L’indomita Claudia Lombardi per raccogliere denaro a beneficio della sua Fondazione che promuove la crescita artistica di giovani compagnie teatrali professioniste e, nel contempo, per creare un evento piacevole e di qualità, ieri, sabato, ha organizzato una manifestazione pluridisciplinare, con arte, letteratura, musica, teatro, nella cornice del Museo Vela di Ligornetto.
L’incontro si è aperto con una visita guidata condotta dalla stessa conservatrice, Gianna Mina (membro del Consiglio della Fondazione Claudia Lombardi) che si è soffermata sulla figura di Vincenzo Vela, meno celebrato di altri artisti in Svizzera, poiché essendosi occupato di opere pubbliche non ha mercato, al contrario di Giacometti o Hodler, ha osservato Mina. Ricordiamo che nelle sale si possono vedere i gessi, cioè gli originali delle sue sculture. Un tutto che torna a vivere e riattualizzarsi attraverso il laboratorio, il coinvolgimento di scuole e comunque un ricco calendario: il prossimo appuntamento è per il 30 settembre, ore 11, con Il Danzatore (1921) e il Danzatore (1990), cioè l’opera, la scultura, e un artista in carne e ossa, il ginevrino Alex Landa Aguirreche.
La seconda parte si è aperta con la conversazione di Gilberto Isella e Anna Felder a preludio della rappresentazione dell’atto unico L’accordatore (v. anche il Magazine in abbonamento uscito ieri dell’Osservatore). Un testo scenico di un’autrice il cui sguardo, come aveva individuato Italo Calvino, già nelle opere narrative è teatrale, nel modo di raccontare gli oggetti e il loro ruolo simbolico. Protagonista, al di là del dialogo dei due personaggi, è qui un pianoforte che rimanda ad episodi precisi della vita della Felder, alla sua infanzia, alla voce della quotidianità di quel tempo. Infatti, la madre era insegnante di pianoforte e ogni giorno, tutti i giorni tranne il weekend, nella casa risuonava la musica, a volte sbagliata, a volte ripetitiva… C’è un continuo gioco di parole tra accordo, accordare, ricordare, scordare… Scordato, nella sua doppia valenza e il pianoforte assume connotati umani con la sua coda, il nero e bianco di un uomo elegante, i tasti-dentatura, le corde… le corde del cuore. E l’altro episodio affascinante, chissà se letto in una cronaca o solo immaginato di aver letto (come sottolinea, con quella civetteria da scrittrice, Anna Felder, è un pianoforte dimenticato nel bosco e che un tempo faceva da sottofondo per balli stagionali e poi restato lì, coperto da rami, foglie, neve, ghiaccio, diventato natura, fino alla sua imprevedibile riscoperta… Una ibernazione, ha chiosato Isella, che non è altro che l’immortalità della bellezza, dell’arte, della musica, della parola. Perché il tema dominante è il tempo, ovviamente, che ritroviamo anche nei continui scarti verbali del testo, tra passato, presente e futuro…
Un pianoforte, era proprio lì, fisicamente, suonato da Marta Lunati, componente di una giovane realtà musicale che, fondata da Fausto Corbo, ha debuttato proprio quest’anno, il Trio Lumi dell’International Chamber Philharmonic Orchestra of Switzerland (gli altri componenti: al violino Livia Roccasalva e al violoncello Ulisse Roccasalva). I cameristi hanno interpretato brani di Clara Schumann e della contemporanea (presente in sala) Barbara Rettagliati. Due accostamenti ben sintonizzati nelle loro contrastanti ombreggiature.
In mezzo, la breve (25 minuti) rappresentazione, la prima in lingua italiana, de L’accordatore (Edizioni Ulivo di Balerna, 2008, con ristampa speciale di una cinquantina di copie proprio in questa occasione), a cura del Teatro d’Emergenza di Luca Spadaro. Nonostante la situazione scenica, in un museo tra statue ingombranti (ma Claudia Lombardi voleva proprio uno sfondo alternativo ad un teatro tradizionale), i due interpreti, Massimiliano Zampetti e Tatiana Winteler, sono riusciti a restituire la giusta atmosfera ad un testo non facile per i continui detti e non detti allusivi, la stratificazione surreale, fatta anche di pause, silenzi da riempire con il movimento e la gestualità che, nella restituzione vocale e visiva, sono richiesti. C’è il duetto, nutrito di ammiccamenti e sottintesi, tra l’accordatore e la donna proprietaria del pianoforte nella cui casa lui opera. In mezzo, come un alter ego, un “totem” del tempo e della vita, il pianoforte. Nella dinamica tra la loquacità di lui, indiscretamente interrogante nei confronti di Olga e protettiva nei confronti dello strumento, di cui si sente il difensore, come propria creatura, come un padre, e lo straniamento spaesante di lei, un po’ assente, un po’ agitata padrona di casa, un po’ in fuga, da un passato misterioso e verso chissà che futuro. In mezzo, immobile ma carico di presenze, di fantasmi, di memoria, risonanza di vita e anche di morte, sempre, il pianoforte. Insomma, i tre, hanno ben reso l’idea dell’enigma esistenziale alla base del testo. Soddisfatto il pubblico, soddisfatta Claudia Lombardi per questo riuscito pomeriggio culturale.
Manuela Camponovo