è del resto prevista anche la seconda conferenza sulla pace, dopo quella del Bürgenstock, alla quale né la Russia né la Cina erano presenti, ma che ha manifestato la contrarietà della maggior parte delle nazioni presenti alla guerra di Putin.
In questa situazione è chiaro che il viaggio di Orban a Mosca e Pechino all’inizio del semestre di presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione europea ha causato danni sensibili alla politica estera europea, anche perché Orban auspica un’UE che si metta in linea con la politica di un eventuale futuro presidente Trump. E tutto ciò mentre la Cina assume atteggiamenti sempre più di confronto con la NATO, che viene avvertita di non «portare l’instabilità anche nel Pacifico», dal momento che Australia e Giappone si avvicinano all’Alleanza per proteggersi contro il nuovo blocco russo-cinese. La crescente importanza geopolitica di tale conglomerato antidemocratico è evidenziata anche dall’atteggiamento positivo nei suoi confronti manifestato da molti Stati BRICS – che sul Bürgenstock si sono astenuti. D’altro canto molti Stati europei non sono disposti né a rivedere seriamente – almeno per il momento – la propria posizione nei confronti della Cina, né ad aumentare le proprie spese militari. Si sta quindi delineando, di fronte ad un blocco russo-cinese compatto, una situazione di alleanza fragile in Occidente, che dopo l’entusiasmo della globalizzazione e della liberalizzazione degli anni ’90 vive una sorta di trauma. L’indebolimento della NATO e dell’UE, infatti, e non solo l’annessione dell’Ucraina – e dopo di essa anche di altri Stati caucasici o della Moldavia – è il vero fine di Putin.
Far comprendere questo aspetto ai propri cittadini sarebbe il principale compito dei politici occidentali – e ciò in un periodo di crisi dei valori di libertà e democrazia. La NATO non possiede un “piano B” nell’eventualità di una vittoria russa e tutti all’avvicinarsi delle elezioni USA temono, parafrasando Goethe, la domanda cruciale: «Dimmi, come sei messo con i valori della democrazia?»
Markus Krienke
La NATO e le incognite al suo orizzonte
Summit della NATO a Washington, 11 luglio 2024
Come raccontano gli osservatori, «l’ombra di Trump era nell’aria al vertice» NATO l’11 luglio a Washington, quello dei festeggiamenti per i 75 anni dell’Alleanza, anche perché solo pochi giorni prima egli aveva dichiarato l’intenzione, nel caso di una sua rielezione a Presidente, di offrire a Putin i territori ucraini occupati. Quali scenari si delineano per l’Alleanza atlantica all’indomani dell’attentato di sabato scorso? Le prospettive di una certa sebbene indefinita adesione dell’Ucraina e i 40 miliardi per la difesa nel 2025, nonché un centinaio di aerei F16 – un po’ datati ma strategici per la difesa ucraina – sono sufficienti per essere pronti ad affrontare il futuro dopo il 5 novembre prossimo? Per lo stesso mese è del resto prevista anche la seconda conferenza sulla pace, dopo quella del Bürgenstock, alla quale né la Russia né la Cina erano presenti, ma che ha manifestato la contrarietà della maggior parte delle nazioni presenti alla guerra di Putin.
In questa situazione è chiaro che il viaggio di Orban a Mosca e Pechino all’inizio del semestre di presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione europea ha causato danni sensibili alla politica estera europea, anche perché Orban auspica un’UE che si metta in linea con la politica di un eventuale futuro presidente Trump. E tutto ciò mentre la Cina assume atteggiamenti sempre più di confronto con la NATO, che viene avvertita di non «portare l’instabilità anche nel Pacifico», dal momento che Australia e Giappone si avvicinano all’Alleanza per proteggersi contro il nuovo blocco russo-cinese. La crescente importanza geopolitica di tale conglomerato antidemocratico è evidenziata anche dall’atteggiamento positivo nei suoi confronti manifestato da molti Stati BRICS – che sul Bürgenstock si sono astenuti. D’altro canto molti Stati europei non sono disposti né a rivedere seriamente – almeno per il momento – la propria posizione nei confronti della Cina, né ad aumentare le proprie spese militari. Si sta quindi delineando, di fronte ad un blocco russo-cinese compatto, una situazione di alleanza fragile in Occidente, che dopo l’entusiasmo della globalizzazione e della liberalizzazione degli anni ’90 vive una sorta di trauma. L’indebolimento della NATO e dell’UE, infatti, e non solo l’annessione dell’Ucraina – e dopo di essa anche di altri Stati caucasici o della Moldavia – è il vero fine di Putin.
Far comprendere questo aspetto ai propri cittadini sarebbe il principale compito dei politici occidentali – e ciò in un periodo di crisi dei valori di libertà e democrazia. La NATO non possiede un “piano B” nell’eventualità di una vittoria russa e tutti all’avvicinarsi delle elezioni USA temono, parafrasando Goethe, la domanda cruciale: «Dimmi, come sei messo con i valori della democrazia?»
Markus Krienke