Commento

Susan Sontag rimane la “Dark Lady” della cultura americana

Sono passati vent’anni dalla scomparsa di Susan Sontag, figura intellettuale che ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama culturale americano e internazionale. Scrittrice, saggista, critica e attivista, Sontag è stata una voce che ha saputo plasmare il pensiero di un’intera generazione. Eric Homberger (The Guardian, 29 dicembre 2024) l’ha definita «la ‘Dark Lady’ della vita culturale americana per oltre quattro decenni». E ha osservato che «nonostante la sua sensibilità politica, ricca e aspra, era fondamentalmente un’esteta [che] ha offerto un riorientamento degli orizzonti culturali americani». Nata nel 1933 a New York da una famiglia di origini ebraiche lituane e polacche, Susan Sontag ha vissuto un’infanzia difficile, segnata dalla morte prematura del padre e dal rapporto complicato con la madre. Il che l’ha spinta a cercare rifugio nei libri, alimentando una passione per la letteratura – «sono diventata chi sono perché ho letto».

Tale dedizione ha gettato le basi per una carriera intellettuale straordinaria che avrebbe sfidato e ridefinito i confini tra alta cultura e cultura popolare. Il percorso accademico di Sontag, iniziato all’Università di Chicago e proseguito ad Harvard, l’ha portata a confrontarsi con alcuni dei più grandi pensatori del suo tempo. Tra i mentori figurano Leo Strauss, Jacob Taubes e Paul Tillich, che hanno contribuito a formare la sua visione critica e il suo approccio interdisciplinare alla cultura. È durante questo periodo che Susan Sontag inizia a sviluppare la sua voce distintiva, una miscela unica di erudizione, acume critico e sensibilità artistica. Il suo matrimonio con il sociologo Philip Rieff – a diciassette anni – e la nascita del figlio David Rieff non hanno frenato la sua sete di conoscenza. Ma hanno contribuito a forgiare la sua determinazione e indipendenza di pensiero – «il vero compito dell’intellettuale è pensare contro corrente».

Si dice spesso che Sontag sia la scrittrice americana più europea. La lettura dei diari personali (che tenne sin dall’adolescenza) aiuta a comprendere il perché. La signora si è formata sulla migliore letteratura europea: Jane Austen, Stendhal, Oscar Wilde, James Joyce, Knut Hamsun, Hermann Hesse, Thomas Mann, Franz Kafka, Marcel Proust, André Gide, Albert Camus, Jean-Paul Sartre, Alberto Moravia, Carlo Emilio Gadda, Elias Canetti. Ma anche sui sociologi Max Scheler, Theodor Adorno, Walter Benjamin e Gershom Scholem. Dunque i poeti Arthur Rimbaud, Charles Baudelaire, Guillaume Apollinaire, Rainer Maria Rilke. I drammaturghi Bertolt Brecht, Eugène Ionesco, Samuel Beckett e Françoise Sagan. Ed infine, i filosofi Immanuel Kant, Søren Kierkegaard, Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Friedrich Nietzsche, Ludwig Wittgenstein, Martin Buber, José Ortega y Gasset, Hannah Arendt, Emil Cioran e Georges Bataille. Con la pubblicazione di Notes on ‘Camp’ nel 1964 Susan Sontag si afferma come voce autorevole nel dibattito culturale americano.

Il saggio, che esplora il concetto di “camp” come sensibilità estetica, ha aperto nuove prospettive nell’interpretazione della cultura popolare e dell’arte, sfidando le convenzioni e i confini tra alto e basso. Il “camp” «è essenzialmente un modo di guardare alle cose. Non è un’idea quanto piuttosto una sensibilità». La capacità di Sontag di individuare e articolare tendenze culturali emergenti l’ha resa una figura di riferimento per una generazione di artisti, critici e intellettuali. Sontag ha continuato a produrre opere che hanno sfidato il pensiero convenzionale. Against Interpretation (1966, dove argomenta contro l’eccesso di interpretazione nell’arte) e On Photography (1977, dove esplora il ruolo sempre più pervasivo delle immagini nella società moderna) sono solo alcuni dei testi che hanno consolidato la sua reputazione come una delle critiche più influenti della sua generazione. La produzione di Susan Sontag non si è limitata alla saggistica. È stata anche romanziera, regista e drammaturga.

I romanzi come The Volcano Lover e In America hanno riscosso un notevole successo di pubblico e critica. Come ha affermato in un’intervista, «scrivere romanzi mi permette di esplorare idee e sentimenti in un modo che la saggistica non consente». Tuttavia, la sua opera di fiction è spesso trascurata rispetto ai saggi. L’impegno politico e sociale di Sontag è stato un altro aspetto fondamentale della sua carriera. Durante la guerra del Vietnam ha partecipato al movimento di protesta nel 1968. Nel saggio Trip to Hanoi, ha offerto una prospettiva controversa sulla società nordvietnamita, sfidando le narrative dominanti sulla guerra. Negli anni Novanta, a Sarajevo ha diretto una produzione di Aspettando Godot di Beckett durante l’assedio. Un gesto di solidarietà culturale in un contesto di guerra che ha attirato l’attenzione internazionale sulla tragedia bosniaca – «l’arte non è solo una forma di testimonianza, ma anche di resistenza».

Presidente del PEN American Center, ha difeso la libertà di espressione, in particolare nel caso di Salman Rushdie, minacciato dalla fatwa dell’ayatollah Ruhollah Khomeini. Sontag è stata anche una figura di riferimento per il movimento femminista, sebbene il suo rapporto con il femminismo sia stato controverso. La sua vita personale, inclusa la relazione con la fotografa Annie Leibovitz, ha fatto di lei un’icona per molte donne e membri della comunità LGBTQ+ (scoprì di essere bisessuale da adolescente). Rifiutando le etichette, scrisse: «Non scrivo come donna, scrivo come scrittore», trascendendo da genere e identità. Per tutto questo, l’intellettuale Sontag, a vent’anni dalla scomparsa, si può affermare che la sua eredità continua a influenzare il pensiero contemporaneo. La sua capacità di mettere in discussione le convenzioni e di esplorare le intersezioni culturali rimane un punto di riferimento per critici odierni.

Come ha osservato Steve Wasserman: «Sontag è stata una delle intellettuali più influenti d’America, riconosciuta a livello internazionale per l’appassionato impegno e l’ampiezza della sua intelligenza critica e per il suo fervente attivismo in difesa dei diritti umani». La sua analisi della “società dello spettacolo” è più rilevante che mai in un’epoca in cui la realtà è sempre più filtrata attraverso schermi. Sontag aveva previsto molte delle sfide etiche e filosofiche che oggi affrontiamo nell’era dell’informazione globale. La critica alla “società della sorveglianza” e alla perdita di privacy anticipava molte preoccupazioni attuali. L’approccio interdisciplinare alla cultura, che abbracciava letteratura, filosofia, politica e arti visive, offre un modello per affrontare la complessità del mondo contemporaneo. In un’epoca di crescente polarizzazione e semplificazione, la capacità di Susan Sontag di pensare in modo critico, di mettere in discussione le ortodossie e di impegnarsi con idee complesse rimane un esempio prezioso.

Amedeo Gasparini

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