L’articolo era stato pubblicato il 23 dicembre 1917 sulla Neue Freie Presse di Vienna: Stefan Zweig, già all’epoca noto romanziere, raccontava e descriveva il disastro della Prima Guerra Mondiale attraverso l’“isola di pace” della Croce Rossa, nel cuore della sua cara Europa. Beda Romano ha curato con una prefazione l’edizione di questo articolo, divenuto un pamphlet ribattezzato Il cuore dell’Europa (Ibis 2024). Fuori, da un capo all’altro del mondo innumerevoli conflitti rafforzavano le convinzioni e l’odio dell’uomo contro l’altro uomo. “Das Hertz Europas” è un monito per tutti, allorquando il continente europeo è ancora, come oltre un secolo fa, spaccato una politicizzazione estrema. Zweig l’aveva visto bene soprattutto con l’approcciarsi della Seconda Guerra Mondiale. A metà della quale decise di togliersi la vita come massimo atto di resistenza. Una testimonianza vivida della incarnazione dell’ideale europeo.
Il protagonista del volumetto è la Croce Rossa, così come i sentimenti di solidarietà e amore al tempo in cui essa era l’unica organizzazione non governativa capace di curare i feriti, rimpatriare i soldati e proteggere donne e bambini. Forse la più pura incarnazione del pacifista cosmopolita, elogiata da uno dei massimi e più degni eredi Immanuel Kant. Interessante notare come la biografia di Zweig prima della Seconda Guerra Mondiale si intrecci con la storia dell’Europa e le complessità l’impero, quello asburgico, mosaico di tradizioni e culture, religioni ed etnie. Mentre in Polonia in Romania gli ebrei venivano prelevati dai ghetti e subivano i pogrom, a Vienna erano la punta di diamante della borghesia influente rispettata. Qui la metà dei medici e degli avvocati – e oltre i due terzi dei giornalisti – erano di origine ebraica.
Lo scrittore considerava l’antisemitismo un dettaglio minore nell’impero di Franz Joseph. Non aveva ambizioni di carriera e decise di vivere di rendita grazie al patrimonio familiare. Amava ascoltare la musica visitare i musei, assistere alle conferenze e leggere. Doktor in filosofia, ha girato l’Europa, gli Stati Uniti, fino a Panama, all’Asia e all’America Latina. Il mondo intero era la sua patria. Sempre sulla Neue scriveva articoli di tono nazionalista prima della Grande Guerra era innamorato della cultura germanofona, ma non combatté al fronte per via della sua costituzione fisica. Fu quindi assegnato agli archivi della guerra e si mise anche a scrivere per il giornale dell’esercito, Das Donauland. Poi ancora viaggi a Zurigo riproduci a Ginevra dove visitò la sede della Croce Rossa. Per allora aveva abbandonato le sue vesti patriottiche vista la fine della Grande Guerra, quando l’impero di Vienna era in frammentato.
Amedeo Gasparini
L’articolo era stato pubblicato il 23 dicembre 1917 sulla Neue Freie Presse di Vienna: Stefan Zweig, già all’epoca noto romanziere, raccontava e descriveva il disastro della Prima Guerra Mondiale attraverso l’“isola di pace” della Croce Rossa, nel cuore della sua cara Europa. Beda Romano ha curato con una prefazione l’edizione di questo articolo, divenuto un pamphlet ribattezzato Il cuore dell’Europa (Ibis 2024). Fuori, da un capo all’altro del mondo innumerevoli conflitti rafforzavano le convinzioni e l’odio dell’uomo contro l’altro uomo. “Das Hertz Europas” è un monito per tutti, allorquando il continente europeo è ancora, come oltre un secolo fa, spaccato una politicizzazione estrema. Zweig l’aveva visto bene soprattutto con l’approcciarsi della Seconda Guerra Mondiale. A metà della quale decise di togliersi la vita come massimo atto di resistenza. Una testimonianza vivida della incarnazione dell’ideale europeo.
Il protagonista del volumetto è la Croce Rossa, così come i sentimenti di solidarietà e amore al tempo in cui essa era l’unica organizzazione non governativa capace di curare i feriti, rimpatriare i soldati e proteggere donne e bambini. Forse la più pura incarnazione del pacifista cosmopolita, elogiata da uno dei massimi e più degni eredi Immanuel Kant. Interessante notare come la biografia di Zweig prima della Seconda Guerra Mondiale si intrecci con la storia dell’Europa e le complessità l’impero, quello asburgico, mosaico di tradizioni e culture, religioni ed etnie. Mentre in Polonia in Romania gli ebrei venivano prelevati dai ghetti e subivano i pogrom, a Vienna erano la punta di diamante della borghesia influente rispettata. Qui la metà dei medici e degli avvocati – e oltre i due terzi dei giornalisti – erano di origine ebraica.
Lo scrittore considerava l’antisemitismo un dettaglio minore nell’impero di Franz Joseph. Non aveva ambizioni di carriera e decise di vivere di rendita grazie al patrimonio familiare. Amava ascoltare la musica visitare i musei, assistere alle conferenze e leggere. Doktor in filosofia, ha girato l’Europa, gli Stati Uniti, fino a Panama, all’Asia e all’America Latina. Il mondo intero era la sua patria. Sempre sulla Neue scriveva articoli di tono nazionalista prima della Grande Guerra era innamorato della cultura germanofona, ma non combatté al fronte per via della sua costituzione fisica. Fu quindi assegnato agli archivi della guerra e si mise anche a scrivere per il giornale dell’esercito, Das Donauland. Poi ancora viaggi a Zurigo riproduci a Ginevra dove visitò la sede della Croce Rossa. Per allora aveva abbandonato le sue vesti patriottiche vista la fine della Grande Guerra, quando l’impero di Vienna era in frammentato.
Amedeo Gasparini