Commento

Tormenti amorosi e malattia nelle lettere di Francis Scott Fitzgerald

La parte inventata della vita (Feltrinelli 2024) offre uno sguardo intimo e profondo nel tumultuoso rapporto tra Francis Scott Fitzgerald e Zelda Sayre attraverso una selezione delle loro lettere. La raccolta copre gli ultimi dieci anni del loro matrimonio, dal primo ricovero di Zelda nel 1930 fino alla morte di Fitzgerald a Hollywood nel 1940. E va oltre l’immagine glamour che ha caratterizzato l’eccessiva mole di letteratura attorno alla coppia, rivelando invece due anime creative alle prese con le sfide più dure della vita artistica. La corrispondenza include anche lettere scambiate con parenti, amici, medici e l’editor di Fitzgerald. E dipinge un quadro vivido di un matrimonio in crisi che lentamente si trasforma in materia romanzesca. Come scrive Fitzgerald stesso, «una volta eravamo una sola persona, e sarà sempre un po’ così». Il che sottolinea il legame indissolubile che li univa non solo nella vita, ma anche nella scrittura.

Il libro è una sorta di montaggio di lettere che frammenta il discorso amoroso, ritaglia episodi, scorrendo sotterraneo all’intrecciarsi delle trame romanzesche. Il legame tra Fitzgerald e Sayre – durato ventidue anni – attraversò gli alti e bassi del successo letterario e dell’alcolismo di lui e della malattia mentale di lei. Sposatisi il 3 aprile 1920 alla St. Patrick a New York, quando lui aveva quasi ventiquattro anni e lei non ancora venti, la coppia visse dieci anni di sodalizio fino al crollo nervoso di Zelda il 23 aprile 1930 a Parigi. La diagnosi di schizofrenia segnò l’inizio della separazione fisica, con Zelda ricoverata in cliniche svizzere e americane. Le lettere rivelano la lotta di entrambi con queste circostanze, toccando temi come l’alcolismo e sfera sessuale. Scrive Zelda nel 1930: «Ogni giorno mi sembra che le cose siano più aride e sterili e disperate».

Nonostante le difficoltà, il legame persiste, come dimostra una lettera di Zelda del 1934. «Mi sento sola e disorientata. Ti amo, cuore mio. Per favore cerca di amarmi un po’ malgrado questi anni frustranti di malattia – e ti compenserò in qualche modo per il tuo amore e la tua fedeltà». Il volume offre uno spaccato delle vite intrecciate dei due artisti, mostrando come la loro relazione influenzasse profondamente la loro arte. Fitzgerald, uno degli scrittori più pagati della sua generazione, si impegnò costantemente a fornire a Zelda le migliori cure. La corrispondenza include lettere a vari destinatari, tra cui Maxwell Perkins, Harold Ober, Oscar Farell e Cecilia Taylor. Emergono anche le lamentele di Fitzgerald sui costi degli psichiatri. In una lettera a Ober, scrive: «Zelda è stata in un caos infernale e continua a essere ricoverata in casa di cura».

Zelda era per lui musa, tormento, rovina e ispirazione. Perkins scrive a Fitzgerald nell’ottobre 1931: «Penso che non si possa dubitare del fatto che Zelda ha talento da vendere, e che sia del tipo più vibrante, quasi poetico». Zelda, dal canto suo, scrive da Montgomery nel novembre 1931: «Sono passati quattro giorni e così ora ne abbiamo solo trentotto prima che tu sia di nuovo a casa. Siamo come un mucchio di personaggi secondari seduti a tavola che aspettano l’entrata del protagonista». Nel 1937, dopo aver resistito alle lusinghe di Hollywood, Fitzgerald accettò un’offerta economicamente irresistibile della Paramount e si trasferì a Los Angeles come sceneggiatore. Questo cambiamento segnò una nuova fase nella sua vita e nel suo rapporto con Zelda. Dal 1936, quando la figlia Frances Scott Fitzgerald (“Scottie”) iniziò a frequentare una boarding school, la corrispondenza di Fitzgerald include numerose lettere alla bambina.

Al suo arrivo a Hollywood, Fitzgerald intrecciò una relazione con la giornalista Sheilah Graham, che si era “fatta da sé”, come Jay Gatsby. Ma il nuovo legame non cancellò il profondo legame con Zelda. Come osserva Sara Antonelli nella postfazione, la vita di Sayre non sarebbe interessante senza Fitzgerald. Ma è altrettanto vero che lui non avrebbe scritto quei libri senza di lei. Fitzgerald condanna Sayre per l’immobilismo, per non essere mai diventata adulta, per non aver mai preso in mano la propria vita. E per non aver fatto tesoro della sua energia e del suo ribellismo, le qualità che tanto lo avevano affascinato quando l’aveva incontrata. Il volume si conclude con una toccante lettera di Fitzgerald a Zelda (6 ottobre 1939): «La tua vita è stata una delusione, come anche la mia. Ma non abbiamo fatto tutta questa fatica per nulla».

Amedeo Gasparini

www.amedeogasparini.com

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