È scomparso all’età di 97 anni Peter Brook, una delle più grandi figure della scena teatrale internazionale del Novecento. A darne notizia è il quotidiano francese «Le Monde».
Peter Brook nasce a Londra il 21 marzo del 1925, e fin da giovane il teatro entra far parte della sua vita tanto da farlo diventare uno dei maggiori interpreti di Shakespeare, tanto da diventare, prima, direttore del London’s Royal Opera House e, nel 1962, della Royal Shakespeare Company, dove affianca ai classici una serie di opere moderne e lavori sperimentali ispirate in particolare al ‘teatro della crudelta” di Artaud, come un celeberrimo Marat-Sade di Peter Weiss e Us, lavoro che faceva riferimento alla violenza della guerra in Vietnam.
Tra i suoi lavori più importanti c’è sicuramente, oltre Marat-Sade di Peter Weiss a metà anni ’60, anche Orghast, il colossale Mahābhārata – spettacolo importante della durata di 9 ore per Avignone del 1985, poi divenuto anche film e recentemente graphic novel. Nel 1989 è stato insignito del Premio Europa per il Teatro. La sua carriera lo vede anche nel ruolo di regista, firma la sua prima regia all’età di 18 anni. Tra i lavori diretti da lui ricordiamo The Tragedy of Hamlet.
«La corda tesa è l’immagine che meglio rappresenta la mia idea di teatro – dichiarava, aggiungendo – non voglio insegnare nulla, non sono un maestro, non ho teorie».
Per lui l’importante è sempre stata l’impressione, far scattare la fantasia, che più è libera, più è essenziale e forte il punto di partenza. Brook si è sempre impegnato per riuscire a far scomparire in scena ogni artificio, per far si’ che il diaframma tra la vita e l’arte venisse superato, praticamente annullando il concetto di finzione davanti alla rivelazione di una verità esistenziale profonda. Così con lui il teatro diventava esperienza intima collettiva di vita, perchè “quando un gruppo di persone è riunito per un evento molto intenso, che deve esprimere tutto ciò che in poesia un grande autore può dare, lo spirito diventa tangibile come è tangibile che quest’impressione non si può avere in solitudine e il suo senso per tutti è che la vita può essere vissuta”.