Quale cultura alla trasmissione Neo?

La conduttrice di Neo, Sandy Altermatt. (Foto: RSI)
Bisognerebbe intenderci sul termine cultura e sul significato di fare cultura in televisione ma si sa che l’intento difficilmente troverebbe convergenze, perché non ci sono formule preconfezionate che decretano, in maniera univoca e unidirezionale, sia il termine sia la sua applicazione. Guardando la trasmissione Neo mi sono ricordata del sollevamento di critiche a Turné e a Turné Soirée che, alla loro apparizione, hanno visto schierati alcuni intellettuali, con la loro visione del fare cultura in televisione. Nella fattispecie, quando c’è stato il cambiamento mi sono chiesta: perché cambiare un cavallo che vince? È assodato che la filosofia aziendale è il risultato di scelte, e di equilibri tra i vari dipartimenti, così come le variabili della cultura e del loro valore intrinseco sono innumerevoli. Siccome la RSI ha un potenziale di professionisti competenti, e preparati e quindi può produrre trasmissioni di livello dispiace non vedere impegnate figure professionali capaci di ideare dei programmi culturalmente validi.
Perché la cultura ha una dimensione che non è misurabile quantitativamente, ma è però soggetta al criterio di qualità.
Non a caso la cultura è stata paragonata a un corpo vivente, un’estensione del sistema nervoso, fatto di centri nevralgici. Quindi il compito delle reti televisive, nel fare cultura, è proprio legato alla capacità di creare, di fornire nutrimento conoscitivo al tessuto sociale, trasmettendo originalità, che sono requisiti fondamentali del fare cultura in televisione.
Nella neonata trasmissione Neo ci sono spunti di riflessione carini, come è di bella presenza la conduttrice che familiarizza un po’ troppo con l’ospite, elargendo l’abbraccio che sa di complicità piuttosto che incalzare con domande anche scomode. Perciò non mi convince perché non sollecita in me sufficiente interesse così da ritenerla, a tutti gli effetti, una trasmissione culturale perché se da un lato il ricorso a documenti d’archivio, che trattano un determinato tema, sono materiale molto interessante, dall’altro è l’apporto intellettuale e il livello culturale del giornalista, formatosi nell’ambito specifico, che incidono sul prodotto finale perché sono elementi che portano valore aggiunto alla pagina culturale che si vuole trattare. In Neo sembrerebbe che siano stati utilizzati materiali già confezionati perché per costruire una trasmissione ci vogliono conoscenze, erudizione, massa critica, lungimiranza, capacità intellettuali e una solida formazione culturale. Forse visto il momento di ristrettezze economiche l’azienda ha dovuto utilizzare la scure dei costi, facendo perciò pressione sulle scelte redazionali e di produzione?
Avendo recensito, in più occasioni, Turné e Turné Soirée, apprezzandone i contenuti e il format, ricordo che l’équipe non aveva uno studio, tutto veniva confezionato in location perché era il senso di un programma itinerante, anche per non gravare sui costi.
A prima vista sembrerebbe invece che Neo sia complessivamente più costosa, e con più mezzi a disposizione.
La linea grafica di Neo è attrattiva e vivace ma è uno stile fine a se stesso perché non è corredata da contenuti qualitativi. Perché va bene l’idea di lanciare un evento culturale ma non ha nulla a che vedere con la recensione, con l’approfondimento, con la stesura di una critica letteraria piuttosto che con una valutazione artistica di una mostra. Sin dalla votazione “No Billag” ho sempre sostenuto e creduto nel ruolo della RSI perché ha dimostrato di avere il potere di stimolare la mente, arricchendo lo spettatore, e contrastando gli effetti sociali dell’omologazione, generati dalla televisione. Lo storico e intellettuale ticinese Pietro Montorfani, in un suo recente post su un social, parlando di cultura alla RSI, dice di crederci ma non troppo, riferendosi alla decisione di saltare la sesta puntata per sostituirla con una trasmissione speciale sul carnevale. Fatto che Montorfani non ritiene essere un segnale di fiducia. Perciò la forza e il potere contrattuale della RSI risiedono proprio nel mantenere alto il suo livello, cosa che sa fare perché tra le sue molte peculiarità ha la capacità di proporsi intelligentemente, in maniera unica e distintiva, quando parla e vuole parlare di cultura.
Nicoletta Barazzoni
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